Un’impressione comune, una circostanza che si verifica sempre, un dato di fatto, oserei dire, quello che accade ai luoghi, ai corridoi e ai percorsi che giorno per giorno, estate e inverno, col sole o con la poggia, siamo chiamati a percorrere. Diventano sempre più lunghi, più tortuosi, più rovinosi e stanchi. Pertanto neanche i lunghi e i vetusti corridoi del Comune di Messina, per quanto inorgogliti e tronfi dei personaggi della politica Regionale e Nazionale che spesso li percorrono, riescono sfuggire a questa legge di natura.
Fu proprio in occasione dell’avvento del bagno delle pari opportunità che notai la cosa e la collega che vi diede l’origine. Appesantita dall’età e dalle gravidanze arrancava lenta e pesante per i lunghi corridoi del Comune. Il braccio destro dietro la schiena per pareggiare un baricentro fuori fase e una piccola borsa da portare a mano. Come tutte le persone che non avrebbero mai accettato i propri limiti, era orgogliosa e pur potendo fermarsi per prendere fiato preferiva accelerare e stancamente, a piccoli passi, raggiungeva la meta. Vestiti anonimi e scarpe, o ciabatte, basse per facilitare il cammino. Ignorata da tutti i colleghi e dalla maggior parte delle persone svolgeva il suo dignitoso lavoro di dipendente comunale. La mattina verso le 7,10 veniva accompagnata da uno dei figli con una vecchia fiat abarth e un cane. Un giovane e educato che salutava tutti, anche me. Il figlio aiutava la madre a fare gli scalini e entrato in ufficio gli alzava la serranda. L’ho visto spesso con gli occhi persi verso l’incrocio di Piazza Antonello aspettare il permesso della madre per andare via, mentre il cane abbaiava dentro la vecchia fiat ai colleghi di passaggio. La potevi rivedere, la collega, verso le 11,00 che puntualmente si spostava dal suo corridoio al corridoio accanto per andare in bagno. Centocinquanta, al massimo duecento passi, precisamente dall’angolo di Palazzo Zanca che dà sulla Via Consolare del Mare alla parallela del C.rso Cavour.
Poi, un giorno, i passi diventarono 700, era scoppiata la guerra dell’urina. Si narra che un consigliere donna di centro sinistra, sollecitata da alcune belle, agili e giovani colleghe, abbia posto un’interrogazione ai massimi organi dell’Amministrazione Comunale, si sussurra addirittura al Segretario Generale, tendente a stigmatizzare l’atteggiamento dei colleghi uomini propensi a farla, la pipì, fuori e sopra la tavoloccia. Non so le varie risposte delle forze politiche, i verbali sono stati secretati, ma conosco le decisioni e l’agire del Dirigente competente e del Responsabile del procedimento in linea tecnica. I quali come novelli Mosè, dopo una dispendiosa ristrutturazione dei servizi e consequenziale riconoscimento di un benefit pari al 2% sui lavori appaltati, procedettero a spartire le urine. Dopo i suddetti fatti la nostra eroina non poté più andare nel bagno più vicino, tassativamente vietato alle donne, ma si dovette fare ben due corridoi e mezzo prima di poter dare sfogo alla natura e recarsi nel proprio bagno delle pari opportunità. Non è compito di questo cronista fornire soluzioni o dare giudizi ma riportare il sentire comune si.
Pertanto e in questa veste riporto la soluzione che circola nell’ambito dei colleghi uomini, tacciati quantomeno d’inciviltà, “sarebbe stato sufficiente non accontentarsi di una pulizia ogni 24 ore e richiedere la pulizia dei servizi igienici almeno tre volte al giorno. Non pretendere, invece, che gli stessi siano igienicamente efficienti quando sono d’ausilio ad almeno 800 persone al giorno. Per inciso presso la casa comunale, in questo periodo, esiste solo un bagno promiscuo aperto anche al pubblico. E’ al primo piano. La collega, invece, ha ottenuto il trasferimento ad altra sede.