La Batteria Masotto non è un monumento dedicato agli eroi di guerra siciliani.
Non c’entra nulla sicuramente con la Prima Guerra Mondiale e nemmeno con la Resistenza Partigiana.
Esso è un monumento che commemora una delle pagine più buie della Storia unitaria del nostro Paese. La Guerra imperialista, passata alla storia come Guerra d’Abissinia contro l’Etiopia dell’Imperatore Menelik II. Precisamente esso commemora un gruppo di soldati siciliani caduti durante la battaglia di Adua (1896), sotto il comando del Capitano Umberto Masotto.
Quella battaglia e quella guerra, segnarono la parabola discendente del Governo di Francesco Crispi, costretto a dimettersi dopo la sconfitta. Durante quella guerra noi, Italiani brava gente, occupammo un territorio non nostro e tentammo di appropriarcene, offendemmo un intero Popolo, quello etiope. I nostri eroici soldati fecero questo. Per fortuna tornando a casa con un pugno di mosche. Per carità non voglio mancare di rispetto ai morti, che in fin dei conti sono stati pur sempre vittime del potere e della Patria, quella Patria che essi furono chiamati a difendere, tolti ai loro impieghi e alle loro famiglie.
Ma è questa la Patria che vogliamo commemorare? Prima della Patria dovrebbero venire altri valori, e cioè la solidarietà e la fratellanza tra i Popoli della Terra. Qualcuno una volta parlava di internazionalismo, ma forse è un concetto troppo difficile. Ancora oggi si fanno commemorazioni dei caduti della Batteria Masotto, addirittura la Brigata Aosta e spesso anche le istituzioni messinesi la celebrano annualmente. Forse una decorosa astensione da celebrazioni recherebbe maggior rispetto a quei soldati.
A mio modesto parere, è sbagliato imbrattare un monumento quale che sia, perché nel bene e nel male rappresenta un pezzo della Storia di un Popolo. Ma questo non significa che una giusta considerazione non abbia mosso i “deturpatori” della Batteria Masotto. E ciò perché essi comprendono bene che non c’è nulla da commemorare. E non è da considerare nemmeno un attacco alla Patria in sé, quanto a quella Patria che il monumento rappresenta.
Perché quella Patria è né più né meno la stessa dei fascisti che realizzarono le leggi razziali, ci tolsero la libertà e la democrazia, mandarono in porto quella sottomissione del Corno d’Africa che a Crispi non era riuscita.
Quella Patria lì è sbagliata, se è Patria. Chi vuol capire intenda.
Ma che dire della Patria di oggi, se per Patria intendiamo il nostro Stato e soprattutto chi ci governa. Ai vari livelli, locale e nazionale, troviamo gente corrotta e accusata di un qualche misfatto. E questo è il minimo. Il massimo è quando chi governa ci istiga all’odio, alla violenza verbale, alla cattiveria gratuita. Alla xenofobia contro l’immigrato o il Rom.
Al vilipendio della donna e alla sua mortificazione nel caso del consigliere leghista che ha suggerito ad Emma Marrone di aprire le gambe invece di cantare.
All’odio politico contro l’avversario, invece che al dibattito aspro ma rispettoso.
Se è questo il concetto di Patria che abbiamo va rifiutato.
Una Patria che educa all’esaltazione dell’ignoranza come valore, di contro all’educazione e alla formazione e informazione. Una Patria in cui in nome del Popolo chiunque pensa di poter esprimere la propria idea senza avere adeguata conoscenza è stimolato a parlare a vanvera e a zittire chi ne sa di più, invece di ascoltare e consultarsi con quest’ultimo. Una Patria che non da lavoro, abbandona i suoi figli nelle periferie lasciandoli nelle mani della criminalità organizzata o li costringe a cercare la dignità fuori, in un’altra Patria. Se questa è la Patria allora si, Fanculo la Patria!
Però io spero con tutto il cuore, che esista anche un’altra Italia e un’altra Patria. Solidale con i suoi figli, vecchi e nuovi, e con le sue sorelle.
E siccome penso che esista ancora, questa è la mia Patria.
Egregio dott. Bruno, proprio adesso leggo il Suo vecchio articolo pubblicato il 26 febbraio 2019 sulla batteria Masotto. L’articolo, seppur pienamente condivisibile sotto l’aspetto della critica alla politica coloniale italiana, e’ smaccatamente falso sotto il profilo delle informazioni storiche fornite che si vorrebbero ricondurre alla batteria Masotto. La fotografia pubblicata, infatti, pur riproducente una scena esecrabile, non e’ certamente riconducibile alla da Lei superficialmente criticata batteria (essa e’ da collegarsi, invece, alla ignominosa politica coloniale fascista, oltre trent’anni dopo i fatti da Lei riferiti). E’ sufficiente notare che il soldato italiano raffigurato e’ armato di moschetto da cavalleria mod. 91/38, ancora inesistente nel 1986, anno della battaglia di Adua (dove i soldati italiani erano dotati di Vetterli – Vitali calibro 10,35). Invece Lei, in modo chiaramente diffamatorio, ha ricondotto direttamente e strumentalmente la fotografia (che rioroduce una situazione chiaramente non condivisibile) alla battaglia di Adua e, indirettamente, questo era il fine, alla batteria Masotto. Pertanto, alla luce di cio’, Le chiedo di rimuovere ovvero correggere immediatamente l’articolo eliminando la foto dal contesto dello stesso, con avviso che in difetto, mi vedro’ costretto ad informare tempestivamente del fatto le competenti autorita’ militari, quali parti offese, nel caso intendano sporgere querela per reato di diffamazione a mezzo stampa (art. 595, 3 comma, c. p.).
Saluti
Avv. Antonino Pagano
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