“Il mio paese non è mafioso. Siete stati voi giornalisti a sbagliare: dando visibilità a quanto accaduto, avete fatto il suo gioco. di maggio va ignorato, bisogna che ci si scordi di lui.” Queste le parole di Giangiacomo Palazzolo, attuale sindaco di una Cinisi che per diversi giorni è stata fulcro dell’attenzione mediatica nazionale. Tanto scalpore per nulla, dunque. I fastosi e affatto discreti festeggiamenti per il centesimo compleanno del boss non sarebbero che l’ennesima provocazione. Così davanti a giochi pirotecnici e cene sontuose il mondo del giornalismo avrebbe dovuto tacere: la considerazione dei media era tutto ciò che desiderava ottenere. L’arma migliore con cui combatterlo sarebbe stata l’indifferenza.
Eppure il silenzio non ha mai portato da nessuna parte. Indignazione e dichiarato disprezzo, solo così il paese avrebbe potuto prendere le distanze dall’acclamato padrino. È senza dubbio una via impervia da percorrere: passare sotto silenzio l’accaduto, nella speranza che i botti non abbiano fatto troppo rumore, non può essere rischioso. Non lo è di certo, per nessuno. Ma la brama di protagonismo di un criminale va combattuta sbandierando il proprio sdegno, urlando il proprio biasimo. La Sicilia chiede d’esser riscattata, resa libera da sterili cliché. Lo chiede a gran voce e noi siamo chiamati a rispondere. Ne è consapevole Pino Maniaci, direttore dell’emittente locale Telejato. Da sempre contro le mafie, Maniaci si mostra intransigente. La mafia esiste, oggi come noi mai. E va osteggiata con ogni mezzo.
Ossequi d’ogni sorta e fuochi d’artificio. Un modo per riaffermare la massiccia presenza della mafia sul territorio o un semplice saluto a un vecchio padrino, ormai dimenticato?
“Sicuramente i familiari hanno voluto rimarcare l’esistenza di un nucleo criminale nel paese. Petardi e fuochi erano stati vietati, eppure se ne sono infischiati. Hanno violato un’ordinanza sindacale e questa è senz’altro una provocazione. C’è una Sicilia che ancora insiste nel celebrare gente del genere, è innegabile. In più lo Stato non è d’aiuto: la concessione di permessi in maniera indiscriminata, senza alcuna attenzione, ai malavitosi di certo contribuisce al mantenimento di questo clima. Quest’anno ricorreva il ventesimo anniversario della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo ed il suo carnefice è stato rilasciato proprio quando si sarebbe dovuta onorare la memoria del ragazzo. È un sistema che va combattuto alla radice, per sradicare una cultura mafiosa che ahimè non siamo riusciti a lasciarci alle spalle.”
“Bengala a mai finire e nessuna volante della polizia, quasi un tacito assenso alla violazione di un ordinanza comunale. Come possiamo interpretare la mancanza di forze dell’ordine sul territorio?
“Beh, Cinisi non ha un commissariato di polizia, ha un comando dei Carabinieri. Le volanti dirette a Cinisi partono appositamente da Partinico, solo se chiamate. Non penso che la cosa fosse voluta: conosco personalmente il maresciallo dei carabinieri di Cinisi, so per certo che si tratta di un ligio lavoratore, spesso in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. Ritengo che non ci sia stato un intervento tempestivo proprio perché si trattava del 6 Gennaio, un giorno festivo, l’ultimo di una lunga serie. Molti saranno stati in ferie e con ogni probabilità mancavano le forze necessarie per agire con prontezza.”