Le case popolari di Santa Venera, noto e tranquillo quartiere di Barcellona Pozzo di Gotto, tornano sotto i riflettori. Alcune istituzioni, tra cui l’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) di Messina, che ne è legittimo proprietario, risponde picche alle richieste di alcuni inquilini che segnalano una situazione ormai ingestibile.
L’espressione “case popolari” attiva, nell’immaginario comune alimentato dai pregiudizi, l’idea – certamente scorretta – che siano abitate da persone di livello economico, scolare e intellettivo prevalentemente basso. Addirittura, è luogo comune ritenere che “le palazzine delle case popolari” (così definite anche dalle istituzioni) siano in realtà dei quartieri “a sé”, rioni qualche volta malfamati, spesso abbandonati nella confusione dell’autogestione.
In verità, nel corso degli ultimi vent’anni, la credenza popolare ha subito delle modifiche. Gli appartamenti delle vecchie “palazzine popolari” sono stati “riscossi”, cioè acquistati o da chi per tantissimi anni ha pagato un canone di locazione mensile e può chiederne l’acquisto (nel rispetto delle norme regionali) oppure da un parente diretto (un figlio o una figlia) che, abitando con il parente deceduto, dimostra il possesso degli stessi requisiti ed ha quindi diritto di restare nell’appartamento. Esempi conosciuti nella città del Longano: alcuni palazzi nella via Umberto I e nella parallela via Immacolata.
Queste “riscossioni”, a loro volta, sono state rimesse in vendita, dando vita a quel fenomeno chiamato da alcuni sociologi “gentrificazione”: in altre parole, persone più “agiate” – rispetto a quelle a reddito basso, condizione per la quale hanno ottenuto l’assegnazione di un appartamento – hanno acquistato dagli ex inquilini gli appartamenti, li hanno ristrutturati e li hanno rivenduti ad altre persone “agiate”.
Al di là di questo fenomeno, che serve solo a spiegare alcune evoluzioni, negli ultimi cinque anni l’IACP ha deciso di gestire in modo differente i ricorsi ricevuti da chi era stanco di subire la lentezza della graduatoria di assegnazione.
A tal proposito, è necessario aprire una breve parentesi. A Santa Venera vi è un perimetro geografico (definito da chi vi abita “Santa Venera nuova”) dove vi sono due tipologie di case popolari: le “vecchie”, acquistate dagli inquilini per i motivi già detti; e le “nuove case popolari”, dove vi sono famiglie che pagano ancora oggi il canone di locazione e quindi vivono in edifici che di fatto e di diritto appartengono all’IACP.
Nel secondo caso, è opportuno fare altre tre differenziazioni.
Secondo la prima, vi è una fetta di inquilini che ha ricevuto un’assegnazione regolare e regolarmente corrisponde il canone di locazione.
Nella seconda differenziazione, vi sono altri inquilini che, pur essendo entrati abusivamente, hanno avuto la possibilità di accedere alla sanatoria esistente per tutti coloro che hanno occupato un appartamento in modo irregolare entro il 2000.
Infine, nella terza differenziazione, rientrato tutti coloro che, pur pagando un canone di affitto e avendo ottenuto la residenza dal corpo dei vigili urbani di Barcellona P.G., sono entrati abusivamente dopo il 2000 e quindi non rientrano nella sanatoria. Per loro, l’evacuazione, spesso in modo coatto, è stata avviata dallo scorso anno.
Specificatamente nelle case popolari di Santa Venera, oggetto di questo articolo, vivono famiglie regolarmente assegnatarie o “sanate”. Tutte corrispondono un canone di locazione mensile al proprietario: l’Istituto Autonomo Case Popolari.
L’IACP, dunque, non è una IPAB (istituzione di pubblica assistenza e beneficenza). E’, al contrario, un istituto che gestisce l’edilizia popolare. Concretamente, delega i Comuni a redigere, dopo i dovuti controlli, una graduatoria di famiglie o di cittadini che hanno diritto all’assegnazione di una casa popolare. E, se tale assegnazione avviene, agli inquilini viene proposto un regolare contratto di locazione con relativo canone di affitto.
