La Riforma Brunetta e le categorie protette

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Ritengo sinceramente, come cronista, che in un periodo come questo, di gran difficoltà economica per le famiglie, d’ampie fasce di disoccupazione e di lavoro in nero, parlare di Brunetta e delle sue idee economiche sul lavoro può apparire pretestuoso e stancante.

In realtà da una semplice lettura della riforma Brunetta i valori che ne emergono,  premiali, di professionalità ed efficienza, applicati al lavoro presso le pubbliche amministrazioni appaiono essere posti a discapito delle fasce deboli e delle categorie protette.
O meglio, i valori in sé considerati non possono non essere condivisi, quello che non può essere accettato è il disegno sostanziale che ne discende. Un sistema che abbandona gli ultimi, i lavoratori anziani, le categorie protette demandando al Dirigente e alla contrattazione decentrata (i sindacati ) il compito, non più affidato alla legge e a regole certe,  di stabile se pur lavorando con dignità si debba mangiare arrosto o bollito.

Ora è chiaro che tale impostazione non tiene conto del reale modo di pensare della classe Dirigenziale del Comune di Messina e dei sindacalisti comunali i quali,  a detta di tutti i dipendenti, sono più propensi a fare i loro interessi che quelli dei lavoratori.

Queste discussioni circolavano già, ed oggi circolano con ancora più insistenza, nei corridoi della Casa Comunale.

In verità prima dell’annunciata riforma non è che le cose andassero meglio ma quantomeno erano uguali per tutti. E’ accaduto cosi che nel 2008 a tutte le fasce A fosse riconosciuto a titolo di salario accessorio la somma di €.320,00 senza distinzione tra carichi di lavoro, produttività o altro. Anzi una distinzione c’era, quella tra la c.d. indennità di rischio e la c.d. indennità per l’uso di fotocopiatrice.   Pertanto, sia pure assurdamente, risulta che al comune di Messina nel 2008 fossero a ruolo oltre 400 addetti alle fotocopiatrici e altrettanti addetti ai lavori rischiosi. Stesso discorso deve farsi per le altre fasce B, C e D variando solo l’importo annuo del salario accessorio e sino ad un tetto di €.1.600,00.

E’ ben noto, invece, come uno degli aspetti fondamentali della c.d. riforma Brunetta sia rappresentato dagli istituti di premialità del merito e della professionalità, funzionali alla misurazione della performance individuale e collettiva sia del personale che delle singole amministrazioni. Tali strumenti possono tradursi, a seconda della propria natura in una corresponsione del trattamento economico accessorio; in una forma di evoluzione effettiva o reale del rapporto di lavoro (es. progressioni giuridiche) o solo economico (es. progressioni economiche); in una attribuzione una tantum di un bonus di tipo economico per l’accertato contributo di innovazione apportato alla pubblica amministrazione, o di risparmio o nell’accesso a percorsi  di alta formazione e di crescita professionale.

Infine di particolare interesse il premio di efficienza che si presenta indubbiamente come un tertium genus tra gli istituti di premialità del merito e della professionalità. Ed è su questi presupposti che la retribuzione di base e tute le altre voci in busta paga dovranno essere riconsiderati, demandandosi al Dirigente il compito di premiare o punire i sottoposti.

Di fronte a questi nuovi istituti contrattuali diventa chiaro che, senza un intervento delle forze sindacali tendente a fissare nell’ambito della contrattazione decentrata una serie di tutele e garanzie legali a favore dei lavoratori più deboli e disagiati, l’arrosto o il bollito dipenderanno dal potente di turno (Amministratori e Dirigenti Comunali).

E mentre nell’ottica di una nuova forma di raccomandazione si provvede a rimbiancare le anticamere degli uffici dirigenziali,  è di questi giorni il primo incontro programmato tra l’Amministrazione e i Sindacati al fine dell’applicazione del nuovo contratto decentrato e degli istituti della Riforma Brunetta.

In quest’ottica le sensazioni e le paure sussurrate nei corridoi comunali, invece che acquietarsi, vengono riconfermate nei fatti e in particolare nella vicenda che ha interessato un collega, da doversi portare ad esempio per stigmatizzare come un’errata applicazione della riforma Brunetta e del principio d’efficienza possa incidere sulla dignità del lavoratore. Ma adiamo per ordine.

Nell’ambito comunale, come nella società, sono rappresentate tutte le categorie protette e  tra esse gli audiolesi che oltre ad essere i più numerosi sono anche quelli meno considerati. Portare la posta, fare fotocopie, protocollare atti in entrata e uscita sono il massimo della carriera amministrativa cui possono tendere.  Eppure sono preparati, hanno studiato e, come si suole dire, hanno raggiunto l’agognato pezzo di carta, ma questo è un altro discorso.

Pertanto a fronte  della residua capacità lavorativa del collega e in base al principio dell’impiego in mansioni compatibili con lo stato invalidante, l’Amministrazione e i vari Dirigenti hanno sempre affidato al collega, da quindici anni a questa parte,  la gestione del personale (fogli firma, ferie, permessi ecc.) e del protocollo della posta dipartimentale.

Per comprendere a fondo di cosa stiamo parlando basti riflette che può essere terribile trovarsi sordo e solo in compagnia di quelli che possono sentire e non poter far altro che tirare ad indovinare perché non c’è nessuno che ti tenda una mano mentre si cerca di destreggiarsi fra le parole e i suoni;

che può essere terribile quando ti ridono in faccia, solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri al solo fine di essere sicuro di aver capito bene;

O incontrare nei corridoi del Comune uno sconosciuto che all’improvviso apre la bocca per chiederti qualcosa e, mentre le parole corrono veloci sulle sue labbra, tu non riesci a capirci nulla.

O, ancora, pendere dalle  labbra di qualcuno che sente per te al telefono un collega. O, infine, far telefonare da terzi a una ditta ed essere costretto a svelare le cose più intime, per  poi scoprire che le tue parole non sono state “riportate” chiaramente.

Fino a poco tempo fa pensavo che non ci volessero studi Dirigenziali per rispettare la dignità del lavoratore . Mi sbagliavo.

Infatti il nuovo clima d’efficienza, premiale e professionale, che spira nei corridoi della Casa Comunale e il nuovo Dirigente, hanno stabilito che un sordo non può gestire il personale (chi parla al telefono, le ferie e i permessi) o il protocollo. In considerazione di quanto sopra con un ordine di servizio si è stabilito che al collega sordo dovessero necessariamente affiancarsi quattro normodotati a cui affidare l’esclusivo compito di “sentire e parlare”.

E’ vano, davanti a una mentalità discriminante, tentare di spiegare che da quindici anni a questa parte il collega ha ben saputo tenere in ordine la gestione del personale e del protocollo senza che vi fosse alcun rilievo per eventuali assenze ingiustificate o per carenza nella gestione del protocollo.

Oggi il protocollo e la gestione delle presenze del personale sono stati informatizzati e, guarda caso, il collega audioleso è uno dei pochi che sappia usare benissimo il videoterminale, internet e intranet a discapito e demerito della decisione dirigenziale.

Rimane superfluo, dopo tali fatti,  domandarsi quale apporto i sindacati potrebbero dare nell’applicazione dei nuovi istituiti della Riforma Brunetta, stante che un applicazione che non tenga conto del principio generale delle  “mansioni compatibili con lo stato invalidante” si tramuterebbe ipso facto in una ingiustizia.

 

 

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