Erri De Luca, dal Sabotaggio al Sabotav

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 «Sabotare, secondo il dizionario, ha numerosi significati oltre a quello di danneggiamento materiale. Altri significati coinvolgono il verbo intralciare, ostacolare, impedire».Con questa parole, in risposta ad una domanda del P.M, si è aperto a Torino, il 20 maggio, il processo ad Erri De Luca, chiamato a rispondere del reato di Istigazione a delinquere (art. 414 c.p.) per aver dichiarato in un’intervista che “La Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”.

Ma per precisare i confini della vicenda è bene ricordare l’antefatto. Nel 2013 due ragazzi appartenenti ai No Tav furono arrestati mentre trasportavano in macchina molotov, maschere antigas, fionde, cesoie, chiodi a quattro punte materiale destinato, secondo gli investigatori, a danneggiare i cantieri della TAV. Fece scalpore, allora, l’aggravante di terrorismo che la Procura di Torino, guidata dal Procuratore Giancarlo Caselli, oggi in pensione, volle appioppare ai due ragazzi. L’aggravante successivamente decadde ma nel frattempo Erri De Luca aveva rilasciato al giornale Huffingtonpost la frase oggetto del processo oggi aperto nei suoi confronti.

Ne deriva che intendimento della Procura di Torino è quello di provare che la parola “Sabotare” unitamente al riferimento alle cesoie integrano il reato d’istigazione a delinquere. Nel nostro ordinamento la prova si forma nel dibattimento davanti al giudice e le parti se vogliono che documenti, foto, video e testimonianze entrino nel processo devono produrle in udienza.

All’udienza del 20 Maggio si è svolta proprio la fase istruttoria del processo, cioè quella dove si producono le prove da sottoporre al giudizio ed è lo stesso Erri De Luca che spiega alla corte cosa intendesse con il verbo Sabotare. “Il cantiere della TAV non è il Palazzo d’inverno che va preso con la forza, espugnato e cancellato, quel cantiere è come la città di Gerico, circonda, assediata da un coro di voci ed è a opera di quelle voci che crollarono le mura. Un coro unanime di voci che gridarono contro le sue mura. In Bosnia, quando facevo l’autista dei convogli umanitari mi sono trovato a partecipare di una comunità d’italiani, molti italiani, che erano lì proprio per stare a fianco di quel popolo disgraziato, scassato e quella comunità sabotava la guerra. Nel momento stesso in cui quella comunità c’era fisicamente, la guerra aveva una sospensione, un’interruzione. E poi anche come operaio ho partecipato a molte lotte e scioperi. Lo sciopero è esattamente questo, il sabotaggio della produzione. Si incrociano le braccia, ci si rifiuta di fare un lavoro assegnato e si danneggia e si sabota la produzione. Dunque ho del verbo sabotare molti significati e le azioni di sabotaggio alle quali ho partecipato personalmente le consideravo nobili, giuste e necessarie.”

Ma la rilevanza e la particolarità di questo processo non risiede solo sulla notorietà dei protagonisti ma sul diverso intendimento che si vuole dare alle parole e al significato diverso che l’accusa e la difesa vogliono dare loro, o meglio se la parola può produrre degli effetti giuridici che abbiano a loro volta rilevanza penale. Sintomatico è il dialogo che si svolge tra la parte civile, l’avvocato della LTF (Lyon Turin Ferroviaire) Alberto Mittone ed Erri De Luca.

P.C. – “Dal suo libro (la parola contraria) lei interpreta la parola istigazione in questo modo: “se da una parola pubblicata di uno scrittore seguono azioni, questo è un risultato ingovernabile e fuori dal suo controllo.

ERRI. “La parola esce dal controllo di chi la pronuncia e di chi la scrive, risponde Erri De Luca, nel libro faccio l’esempio dei Versetti Satanici di Salman Rushdie che hanno dato luogo a insurrezione di massa con molti morti islamici, che hanno ritenuto blasfemi i versetti. Possiamo dire che Rushdie è responsabile di quelle morti?” Continua Erri e “allo stesso tempo Reinhold Messner (famoso alpinista) con i suoi libri ha istigato molte persone a salire in montagna e perciò ci sono state persone che hanno perso la vita per la passione per l’alpinismo e che sono state istigate da Messner. Messner io non lo considero responsabile di quelle morti.”

