A Firenze per condividere la bellezza

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“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.” Peppino Impastato

La mattina di sabato 16 marzo inizia alle 8, doccia e colazione e telefonate, sms di chi avvisa che è arrivato o sta arrivando. La giornata è piena di sole, in strada si vedono arrivare i gruppi di ragazzi con bandiere coloratissime, gli autobus lasciano giù i loro carichi di Bellezza e vanno ai parcheggi, e sono tantissimi.

Penso subito a Genova l’anno scorso, e sento che saremo di più e saremo ancora più belli.

Camminando fra i vari gruppi che, pian piano, stanno diventando un unico gruppo, ne ho subito conferma. Ci sono tutti, e sono di più.

Fortezza da Basso è carica, pronta a sparare per le vie di Firenze nomi e parole su cartelli colorati, su fiori preparati da cuori ancora puri, che puri vorrebbero restare. Ci sono gli striscioni di Libera di ogni città ed ogni regione, bandiere e simboli di associazioni, non c’è spazio vuoto per passare.

In testa ci sono loro, i Familiari delle Vittime, che vanno scritti con la Maiuscola perché Maiuscolo è il Prezzo che hanno pagato, il Prezzo che pagano alla cassa di uno Stato che vorrei scrivere minuscolo, ma non posso farlo, perché deluderei Falcone e Borsellino.

Il Corteo si forma e parte. Lo seguo per un po’, fino a metà percorso, poi decido di precederlo all’arrivo, allo Stadio, per non perdere nulla e per incontrare tutti, il più possibile.

Mentre mi sposto dal corteo penso che ho propria voglia di vederlo da fuori, voglio riempire gli occhi della Bellezza che troppo spesso mi manca. Questa è un’occasione straordinaria, dove puoi vedere ciò che normalmente è frammentato, suddiviso in regioni, città, quartieri, vie e singole case. Lo puoi vedere quasi tutto insieme, e percepire meglio anche quello che non è qui oggi ma esiste, agisce, cambia le cose. Nel percorso verso lo stadio incontro ancora autobus appena arrivati, gruppi di ragazzi che temono di essere in ritardo. Prendo vie laterali per arrivare prima del corteo e ad ogni angolo spunta una solitaria bandiera di Libera, una coppia di bandiere tricolori, un trio di palloncini colorati con su scritto “no alla mafia”. Ci guardiamo e ci sorridiamo così, senza parlare. Siamo diretti tutti nello stesso posto, seguiamo solo strade diverse. Arrivata nei pressi dello stadio incontro un signore, facciamo insieme l’ultimo tratto di strada. Abita un po’ fuori Firenze, ha preso il motorino ed è venuto a vedere. Dice solo “che bello, e che bella giornata di sole”. Guarda Bella, che ha una bandana con su scritto “Libera” e sorride, non ne ride, ne sorride intenerito.

Quando arrivo lo spazio davanti al palco è ancora quasi vuoto, il corteo non è arrivato, ho tempo di girare fra i banchetti allestiti, di guardare tutto quello che c’è. Dietro il palco, dietro il maxischermo più grande, sullo sfondo, colline e nuvole bianche, tipo quelle dei dipinti dove si vorrebbe riprodurre la primavera. E qui mi perdo, fra le persone che arrivano sempre più velocemente e sempre più numerose, perdo il senso del tempo. Mi fermo ad ogni incontro nuovo, stringo una mano, sorrido, ascolto, mi nutro. Mi trovo di fronte un fiore, grande, colorato, fatto di carta, con i nomi di Vittime scritti sui petali, con al centro la foto del dolcissimo volto di Graziella Campagna. Ho spesso timore di disturbare fotografando, chiedo al ragazzo che porta il fiore se posso, e lui mi fa un sorriso così bello, che ripaga da solo dei chilometri a piedi di oggi e di ieri. E’ di Bologna, parliamo un po’, a fianco c’è una signora che a un certo punto dice “è stata uccisa dalla mafia quella ragazza?”. E il ragazzo le spiega che si, e che non è l’unica, e lo fa con una naturalezza che è, ancora una volta, Bellezza. Continuo a girare fra le persone ed una voce, più alta del normale vociare, mi fa voltare. E’ un signore anziano, con capelli proprio bianchi e il tricolore intorno al collo. Gridando con dolcezza sta dicendo alle persone che si fermano “qui, a pochi metri da voi ragazzi, sono stati uccisi 67 giovani come voi, tanti anni fa. Qui, proprio qui. Trucidati, e non erano neanche partigiani, eran solo antifascisti. Se oggi voi potete essere qui è perché sono morti tanti, voi non sapete cosa vuol dire non avere la libertà, non cambiate, non cambiate mai. Forza!” E non è forse Bellezza la Memoria, il ricostruire la storia, quella vera?

Nel frattempo lo spazio davanti al palco si è riempito, la testa del corteo è arrivata, pian piano arriveranno tutti. E’ lunghissimo il corteo, pare siamo 150 mila. Iniziano gli interventi dal palco, in un susseguirsi di emozioni forti. La vedova del Giudice Caponnetto è lì, la signora Betta. Gli interventi dal palco saranno tradotti in linguaggio L.I.S.(lingua italiana dei segni per i non udenti) da una volontaria. Dagli altoparlanti si parla di tutte le stragi. Penso subito al libro del Dr Imposimato “La Repubblica delle stragi impunite”. Le stragi italiane così ben spiegate e documentate.   Le stragi che attendono ancora Verità, quelle che hanno tenuto a bada il cambiamento, l’evoluzione, la civilizzazione del popolo italiano.

