Degrado e indifferenza, morte di una citta’

Messina. Strada provinciale 44, contrada Portella Arena.

Siamo tornati,

e quello che abbiamo visto,

non ci è piaciuto per niente.

La nostra prima visita risale al maggio scorso, (vedi  http://www.ilcarrettinodelleidee.com/sito/component/k2/item/3026-un-orrendo-luogo-bellissimo.html )

e non abbiamo risparmiato le parole di sdegno e denuncia. Obbedendo alla nostra voglia di verità e alla nostra indole, abbiamo fotografato una realtà raccapricciante, confidando nell’intervento degli organi competenti. Una realtà grigia e nera, fatta di rifiuti, olio esausto assorbito da una terra stanca, quintali di tronchi di palma come cadaveri assassinati dal celebre punteruolo. E ancora rifiuti elettronici, scarti edili e tanto, troppo amianto. Decine di serbatoi dalla capienza di circa 200 e più litri abbandonati nel verde, circa 7 quintali di lastre parzialmente sbriciolate, e ancora colline di copertoni vicino a decine di carcasse di auto smantellate. Un’officina del malaffare che avvelena una collina inerme, con infiltrazioni tossiche e residui chimici. Ne avevamo parlato e ora, a distanza di quattro mesi, abbiamo voluto ripercorrere quelle strade con i nostri piedi, per verificare con i nostri occhi.

Nulla è cambiato, se non in peggio.

Quello che avevamo definito come un ‘supermercato degli orrori’, per la paradossale cura con cui erano organizzati i rifiuti, oggi può definirsi un vero ‘centro commerciale’. L’unica differenza, ad oggi, è il caos. Ciò che prima era abbandonato con apparente e macabro criterio, oggi è sparso confusamente. E ciò che prima era difficilmente quantificabile, oggi è assolutamente incalcolabile. Come se ciò che è stato posto all’attenzione pubblica fosse una realtà con la quale imparare a convivere, i ‘gestori’ di questo inferno sembrano aver guadagnato in spudoratezza. Quella che un tempo era una stradina nascosta, lungo una strada principale già deturpata da rifiuti e immondizia, oggi è una traversina ben visibile. Anche l’organizzazione sembra essere migliorata, con lastre di cemento a protezione di buche nel terreno. Non è difficile immaginare quanto sia scomodo percorrere strade accidentate, mentre si guida un camioncino carico di amianto. A rendere ancor più agibile l’accesso all’area, i responsabili hanno anche liberato quello che, fino a qualche mese fa, era un ingresso ben protetto da eventuali ‘visitatori indesiderati’. In un paradosso che ha dell’incredibile, la nostra visita sembra aver scatenato un effetto contrario alle nostre aspettative. Un atteggiamento che ignora la legge, la legalità e il vivere civile, all’insegna della spudoratezza e della noncuranza.

Ma ciò che è cambiato non riguarda solo l’ingresso dalla strada provinciale. Quello che sconvolge, più di tutto, compare una volta superata la ‘porta principale’. Sotto una parete collinare striata da colate di rifiuti di ogni genere, oltre un ingresso macabro formato da vecchie mura di cinta con pilastri che rivelano scheletri di ferro, si apre lo slargo degli orrori. Amianto, amianto e ancora amianto. Qualche mese fa calcolabile, oggi presenza costante.

Non quintali,

ma tonnellate.

Ovunque. Non più reparti isolati con qualche presenza sporadica. Amianto ovunque. Accatastato in mura tossiche, sbriciolato come ghiaia sul suolo. Raccolto e goffamente nascosto nelle canalette di una vecchia struttura abbandonata, dove alcuni fiori sbucano prepotenti e quasi fuori luogo, regalando una lacrima di colore in tanto grigiore. Curiosiamo dentro uno stanzino abbandonato, e ancora amianto. Una stanza angusta dal pavimento reso invisibile da altre lastre, sempre lesionate. Una finestrella rompe il grigiore delle pareti in rovina, mostrando un paesaggio dalla grandezza umiliata. Guardandoci attorno, ecco un nuovo articolo che prende prepotentemente spazio nei reparti del nuovo e più fornito centro commerciale. Lana di vetro, bruciata, sciolta, incrostata. Il prato è interrotto da tappeti di cenere, gomma bruciata e terra contaminata. Un’acne diffusa che macchia un terreno che ha perso colore. Scarti edili creano colline artificiali, come a prendersi gioco della natura circostante. E ancora amianto. Impossibile trovare sollievo ammirando un panorama senza confronti. Impossibile ammirare Messina e il suo Stretto, senza che l’occhio sia risparmiato dal cemento. Allunghiamo un po’ il collo, per cercare un angolo risparmiato dall’azione umana, per trovare un po’ di pace, ma individuiamo una cascata anch’essa artificiale. Decine di serbatoi in amianto fanno compagnia a quelli già fotografati nei mesi scorsi. Una cosa non avevamo notato allora. O meglio, una cosa allora non era visibile: la natura della collina sulla quale camminiamo. Le recenti piogge hanno disvelato una realtà prima ben nascosta. La collina, è in realtà parzialmente costituita da immondizia ricoperta di terra. Tonnellate di rifiuti accumulate negli anni e ricoperte di terra, ormai saldate a formare una montagna maleodorante. Un inferno che cova sotto i nostri piedi. Strati e strati. Tubi, amianto, plastica e cemento che ad ogni pioggia conquistano un po’ di sole. Quasi ci si chiede come possano crescervi dei fiori. Dalla terra, come da delle sabbie mobili imbevute di olio esausto, sbucano copertoni parzialmente sepolti. E ancora amianto. Il grigio ha ormai preso il sopravvento, rendendo difficile individuare un po’ di verde.

Il tutto in cima a una collina che sovrasta la città.

Amianto polverizzato quotidianamente soggetto a raffiche di vento, che spargono sulla Regina dello Stretto una polvere di veleno, come fosse polvere di fata. Questa però, non porta all’isola che non c’è.

Gaia Stella Trischitta

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