Ma la P.C. insiste. “Se lei considera che affermare un’opinione, una parola, è fuori dal suo controllo e di ciò che capita dopo, che spiegazione fornisce del fatto che avendo detto che quest’opera (la Tav) va fermata, arrestata e pertanto sabotata. In altri termini, come fa a sganciare le opinioni che lei esprime dalle conseguenze che ne derivano, come si fa ad ottenere Il risultato (fermare l’opera) se non attraverso un uso delle parola che è diretta alla sua conseguenza?”

E ERRI, sicuro: “la conseguenza della parola è la parola stessa, non ha influenza sulle azioni degli altri. Le mie parole sono responsabili di quello che dicono e basta. Io non sono un tribuno, una persona di rilevanza pubblica tale da influire sull’agire dei militanti. Sono solo uno scrittore che presta il suo piccolo diritto d’ascolto ad alcune cause che considera giuste e necessarie”

A questo punto la P.C. esce l’asso dalla manica e cerca di far emergere la contradizione. “Lei dice che le parole possono essere manifestate senza limite ed allora perché ha querelato per diffamazione un consigliere comunale di Torino?”

Per comprendere la domanda e bene apprezzare il ruolo degli avvocati in questa vicenda, bisogna dire che non tutto può entrare nel processo penale ma solo quello che attiene all’imputazione e che perciò è rilevante per la decisone dei Giudice. In questo caso la difesa non avrebbe voluto che questo nuovo elemento della querela entrasse nel processo ed è per questo che l’Avvocato di Erri De Luca, Gianluca Vitale, ha presentato formale opposizione affinché la domanda e la vicenda che essa sottintendeva non fosse ammessa dal Giudice.

La risposta della P.C. all’opposizione ci fa comprendere come la domanda fosse importante. “La rilevanza sta nel fatto che nel momento in cui si sostiene che la parola non ha limiti, come mai si querela? E per di più (si querela) sulla manifestazione della parola di un’altra persona e relativamente ad un altro episodio di sabotaggio compiuto in Val di Susa.  Il giudice ammette la domanda ed Erri risponde: “Vi è stato un Twitter con la foto di un’auto incendiata e un commento “Ecco il sabotaggio di Erri De Luca”. Considero questo Twitter diffamatorio nei miei confronti. Io credo che ciò non abbia nulla a che vedere con la libertà d’espressione e di parola, ma solo con l’attribuire ad una persona atti falsi e gravi (l’incendio delle macchina) sapendo che sono falsi, sapendo che sono gravi.”

P.C. “Quindi vuol dire che ci sono dei limiti alla manifestazione del pensiero?

ERRI. “Certamente, quelli stabiliti dal codice. Non si può diffamare, né calunniare una persona …

P.C…e non si può istigare a commettere un reato, esiste anche questo nel codice.

Ma vi è un altro elemento che la parte civile tenta di fare entrare nel processo ed è quello delle conseguenze concrete che la frase incriminata ha causato. Ed infatti, la frase nel suo contesto temporale era la risposta ad un fatto antecedente, l’arresto dei due ragazzi con la cesoia, le molotov e l’accusa di terrorismo. Praticamente se non si riesce ad attribuire una conseguenza o effetto successivo alla fase incriminata si rimane nell’ambito dell’istigazione a delinquere morale che non ha rilievo penale.

2 1Per questo motivo la parte civile ha chiesto che sia ammessa e prodotta in giudizio una foto che ritrae una scritta su una colonna di Piazza Severino a Torino e che riporta la parola SABOTAV con il disegno di una bottiglia incendiaria

P.C “Al di là della sua nobile e dignitosa difesa, c’è chi ha inteso il termine sabotaggio relativo alla TAV con una bottiglia incendiaria e richiedo che rientri tra le prove ammesse perché questo processo si basa sulla parola sabotaggio, sulla TAV ed il termine (SABOTAV) sulle colonne di Piazza Solferino a Torino”.

La risposta di ERRI.  non si fa attendere: “Un neologismo inedito, però, da trattare a parte. Da trattare a parte (fuori dal processo) come una nuova parola del vocabolario Italiano.” Ma è l’intervento dell’avvocato difensore che con solo due domande ottiene una sorta di pareggio processuale.

Difensore: “Ha fatto lei le scritte che le sono state esibite in foto o conosce chi le ha fatte? No!

Difensore: “Qualcuno le ha detto che avrebbe inventato questo neologismo grazie a lei? No!

Il processo è stato rinviato al 21 settembre per la discussione degli avvocati e la probabile decisione.

Pietro Giunta

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