CAMPOSANTO MON AMOUR: RIAPRONO I CANCELLI

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Se state organizzando il fine settimana al mare, cambiate programma. Dal 19 al 21 maggio si va al cimitero. Ops! A teatro!

Tornano le quattro becchine di “Camposanto mon amour”, fantasma e orchestra al seguito, e sono ancora più cattive!

Riappare in scena, dopo il successo dello scorso anno, la commedia musicale diretta da Paride Acacia e prodotta dalla compagnia Efrem Rock.

Cambia la location, il Teatro Vittorio Emanuele, e con lei anche le scenografie, le musiche e i testi. Uno spettacolo rinnovato, sempre nell’assoluto rispetto dello spirito critico e irriverente che ormai costituisce il tratto distintivo delle produzioni firmate Acacia.

‘Sopravvivono’ (e mai termine fu più appropriato) le profonde quanto leggere riflessioni alchemiche su temi quali l’immortalità, l’onoranza dei morti e le nevrosi comuni. Il tutto mantenuto ‘vivo’ (ci risiamo!) da toni brillanti e da quel ritmo costante che tiene incollati alla poltrona. Una commistione di generi e influenze, a volte contrastanti, che spingono al riso e alla riflessione, volontaria e non. Un’armonia surreale mantiene legati i drammi, i battibecchi, le comuni riflessioni sulla condizione umana. Tanto triste, quanto straordinariamente capace di volgersi al cambiamento. Tanto apparentemente legata a un destino scolpito, quanto sorprendentemente spinta alla ribellione.

Il tutto, attraverso le limitate esperienze di ‘vita’ condotte e raccontate dalle quattro becchine del cimitero comunale. A partire da una quotidianità fatta solo di morte, riescono con una spettacolarità mai eccessiva, a parlare della vita in maniera assolutamente naturale. All’interno di una bizzarra legge del contrario, quattro personaggi che fanno della morte il proprio mestiere, riescono a ragionare sulla vita elaborando pensieri degni di un anarchico saggio esistenzialista. Protagoniste e spettatrici al contempo, osserveranno dal cancello del cimitero la commedia che quotidianamente si svolge oltre le grate. Contro i vivi si scaglieranno osservazioni cattive e terribilmente sincere, trasmettendo il disgusto per le apparenze e le ipocrisie.

Non si salva nessuno, nemmeno lo spettatore. Uno spettatore chiamato a una riflessione che non sia, citando Acacia, “la riflessione guidata da quel teatro forzatamente pedagogico che deve obbligatoriamente impartire lezioni sociali. Noi puntiamo al contrario a quella forma di comunicazione che coniughi intrattenimento e temi sociali, con una giusta dose di irriverenza e ironia”. E’ qui che entra in gioco, all’interno dello spettacolo, il riferimento-presagio della catastrofe di Giampilieri. Continua Acacia: “Il riferimento a Giampilieri era doveroso. Gli eventi naturali devono spesso il loro essere tragedia all’incuria umana. Ecco perché  un ritorno alla natura è auspicato dalle 5 protagoniste, una natura fatta di alberi e radici che tengano la montagna: Chi semina il grano edifica l’ordine. Nei miei spettacoli auspico sempre un ritorno alla natura, nel senso ecologico. Quel rispetto del territorio, dell’ordine naturale, che l’uomo ha comunque smarrito”.

Una ribellione contro il sistema, contro la società, contro l’umanità in generale. La stessa ribellione che invita a un cambiamento che è in realtà un ritorno al primitivo. Un urlo contro le apparenze e le sovrastrutture, per puntare all’eternità. “SOLO IL BORGHESE MUORE. IL RIVOLUZIONARIO E’ ETERNO!”.

Per chi non ha mai visto ‘Camposanto mon amour’, è decisamente arrivato il momento di rimediare. Chi l’ha già visto, non perderà occasione per rigodere di quella ‘buona cattiveria’ che è ingrediente fondamentale delle grandi verità.

GS Trischitta

Camposanto mon amour

Regia: Paride Acacia

Con: Milena Bartolone, Laura Giannone, Elvira Ghirlanda, Gabriella Cacia, Francesca Gambino

Orchestra dal vivo: Massimo Pino- Chitarre, Giuseppe Pullia – batteria e percussioni, Simona Vita – Piano e tastiere

Musiche originali: Massimo Pino/Paride Acacia

Coreografie: Sarah Lanza

Scenografie: Francesca Gambino

Aiuto scenografa: Barbara Mondi

Aiuto regia: Danila Tropea

Disegno Luci: Stefano Barbagallo in collaborazione con Adriana Bonnaccorso

Organizzazione : Giovanna Verdelli

         

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