Messina, 20 milioni in sette anni

E’ questa la somma che il Comune di Messina tenta d’incassare attraverso l’aggiornamento degli estimi catastali degli immobili risedenti nell’area Comunale di Messina. Dopo aver pagato la vecchia ICI e la nuova Imu, i Messinesi saranno chiamati a nuovi e più onerosi esborsi rispetto a quanto corrisposto a titolo di proprietà immobiliare. Infatti, la previsione di stima di “nuova” entrata” è stata inserita nel piano di riequilibrio decennale che il Comune è chiamato ad approntare per ripianare i debiti.

 

Passata sotto silenzio, l’avvio della revisione del classamento dei beni immobili cittadini e delle loro fasce catastali è stato oggetto di un provvedimento dell’amministrazione Accorinti di fine marzo, frutto di un accordo tra Comune di Messina, la Regione Siciliana e l’Agenzia delle Entrate, che ha dato il via alle complesse procedure di revisione. In esso si prevede che a far data dal 2015/2016 e fino 2022 è prevista per le casse comunali una maggiore entrata, stimata per difetto di € 20.300.000.

 

Oggetto del provvedimento, in base al quale si è stimata un’ulteriore entrata di 20 milioni in sette anni sugli immobili cittadini, è una relazione di stima compiuta dal Dipartimento Politiche del Territorio ed approvata dalla Giunta Accorinti. Dalla semplice lettura della stessa si ricavano  sorprese “inaspettate”, in questo senso la zona che è stata presa a campione per avere una stima tra il valore di mercato degli immobili e quello dichiarato in catasto è la zona centrale (dal Viale  Boccetta sino alla via Tommaso Cannizzaro e dalla via XXIV Maggio alla Via Vittorio Emanuele passando pe la Via Valore) classificata come micro-zona n° 25.

In questa zona gli estimi catastali sono fermi agli anni 30. È chiaro che in questi anni numerosi sono stati gli interventi di costruzione e riqualificazione dell’area, pertanto, il quadro censuario della zona si presenta oggi come un’aria di elevata qualità immobiliare, mentre non risulta per converso, che a tale riqualificazione sia corrisposta un adeguato aggiornamento degli indici catastali che come è noto dipendono in massima parte della autocertificazioni dei proprietari.   

 

Il campione di riferimento oggetto della relazione e della stima comprende 565 Unità Immobiliari che per il fatto stesso di essere nella zona centrale della città dovrebbero essere considerate di pregio. In realtà, solo una piccola parte di essa è classificata A1 (abitazioni un tempo nobiliare con particolare rifiniture anche di carattere storico) poche altre sono classificate A2 (abitazione civile) e ben 117 sono classificate come case popolari o economiche.

Ma il dato più sconcertante è che soltanto nove unità immobiliari sono classificate A10 (uffici o studi privati) in un’area che per la presenza del Tribunale, degli Uffici Amministrativi e quant’altro sappiamo essere la più nutrita di uffici professionali d’avvocati, notai e commercialisti.  A livello d’area cittadina, continua la redazione, vi sono 56.000 abitazioni civili, 45.000 abitazioni popolari, 12.000 abitazioni economiche, 3300 abitazioni fatiscenti e 4000 abitazioni a servizio di attività agricole. D tutto questo derivano anomalie che evidenziano un distacco tra il valore di mercato degli immobili e il loro valore catastale, per una percentuale media di oltre il 20% degli immobili urbani cittadini (pari 38.000 U.I). Pertanto, si può ipotizzare per difetto, conclude la relazione, un aumento delle rendite catastali aggiornate pari al 15% del loro valore che darebbero luogo a circa € 500.000 annue

Se a questo aggiungiamo che l’accertamento avrebbe un valore retroattivo per i cinque anni precedenti; che aggiunte le abitazioni civili si prevede un’ulteriore 17% in più; che per quelle di nuova costruzione la percentuale raggiunge il 31% in più rispetto a quelle fatiscenti per le quali la percentuale si attesta sul 20% in più ed infine aggiungiamo i negozi con una percentuale del  18% in più, avremo un totale annuo di 2.900.700 euro che in 7 anni (dal 2016/2022) darebbe luogo ad un gettito impositivo maggiorato di 20.300.000,00 euro.

 

La revisione che prevede una maggiore entrata di 20 milioni è una stima, ci tiene a sottolineare l’amministrazione Accorinti, media indicativa ed ancora non costituisce un accertamento di somme in entrata. L’atto dell’amministrazione nasce da un imput dell’Agenzia delle Entrate che, con una nota di febbraio, faceva notare come a Messina sussistessero 1271 unità collabenti inseriti nella categoria catastale fittizia F2 ( abitazioni o ruderi che per il loro stato d’abbandono o degrado non producono nessun reddito) e ipotizzava che alcune di esse potessero essere state in questi anni restaurate o ristrutturate senza però essersi provveduto alla relativa catastazione.  Conseguentemente si sollecitava il Comune a segnalare possibili fenomeni di elusione o evasione delle tasse in campo immobiliare. Tenuto conto che i comuni, compreso quello di Messina, fanno affidamento proprio sulle entrate derivanti dalle tasse sugli immobili dei suoi cittadini, si subito presa la palla al balzo per “procedere alla suddivisione” del territorio cittadino in micro zone censuarie: dividendo Messina in 29 micro zone. Invero, vi era già stato un provvedimento simile, una delibera del 96 con la quale si era affidato all’ex capo di Gabinetto Ruggeri, il compito di provvedere alla predisposizione degli atti necessari alla individuazione delle nuove micro zone a fini catastali.

 

Pietro Giunta