Giulio Francese: non abbiamo bisogno di eroi ma di tutele

La crescente violenza
contro i giornalisti in Italia è particolarmente preoccupante. A dirlo è il rapporto della Piattaforma
del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei
giornalisti.

“L’Italia – si
legge nel rapporto – è lo Stato membro dell’Ue con il più alto numero di
minacce attive sulla piattaforma”.  Il Consiglio rileva come la mafia e il crimine
organizzato rimangano una delle maggiori minacce per i giornalisti: 21 quelli
minacciati dalla mafia che vivono sotto la protezione permanente della polizia
e diversi quelli intimiditi e attaccati da membri di gruppi neofascisti.

Una considerazione è stata poi riservata agli allarmi registrati dopo l’installazione ufficiale del nuovo governo, con un numero di violazioni triplicato rispetto al 2017, la minaccia di rimuovere la scorta al giornalista Roberto Saviano e l’avvio della politica di abolizione di sovvenzioni pubbliche alla stampa. “I due vice ministri del governo, Luigi Di Maio e Matteo Salvini – si sottolinea inoltre – esprimono regolarmente attraverso i social media una retorica particolarmente ostile a media e giornalisti”.

Un quadro non incoraggiante di cui abbiamo discusso con Giulio Francese, presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia.

Che
strada sta prendendo il giornalismo oggi in Italia? Quali le protezioni da dare
ai giornalisti?

Il giornalismo al momento è sotto attacco. Un certo modello di linguaggio, che viene diffuso anche attraverso la televisione, è diventato modello generale, per cui si alzano i toni. I giornalisti sono diventati improvvisamente “il male” perché cercano di raccontare cose che danno fastidio, ma questo è il mestiere del giornalista, fare il cane da guardia e dire le cose che non funzionano.

E bisogna avere rispetto per la funzione del giornalista, che è una funzione essenziale in una democrazia,  garantisce il diritto del cittadino a essere correttamente informato.

Questo dà fastidio? Si
dà fastidio! E allora bisogna che l’opinione pubblica si renda conto
dell’importanza ma anche della difficoltà di questo mestiere e che in qualche
modo faccia da scudo alle aggressioni che arrivano da più parti nei confronti
dei giornalisti. Mi riferisco per un conto alle minacce, tanti giornalisti oggi
vivono sotto scorta e hanno visto cambiare letteralmente il loro modo di
vivere, ma poi ci sono anche gli insulti che arrivano via web e soprattutto le
querele temerarie: tu scrivi una cosa che mi dà fastidio ed io ti querelo e ti
chiedo anche dei soldi in modo da farti spaventare. Poi magari queste querele
finiscono in una bolla di sapone come succede nel 90 per cento dei casi, però
nel frattempo come giornalista non ti faccio dormire la notte e poi al momento
della conclusione del processo con un proscioglimento chi ha avviato la querela
non deve rispondere di nulla. Così è troppo facile e troppo comodo.

Noi speriamo che finalmente
questo Parlamento mantenga le promesse di porre fine a questo fenomeno
increscioso delle querele temerarie con una legge che ponga dei limiti a chi
presenta querela, come quella di dover pagare eventualmente un corrispettivo al
giornalista e questo sarebbe un modo per frenare le querele temerarie.

A
proposito di Istituzioni, dire che la scorta è un privilegio, tentare di
togliere la scorta a giornalisti come Sandro Ruotolo, significa in qualche maniera
legittimare il pensiero del giornalista che come ha detto lei rappresenta il
“male”.

Io non so come nasce questa decisione di togliere la scorta a Sandro Ruotolo, la cosa che mi sembra importante è che ci sia stato un ritorno sui propri passi e che la scorta sia stata subito riconferma. E lo è stata perché c’è stata subito una sollevazione e un volere sottolineare che senza adeguate coperture, senza adeguate garanzie uno come Ruotolo non può fare questo mestiere, e come lui Lirio Abbate, il nostro Paolo Borrometi e tanti altri. Sono persone che rischiano per raccontare la realtà che ci circonda, fatta di brutalità, di mafia, di corruzione. Dovremmo essere grati a questi giornalisti che si spingono oltre, per informare rischiando la propria pelle. In Italia abbiamo pagato un prezzo altissimo: giornalisti morti per avere raccontato verità scomode.

In Sicilia poi il prezzo è più alto che altrove con 8 giornalisti uccisi.

Noi non abbiamo bisogno di altri “eroi”, vogliamo giornalisti che facciano bene il loro lavoro e che abbiano nell’opinione pubblica la maggiore tutela. Nel momento in cui l’opinione pubblica tornerà a capire l’importanza del lavoro giornalistico e si solleverà nel momento in cui questo lavoro viene in qualche modo oscurato da minacce o insulti allora vuol dire che avremo fatto un passo avanti come Paese e come democrazia.