Business e illeciti ambientali

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Presentata l’edizione 2013 del rapporto Ecomafia di Legambiente. Carlo Lucarelli a curarne la Prefazione. La Campania svetta per le infrazioni accertate, la Sicilia nella classica parallela “Mare monstrum”. La Regione Calabria la realtà in cui il fenomeno è assai radicato, nonostante siano ampiamente accertate le responsabilità.

E’ un’economia che non conosce la parola recessione quella fotografata da Ecomafia 2013, il rapporto annuale di Legambiente giunto alla sua XX edizione e presentato lo scorso 14 giugno.  “Il business della criminalità organizzata non conosce recessione e, anzi, amplia i suoi traffici con nuove rotte e nuove frontiere, con una lungimiranza e una profondità che politici, imprenditori, istituzioni e cittadini spesso non hanno o fanno finta di non avere, (le mafie) sono riuscite a fare sistema penetrando in tutti i settori della nostra esistenza in maniera globale e totalitaria” commenta Carlo Lucarelliil noto conduttore del programma televisivo “Mistero in Blu” poi “Blu Notte” della Rai, autore della Prefazione

Dal 1994 l’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente svolge attività di ricerca, analisi e denuncia del fenomeno delle Ecomafie e degli illeciti ambientali e ogni anno puntualmente presenta il rapporto  annuale realizzato grazie al contributo delle Forze dell’ordine ed edito da Edizioni Ambiente.

Storie e numeri dell’illegalità ambientale in Italia, con un giro d’affari di 16,7 miliardi di euro, 34.120 reati accertati, 28.132 persone denunciate, 8.286 sequestri effettuati. Aumentano i clan coinvolti (da 296 a 302), quadruplicano i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (da 6 a 25), salgono gli incendi boschivi, cresce l’incidenza dell’abusivismo edilizio e soprattutto la piaga della corruzione con il raddoppio delle denunce e degli arresti.

La maglia nera di questo rapporto vede la Regione Campania con 4.777 infrazioni accertate, seguita dalla Sicilia che si piazza al secondo posto – al posto della Calabria scalzata  ai piedi dell’infausto podio- con ben 4.021 infrazioni (l’11,8% del totale nazionale), 2.938 persone denunciate, 25 arresti, e ben 926 sequestri effettuati. La Liguria è la prima regione del nord a comparire  in ottava posizione. L’Isola però riprende la vetta infelice nella parallela classica “Mare monstrum”, nonostante non manchino nuove eccellenze ad aggiungersi alle tante bellezze nelle coste siciliane. Proprio nell’agrigentino, esattamente a Scala dei Turchi, nelle scorse settimane è stato abbattuto l’ecomostro dopo oltre venti anni di battaglia da parte della cittadinanza. Le ruspe hanno terminato la demolizione della struttura di cemento armato che avrebbe dovuto diventare un albergo.

“Quella delle Ecomafie – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza  – è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che continua a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Con imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, quando quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti. Un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi. Le pene per i reati ambientali, infatti, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l’abbattimento degli edifici continua ad essere una eventualità remota. Anzi, agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive”.

CEMENTO

Nel ciclo del cemento – leggiamo nel rapporto – bisogna segnalare il secondo posto della Puglia, che per numero di persone denunciate risulta essere la prima regione d’Italia; la leadership tra le regioni del Nord della Lombardia; la crescita esponenziale degli illeciti accertati in Trentino Alto Adige, quasi triplicati in un anno; il balzo in avanti della Basilicata, che con 227 illeciti arriva al decimo posto (nel 2011 era quindicesima).

RIFIUTI

Nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24%), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto posto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa filiera  illegale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un + 120% di reati accertati rispetto al 2011.

CASCAMI

Ma la criminalità ambientale, oltre a coltivare i soliti interessi, sa anche cogliere tutte le nuove opportunità offerte dall’economia: l’Ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle dogane segnala che i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami, cioè materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l’economia legale del riciclo, che invece finiscono in Corea del Sud (è il caso dei cascami di gomma), Cina e Hong Kong (cascami e avanzi di materie plastiche, destinati al riciclo o alla combustione), Indonesia e di nuovo Cina per carta e cartone, Turchia e India, per quelli di metalli, in particolare ferro e acciaio.

IL “MALATO” CALABRIA

Eclatante il caso Calabria: alla pervasiva presenza della ‘ndrangheta la Calabria i suoi cittadini onesti stanno pagando, da troppo tempo, un prezzo insostenibile, come dimostrano sia le inchieste condotte dalla magistratura tra il 2012 e i primi mesi del 2013 sia i decreti di scioglimento dei consigli comunali. Un quadro clamoroso di questa insostenibilità emerge dalle 232 pagine della relazione della commissione guidata dal prefetto Valerio Valenti, che ha portato allo scioglimento del comune di Reggio Calabria (9 ottobre 2012): la debolezza strutturale della macchina amministrativa ha rappresentato “un terreno fertile per la criminalità organizzata, nel tentativo di piegare al proprio tornaconto – anche per mera riaffermazione del principio del predominio territoriale – segmenti della amministrazione pubblica locale”. Ma il comune di Reggio è solamente l’apice di quello che si configura come un vero e proprio “caso Calabria”: nel corso del 2012 sono ben 11, su 25 totali, i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. E nei primi mesi del 2013 sono stati già sciolti tre comuni, tra cui, ancora, quello di Melito Porto Salvo, mentre in altri otto sono ancora al lavoro le commissioni d’accesso. E dalla Calabria la ‘ndrangheta ha inquinato ampio settori dell’economia di tutto il Paese, a partire dal ciclo del cemento e dei rifiuti, come dimostrano anche i recenti arresti avvenuti in Piemonte e Lombardia.

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