Ammalato di generosita’ morto di solitudine

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Non ci sono più dubbi, Oskar è morto. Quello che però continua a aleggiare in maniera sommessa è la stessa domanda: “ma come è morto”? E a questo punto i saccenti si sprecano, molti parlano con dovizia di particolari di una non meglio identificata malattia, mentre il feretro ci accoglie in una chiesa incapace di accudire una persona dai sentimenti troppo grandi, pari solo alle sue esperienze di vita.

Fuori dalla chiesa gli aneddoti si sprecano, tutti hanno un momento da condividere, una storia da raccontare, tutti, tranne Fernando, avvolto nel silenzio della sua solitudine, perché è proprio la solitudine la lunga malattia che ne ha roso la vita.

Il sig. Carciotto, “vecchia gloria” del giornalismo, ormai destituito, come quasi tutti, dall’immediatezza di un cellulare, viveva le sue giornate godendo del meraviglioso borgo di Torre Faro a Messina, anni di intenso lavoro come fotoreporter l’hanno portato a essere il fotogiornalista per eccellenza. Di lui si è sempre detto che aveva un fiuto eccezionale per la notizia, riusciva a essere sul pezzo, spesso, ore prima di tutti noi.

Era apprezzato e ricercato da tutte le agenzie fotografiche, anche se lui raramente rinunciava al proprio marchio “OSKARPRESS”, unico ricordo del grande vecchio Oskar, il padre, ricordo per noi tutti tumulato in un sottoscala del viale Sammartino. Ma la sua arte non si limitava al reportage, era anche un maestro nella foto di cerimonia, là dove lo spirito “pazzo” dell’artista riusciva a vedere oltre, consegnando agli sposi un prodotto unico che restituiva loro la magia di quelle ore.

Tutto ciò potrebbe farci immaginare una persona che, con il frutto del suo instancabile lavoro, avesse una condizione economica tale da vivere in maniera  particolarmente agiata, è vero che non gli è mai mancato da vivere, ma la generosità che gli era propria non gli ha mai permesso di accantonare i giusti risparmi. Era generoso Fernando e tutti lo sapevamo e non solo materialmente ma anche professionalmente. Non si è mai risparmiato verso chi in ogni modo ha chiesto il suo aiuto, e lui ha dispensato sempre, anche verso di chi, recentemente, lo ha colpito duramente  con atteggiamenti indegni di chi si definisce “fotografo”, il fotografo, come Fernando ha dimostrato è soprattutto un UOMO.

Gli ultimi anni sono stati segnati dall’irriconoscenza dei giornali verso i quali aveva dedicato una vita, la piccola pensione che percepiva era divisa fra “amici” al bar e tentativi di recuperare qualche euro dal suo patrimonio fotografico, operazione difficile, se non impossibile, dato il suo isolamento.

La solitudine, questa è la parte della malattia che ha aggravato le sue condizioni di vita, privo da anni della sua riconoscibile R4 bianca  viveva lontano dalla città e dagli enti, lontano insomma dal suo mondo, da ciò che gli dava vitalità, ma peggio ancora noi vivevamo lontano da lui, giustificandoci per la distanza o per i “nostri” impegni di lavoro.

Quindi puo’ una illimitata generosità condurre alla solitudine e insieme alla morte? Si, anche se “NON E’ GIUSTO”, come ripeteva a loop la sua vera amica, Letizia Barbera fra le lacrime, incapace di esprimere altro. Lei giornalista da sempre non riusciva a esprimere altro che il pensiero dell’ingratitudine della vita e delle persone. Scorrendo Facebook trovo di tutto, a diversi livelli sinceri, ma sono stato particolarmente colpito da questi post scritti da due giornalisti che personalmente stimo molto:

– “ Tutti lo chiamavano Oskar, con il suo nome di professionista e artista … Non lo vedevamo da qualche anno, avendo perso i contatti per le distanze e i fatti vari della vita… non possiamo dimenticare, dietro il suo “caratterino”, tipico degli artisti e dei fuori classe…Ci uniamo al coro unanime di tristezza e dolore per la sua scomparsa prematura, esprimendo però anche rammarico e amarezza. Oskar avrebbe meritato un maggiore riconoscimento, economico e non solo, nel cinico e spietato mondo del giornalismo, al quale, purtroppo e per fortuna, apparteniamo anche noi.
Non dimenticheremo mai che il primo servizio fotografico per nostro figlio Emanuele, a sette mesi, ce lo volle fare e regalare lui.
Come pure, tra le tantissime occasioni di lavoro condiviso, ne voglio ricordare una in particolare. Molti anni fa, presso il Municipio di Messina, intervistai una famiglia disperatamente bisognosa… Io trattenni a stento le lacrime ma, a parte scrivere un ampio articolo, non feci altro. Lui immediatamente telefonò a un ristorante lì vicino e prenotò un pranzo a nome di quella famiglia, offrendoglielo naturalmente, con il suo cuore grande. 
In occasione del centenario del terremoto del 1908, mi mise a disposizione, con generosità, le foto d’archivio del suo storico studio, affinché le potessi utilizzare per il mio libro. Ciao, Oskar, anche da parte nostra, con riconoscenza. “

– “Buon viaggio Fernando e scusa, se puoi, la mia dose di indifferenza in una città invisibile”

 

A testimonianza di un uomo generoso che ha saputo dare tutto se stesso a chiunque abbia incrociato il suo cammino

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