Tutta questa lunga e forse estenuante spiegazione per dire che l’IACP, essendo proprietario, ha l’obbligo di effettuare la straordinaria manutenzione delle case popolari che dà in affitto.
Un mese fa circa è stata inviata una PEC all’IACP, al Comune di Barcellona Pozzo di Gotto e all’ASP di Messina, per denunciare la carenza igienico-sanitaria in cui si trovano alcuni spazi comuni nel seminterrato della palazzina D delle case popolari di Santa Venera. Tali spazi sono occupati da cumuli di materiali di vario genere e natura. Ma soprattutto, nella PEC, si denuncia l’invasione di insetti blattoidei di vario tipo che avrebbero lasciato larve e depositato uova.
Tre giorni dopo la segnalazione, l’ASP ha deciso di effettuare un sopralluogo. L’esito è stata una relazione inviata al Comune e all’IACP, a firma del tecnico della prevenzione, per invitare le due istituzioni a “predisporre un idoneo intervento atto all’eliminazione dell’inconveniente igienico-sanitario riscontrato”. E tale sollecitazione è volta ad evitare problemi più grandi, poiché – come si legge ancora nella nota inviata dall’ASP – “il suo perdurare può essere di nocumento per la salute pubblica”.
Come avranno risposto il Comune e l’IACP alla sollecitazione dell’ASP?
Da parte del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto totale silenzio.
L’IACP, invece, questa mattina – quindi a distanza di un mese – ha fatto un sopralluogo trovando la situazione che si può evincere dalle foto che mettiamo a corredo di questo articolo. Per i due impiegati venuti in visita fino a Barcellona, la situazione è imputabile esclusivamente alla cattiva gestione degli inquilini che hanno lasciato, accatastando, materiale di ogni tipo, come fosse un deposito.
Nessun accenno dall’IACP al fatto che gli stessi inquilini (anche se non tutti) hanno provato a liberare gli spazi dal materiale, ad usare prodotti per debellare gli insetti blattoidei. Nessun accenno al fatto che questi rimedi “casalinghi” servono a ben poco, considerato che le blatte anche alate hanno depositato le uova, e che per tale ragione serve un intervento “industriale” che di certo un semplice cittadino non riesce a fare. Nessun accenno al fatto che la ditta che qualche anno fa ha effettuato, malamente, i lavori di ristrutturazione abbia lasciato materiale di vario tipo. Anzi, quest’ultima evenienza dovrebbe spingere gli inquilini a dire grazie: “se si rompe una mattonella”, infatti, si può attingere a una sorta di “magazzino comune”. Nessun accenno al fatto che dai condotti della fognatura, chiusi alla meno peggio dagli inquilini, escono non solo blatte, ma anche topi.
Insomma, qui vi è un cambio di rotta: la straordinaria manutenzione ora spetta agli inquilini, in barba alla legge del 1978 che stabilisce che è dovere del locatore, nella fattispecie dell’IACP, la “manutenzione straordinaria della rete di fognatura”.
La verità, estremamente palese, è che il pregiudizio sulle case popolari, sullo stato in cui versano e in cui vivono gli inquilini, non dipende esclusivamente dal livello degli stessi inquilini, ma è soprattutto direttamente legato al menefreghismo con cui l’edilizia popolare e le persone vengono considerate dalle istituzioni.
In fondo, i più pensano: “già lo Stato ti assegna una casa, cosa vuoi di più?”. A nulla serve controbattere che per quell’appartamento la famiglia ha presentato una istanza, dimostrando di avere i requisiti di assegnazione. A nulla serve neppure dichiarare di pagare regolarmente un canone di affitto; né serve – ancora peggio! – far riferimento all’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Che, a voler essere precisi, stabilisce al comma 1: “Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.”
Agli inquilini della palazzina D delle case popolari del quartiere di Santa Venera non resta che armarsi di scoponi e dividersi in due squadre: una colpirà, sperando di ucciderle, le blatte nere; l’altra tenterà di inseguire e far perire quelle rosse alate. Che vinca il migliore, mentre i topi tiferanno per tutti guardandosi lo spettacolo.