Stragi politiche, razziste, convenienti, dove le mafie hanno inzuppato il proprio pane.

Arrivano le voci dal palco, appassionate, incisive, decise. “State con noi, insieme possiamo costruire percorsi. Abbiamo sentito il vostro abbraccio”,  e ancora “Basta ai tagli su diritti, dignità e futuro del Paese. Subito le leggi in Parlamento, contro la corruzione, sullo scambio politico mafioso. Se noi amministratori non saremo all’altezza, tirateci per la giacca, costringeteci a fare il nostro dovere”. Sul lato destro campeggia la grande scritta “Riparte il Futuro”, la campagna promossa da Libera con il Gruppo Abele, Avviso Pubblico, Addiopizzo e tante associazioni, per dare un segnale forte, chiedere impegni concreti ai politici, contro la corruzione. Già, la corruzione, la porta d’ingresso per mafie ed ogni forma di sopruso ed illegalità, il contrario di Bellezza, ciò che rende irrespirabile l’aria della mia Terra, impedendo il futuro.

“La vostra lotta è anche la nostra. Noi abbiamo vinto perché eravamo uniti. Hasta la victoria siempre. Vi auguro forza e speranza.”  È Adolfo Pèrez Esquivel, premio Nobel per la pace 1980, a parlare con passione.

Siamo a Firenze, colpita duramente vent’anni fa in via dei Georgofili, morti lasciati a terra da mafie e poteri scellerati, come merce di scambio,  per ottenere sconti dallo Stato. Giovanna Maggiani Chelli è qui, ci ricorda che non è finita, che non ci si può arrendere alle false verità, che è necessario non mollare la presa, che il 27 maggio a Palermo, l’associazione dei familiari delle vittime di questa strage eversiva, si costituirà parte civile nel processo sulla “trattativa Stato-mafia”.

La sua ultima frase è un necessario  pugno nello stomaco: “Tutti si dimenticano. Almeno fino alla prossima manifestazione, quando la stessa frase verrà ripetuta ancora, e ancora, e ancora.
Noi abbiamo perso i nostri figli, i nostri figli o sono morti o li piangiamo come persone a cui è stata rovinata per sempre la vita. Ma qui nessuno è fesso. Siamo stanchi di carriere politiche costruite sulla pelle dei nostri morti e dei nostri invalidi. Ognuno cerchi di accaparrarsi o conservarsi, grande o piccolo che sia lo scranno, per le proprie capacità e solo per esse.
Non per lacrime di coccodrillo versate a fatica per i morti di via dei Georgofili. Vi lascio con una domanda: dove eravate in questi 20 anni, dove eravate?”. Non si può far altro che piangere, con la presunzione di lavare via colpe che, alla fine, sono di tutti.

E’ questo che penso quando la voce di Luigi Ciotti dice “Non uccidiamoli una seconda volta” . Don Luigi ha ragione, perché non si uccide solo sparando. Si uccide ogni volta che si accetta il compromesso, ogni volta che si fa silenzio perchè è più conveniente, ogni volta che si mente pur conoscendo la verità. Ogni volta che si dimentica, per non rinunciare ai nostri piccoli e meschini “privilegi”. La conoscenza di quel politico, che mi può far avere qualcosina, nella mia piccola e insignificante città di provincia, e allora faccio finta di niente, una piccola indagine in corso sul conto di qualcuno è fisiologica, non siamo mica dei santi. L’amicizia con quel funzionario, che se mi servirà quel permesso per il mio locale non farà troppe domande, nella mia grande città del pulito Nord. La familiarità con quel medico, che se avrò bisogno di fare un esame mi farà saltare la lista d’attesa e chissà, forse non pagherò nemmeno il ticket. Chi tace per paura ha un motivo per farlo, chi tace per convenienza è mafioso. Sempre e dovunque, in politica, nell’associazionismo, sul posto di lavoro; al Nord come al Sud. Questi sono i pensieri nella mia testa quando , alle 12, inizia la lettura dei NO-VE-CEN-TO nomi delle Vittime Innocenti di tutte le mafie.

Con Loro, con questi Nomi, anche quelli che mi vergogno di non conoscere ancora, lascio che la Bellezza di oggi non vada persa, la porterò con me e prometto di non dimenticarla più. Anche perché ho incontrato Patrick, un ragazzo del Gruppo Antimafia Pio La Torre di Rimini. E subito dopo Salvo Ognibene, e Nicola Capizzi, e la “Rete” di Dieci e Venticinque e dei Siciliani Giovani, di Telejato e Telejato Junior. E Pino Maniaci, giornalista-giornalista di Partinico-Palermo-Sicilia-Italia. Ma questa è un’altra storia, che merita un capitolo a parte, sono le persone che, ogni volta, dovunque ci si veda, mi fanno sentire “a casa”.

 Rossella Noviello 

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