Canapa: la coltivazione del futuro

Antonino Chiaramonte, autore, imprenditore, assistente sociale e agricoltore. Identità professionali diverse, tutte mosse da senso civico e grande sensibilità sociale. Qualità che lo portano da Palermo a Crotone nelle vesti di un agricoltore ‘diverso’, informato, innovatore e soprattutto competente. Un agricoltore che coltiva canapa!

Qualche accorgimento è d’obbligo. Si parla di canapa sativa, una delle tre famiglie botaniche della cannabis insieme alla canapa indica e ruderalis. Detta anche canapa industriale, la sua coltivazione è legale e i suoi utilizzi sono straordinari, non solo in termini di effettive soluzioni di impiego, ma anche a livello qualitativo. Una pianta che può essere utilizzata in ogni sua parte, dalla foglia alla radice, e il cui impiego occupa ogni settore industriale, dall’alimentazione, al campo tessile, farmaceutico, dalla cosmetica fino alla bioedilizia. Un vero tesoro della botanica, da troppo tempo rinchiuso in una prigione di pregiudizi e cattiva informazione. Una pianta nobile, utile in ogni sua parte. Le foglie e le infiorescenze sono impiegate nel settore alimentare.

I semi, perfetti sostituti del grano nella produzione di farina e derivati, hanno proprietà straordinarie e possono essere assunti anche dai celiaci. Hanno un contenuto di proteine pari al 20/25%, e contengono tutti e 9 gli amminoacidi essenziali oltre a vitamine, fitosteroli, caroteni e minerali. Dalla spremitura a freddo dei semi si può ricavare un olio ad uso alimentare e cosmetico che è considerato un vaccino nutrizionale: se utilizzato quotidianamente aiuta a rafforzare il sistema immunitario e ad abbassare i livelli di colesterolo. Il fusto trova impiego sia nella bioedilizia che nella zootecnica. La parte esterna del fusto stesso, se essiccata, trova impiego nel settore tessile: come tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno. Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo, mantenendolo asciutto.

Assorbe inoltre i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%. La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura. Sempre dalle fibre si ricavano materiali utili nella produzione di bioplastiche, molto più resistenti del polipropilene. L’utilizzo di queste fibre al posto di equivalenti sintetici elimina tutti i problemi legati ai rischi per la salute e allo smaltimento del materiale. Le diverse formule per ottenere materiali plastici compositi con la canapa permettono di ottenere differenti caratteristiche di resistenza, riciclabilità e biodegradabilità. E ancora,  in funzione della sua alta resa in massa vegetale, la canapa è considerata ideale per la produzione di combustibili da biomasse come l’etanolo, considerato il carburante del futuro. Dalla canapa è possibile ottenere anche una sorta di biodiesel di origine naturale che può essere sostitutivo parziale e per intero agli odierni gasoli, nafte e derivati. Inoltre, si potrebbe dire che la canapa garantisca benefici semplicemente crescendo: possiede infatti una capacità di ‘sequestrare’ CO2 (anidride carbonica) dall’atmosfera, 4 volte superiore rispetto agli alberi. Le sue radici, filamentose e lunghissime, caricano azoto nel terreno e, ossigenandolo, lo rendono perfetto per la coltivazione di cereali e tuberi. Il suo carattere battericida e diserbante restituisce un terreno fertilizzato e disinfestato in maniera completamente naturale.

Ci si potrebbe chiedere come sia possibile che una pianta così ‘stupefancente’ – perdonate il gioco di parole – non sia presente in ogni casa e in ogni giardino, in ogni orto e in ogni azienda agricola che potrebbe contare su una produzione a dir poco redditizia. Questo è proprio l’obiettivo di Antonino Chiaramonte, che della buona informazione ha fatto il motore della propria associazione: ‘Puntoverde canapa’. “E’ un’associazione fondata circa un anno fa – ci racconta Chiaramonte – quando ero io stesso a coltivare canapa privatamente.

