Emergency: “Guerra a un ospedale”

Domenica mattina, sede di Emergency a Milano. Via vai di telecamere e registratori, macchine che scattano foto. La conferenza stampa dell’organizzazione fondata nel 1994, che da allora ha curato gratuitamente quasi quattro milioni di persone in tutto il mondo, è convocata per le 11.30.

Lo staff è incollato ai telefoni: tre di loro sono stati ”rapiti”in Afghanistan ieri, come dice il dottor Gino Strada, direttore esecutivo e fondatore dell’organizzazione, seduto davanti a telecamere e taccuini con il presidente di Emergency Cecilia Strada, il vice presidente Alessandro Bertani e il responsabile della comunicazione Maso Notarianni. Una telefonata, ieri, alle 11.30 ora italiana, da parte del personale dell’ospedale di Emergency a Lashkar-gah, nella provincia dell’Helmand: “Ci stanno ammanettando”. Solo alcune ore dopo, al cellulare di Matteo Dell’Aira – responsabile medico del centro, uno dei fermati – risponde un uomo che si qualifica come soldato britannico del contingente Isaf, che tranquillizza sulle condizioni dei tre italiani trascinati via dall’ospedale ma rifiuta di fornire le proprie generalità. Poi un pesante silenzio. Come spiega Cecilia Strada, Emergency ha appreso le accuse che vengono mosse ai tre elementi di Emergency, portati via assieme ad alcuni lavoratori afgani, da un lancio di agenzia e ne ha avuto conferma dall’ambasciata italiana nel Paese asiatico. Nessuna comunicazione ufficiale da parte del governo afgano, nessun risconto dalle forze armate del contingente internazionale della Nato.

L’accusa è enorme, “al punto da trasformarsi in farsa”, commenta Cecilia Strada. Matteo Dell’Aira, 41 anni, dal 2000 in giro per il mondo con Emergency, responsabile medico dell’ospedale, Marco Garatti, 49 anni, coordinatore del progetto in Afghanistan, dal 1999 con Emergency, e Matteo Pagani, 28 anni, responsabile logistico dell’ospedale, sono stati portati via. A quanto si legge dagli organi di stampa, i servizi segreti afgani li accusano di essere coinvolti nel progetto di attentare alla vita del governatore della provincia di Helmand nel corso di una sua futura visita all’ospedale, un centro chirurgico che funziona dal 2004 e che ha curato oltre 66mila persone. L’ambasciatore italiano a Kabul ha potuto vedere solo oggi i connazionali fermati. Sembrano essere in buona salute, ma sono naturalmente molto scossi.

“Questo è un attacco all’ospedale, sono allibito”, dice il dottor Strada. “Un atto di guerra preventiva, magari in previsione di una nuova offensiva militare nel territorio, nel quale siamo rimasti gli unici, scomodi, testimoni”. Non ci sono altri ospedali in Helmand, non ci sono giornalisti. All’interno della struttura, secondo l’intelligence di Kabul, sarebbero stati trovati armi ed esplosivi. “La perquisizione è avvenuta in assenza di nostri rappresentati”, chiarisce Strada, “ma non si può escludere che qualcuno abbia portato all’interno dell’ospedale quel materiale. Quello che è grave è che tre persone che, nello spirito di Emergency, lavorano a salvare migliaia di vite da anni siano coinvolte in tutto questo”.

L’Isaf, in un primo momento, ha smentito di aver preso parte all’azione. Un video diffuso dall’Associated Press, però, li smentisce, mostrando chiaramente come militari britannici del contingente Nato – che hanno il comando operativo nella regione dell’Helmand – abbiano circondato l’edificio e preso parte alla perquisizione dei locali, costringendo il personale a identificarsi. La situazione è complessa e, come racconta il dottor Strada, ”l’ospedale non ha in questo momento la possibilità di svolgere la sua funzione, in quanto occupato da militari”. Rispetto alle prossime ore Emergency si augura una soluzione rapida della crisi, ma come risponde lo stesso Strada alla domanda di una giornalista, “per il futuro del progetto non ci sono certezze. La priorità in questo momento è la sicurezza dei nostri in carcere e degli altri (5 italiani e un indiano) del personale internazionale e locale che si trovano a Lashkargah. Tutto il resto si valuterà dopo”.
In attesa che, come prevede il sistema giudiziario afgano implementato dai consulenti italiani, venga formalizzato un atto d’accusa e venga permesso ai tre italiani e ai sei afgani prelevati dall’ospedale di difendersi. “La situazione ricorda quella del 2007″, conclude Strada, “quando il rapimento del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo segnò l’inizio di un escalation nei confronti del nostro lavoro in Helmand. Un lavoro fatto solo di cure mediche, per chiunque, perché una vita umana è una vita umana. Chiunque nei nostri ospedali in Afghanistan e nel mondo riceve cure mediche se ne ha bisogno. Il resto non conta. Proprio per questo principio sempre rispettato, Emergency rappresenta un volto amato dell’Italia nel Paese. Mi aspetto che i cittadini italiani facciano sentire la loro voce e che il governo italiano, come sta già facendo, continui ad adoperarsi per la soluzione del caso”.