H&M: tutto fa pubblicita’

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Il mondo dei social, sempre estremamente contestato, è stato il teatro di una protesta che dall’America si è espansa fino a noi. 

Questa volta alla gogna è finita la nota catena d’abbigliamento H&M, colosso svedese, rinomato nel settore ed enormemente diffuso anche in Italia.

L’oggetto dell’accusa è un capo d’abbigliamento per bambini che la ditta pubblicizzava sul proprio catalogo online, indossato da un piccolo modello presumibilmente afroamericano.

Ad essere problematica e fraintendibile era la scritta del capo in questione che, tradotta, recitava: “La scimmia più cool nella giungla”. 

A rincarare la dose, poi, sarebbe emerso un ulteriore aspetto della campagna pubblicitaria che contrapponeva all’immagine del bimbo con la felpa incriminata, quella di un altro piccolo modello, stavolta caucasico, con indosso un capo recante, di contro, la scritta che vantava l’essere “esperto nella sopravvivenza della specie”.

Non è infatti difficile immaginare come l’accostamento del messaggio abbia fortemente offeso migliaia e miglia di consumatori in tutto il mondo, anche celebri.

The Weeknd, l’artista canadese, all’emergere della vicenda, ha annunciato la sua immediata rottura della collaborazione con il marchio d’abbigliamento, che, tuttavia tramite social ha, in seguito, emanato delle scuse, precisando l’intento non discriminatorio.

«Non abbiamo ritirato solo la foto dai nostri canali, ma anche la vendita del nostro prodotto» precisa H&M dai suoi profili, a seguito delle proteste sempre maggiori in rete.

A macchia d’olio si è, infatti, propagata la protesta e l’indignazione, capeggiata da molti volti celebri dello sport, come il cestista Lebron James, che pubblica una rivisitazione dell’immagine razzista, e il calciatore Kevin Boateng, che chiede “Siete seri?”

Se in America l’opinione pubblica non ha avuto dubbi sulla bruttezza e scorrettezza dell’accaduto, in Italia, invece, molti hanno accusato l’esagerazione delle proteste, additando il tutto come un ‘voler vedere per forza del marcio dove non ce n’è’.

Tra le webstar della penisola, Loretta Grace, interprete, tra gli altri, nei musical di Sister Act e Ghost, e considerata tra le migliori artiste emergenti nonché erede di Whoopi Goldberg, dal suo profilo instagram tuona: “Per scusarsi pubblicamente (H&M, ndr) significa che forse la pubblicità era fortemente fraintendibile. Invece di scrivere che dovremmo tutti passare sopra l’accaduto perché in fin dei conti siamo “tutti uguali” e siamo noi neri a fare le vittime, abbiate un po’ di rispetto.”

Che si voglia o meno vedere del marcio nella vicenda, è evidente ed incontestabile come, un’azienda della portata del brand in questione, con al proprio servizio delle professionalità che dovrebbero essere estremamente competenti, non possa permettersi simili strafalcioni.

Ma soprattutto emerge come, in Italia, il tema dei diritti fondamentali non sia stato pienamente compreso e, presso alcune fasce di popolazione, emerge ancora un malcontento imperante per coloro che additano come dei diversi che ‘vogliono troppo’. Il tutto condito da una buona dose di populismo di alcuni gruppi politici.

Scrive un utente: “la verità è che se quella felpa l’avesse indossata un bambino bianco a te non sarebbe importato assolutamente nulla, e non l’avresti interpretato come un insulto a tutta l’etnia bianca, ma siccome è un bambino nero non va bene, però poi a detta tua siamo tutti uguali? Non mi sembra proprio”, come se tutto si riducesse ad un ‘bianchi contro neri’, come se l’altrui lotta disturbasse.

Ma sì, in fondo le scuse del brand, e una buona dose di sconti, laveranno la coscienza dei benpensanti.

Per tutti coloro che lottano ogni giorno per avere quello che ai “bianchi” è naturalmente concesso; per coloro che nati in Italia e pur essendo contribuenti, vengono ancora definiti “stranieri”; per tutti gli schiavi che, in Libia, all’alba del 2018 vengono venduti come un prodotto e non come esseri umani.

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