La mia storia comincia nel 2013, anno della pubblicazione del mio testo “Juana, una storia nell’erba”. Quando lo scrissi lo inviai al ministro della giustizia Cancellieri. Ero combattuto sullo scrivere o meno questo libro perché allora eravamo in pieno regime Fini Giovanardi. Parlare di canapa era davvero una cosa difficoltosa, a tutti i livelli. Ne parlavi, ma sempre con il timore di una perquisizione. Avendo scritto in passato un altro libro di argomento sociale, che parlava di anziani, di famiglie, ho cominciato a temere il giudizio negativo dei lettori. Purtroppo la pianta veniva e viene ancora associata alla droga, come se non ne esistesse altro uso. Ma il mio intento non era parlare di droga e la mia verità era un’altra, quindi mi sono detto ‘io vado avanti e lo pubblico lo stesso’. Essendomi occupato molto della condizione degli anziani, ho scoperto che in Israele la cannabis viene utilizzata come terapia per curare il Parkinson e i suoi tremori. Con la cannabis consentono di condurre una vita quasi normale a persone che altrimenti dovrebbero essere bombardate di farmaci, quindi prodotti chimici e non naturali. Farmaci che non sempre sortiscono gli effetti desiderati perché mentre la chimica agisce sul sistema nervoso drogandolo, nel vero senso della parola, la composizione della cannabis agisce esclusivamente dove serve. Da questa notizia ho cominciato a studiare e documentarmi e raccogliere tantissimo materiale. Ho voluto scrivere questo libro proprio per sottoporre la questione, per parlarne meglio”.

Ed è proprio dalla divulgazione seria e competente che parte il lavoro di sensibilizzazione di Chiaramonte. Con l’obiettivo di spazzare via i pregiudizi che ostacolano l’utilizzo di una pianta quasi miracolosa, il percorso dell’agricoltore parte proprio dalle forze dell’ordine: “Dopo il libro, prima di arrivare a coltivare canapa ho fatto una grande opera di divulgazione, a cominciare dalle forze dell’ordine. Non sono mancate le resistenze sociali da parte delle persone. Qui la gente è impaurita. L’ostacolo più difficile da superare è stato proprio questo: il disprezzo sociale, l’impatto che la cattiva informazione aveva avuto in questi anni. Ho tenuto convegni, seminari, incontri, cominciando da  Cosenza. Poi la cosa si è allargata a Crotone, Catanzaro, Vibo e Reggio Calabria. Un anno fa, la nascita di ‘Puntoverdecanapa’, la cui sede si è stabilita a Crotone perché c’è una maggiore estensione di terreni per la coltivazione”.

Un’associazione che non si limita alla coltivazione, ma si occupa anche di ricerca e sperimentazione, al fine di raccogliere dati, statistiche e informazioni per creare una più solida consapevolezza. Si potrà così immaginare un futuro non lontano in cui la produzione della canapa possa essere considerata una coltivazione al pari delle altre. Continua Chiaramonte: “Il mio obiettivo è quello di costruire una filiera, in modo che la coltivazione avvenga qui e qui rimangano i benefici di questa produzione. Benefici in primis per i terreni. Ci sono terreni che sono stati devastati dalla chimica, dai concimi, dai fertilizzanti e dai diserbanti. Diversi cicli di canapa rappresenterebbero un toccasana”. La strada per arrivare a costituirsi come filiera è ancora lunga, ma il percorso è a buon punto, e non si ferma alla Calabria, conferma l’agricoltore: “Al momento abbiamo coinvolto circa 60 aziende agricole, ognuna delle quali ha dedicato alcuni ettari alla produzione della canapa, come prova. Quindi abbiamo circa 100 ettari coltivati a canapa ma non solo in Calabria. Ho fatto coltivare canapa in Irpinia, in provincia di Roma, in Sicilia, in Puglia. Come associazione, abbiamo così potuto raccogliere i dati che servivano relativi alla coltivazione di canapa al sud Italia.” E anche la ricerca fa passi da gigante, scoprendo un’altra qualità di questa pianta dalle mille risorse: una straordinaria capacità di adattamento: “Quest’anno abbiamo terreni coltivati a quota mare e anche terreni a 1350 metri di altezza. Anche in Calabria il terreno consente la coltivazione della canapa a tutte le quote, e lo stiamo verificando. Sperimentando non solo a diverse altitudini ma anche su diversi terreni”.

Un percorso ancora all’inizio, ma già a un punto che sembra promettere bene. “Punto verde canapa non è ancora una filiera, ma abbiamo già raggiunto un buon punto. Abbiamo seminato, raccolto e venduto. Ci stiamo migliorando e stiamo studiando come continuare al meglio.”

Che dire, ‘chi semina, raccoglie’!

Gaia Stella Trischitta