LA LEGGENDA DI DONNAFUGATA

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1814
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Circondato dai colori del paesaggio siciliano, dal quale si possono facilmente osservare la spiaggia di Punta Secca, Scoglitti, Gela, Licata e le valli agrigentine, sorge all’apice di Ragusa il Castello di Donnafugata. Come ogni castello custode di segreti e leggende, anche le mura di questa antica dimora sono state testimoni di storie e amori, ancora celati tra i corridoi lussuosi della tenuta ragusana. Il suntuoso edificio, impropriamente definito castello, fu quella che veniva definita “una casa di villeggiatura” di antichi nobili siciliani. L’architettura eclettica, la sua imponenza in quella che fu la Piazza Maggiore dell’antica Ragusa, lo sfarzo, la suntuosità dei 144 vani e le numerose storie narrate in suo conto hanno portato il fascino della dimora ad accrescersi nel tempo.

Il termine “Donnafugata” ha origini antiche. Si narra provenisse dal termine arabo “Ayn Al-Sihhat”, che significava “Fonte della Salute”, poiché antiche fonti narravano la presenza di una sorgente nota nei pressi della tenuta. Il termine poi, a causa delle leggende in suo conto, venne evoluto in “Donnafugata” derivante dal termine in dialetto siciliano “Ronna Fuata”, che va a significare “Donna in Fuga” o “Donna Fuggita”. La storia di Donnafugata inizia negli anni in cui i Saraceni invasero le coste Meridionali, imponendosi nella cultura e nella storia del Mezzogiorno. In quei secoli solevano costruire torri e fortezze in punti ritenuti strategicamente importanti. Nel 1093 dopo la sconfitta degli Arabi da parte dei Normanni la località divenne il “Feudo di Donnafugata”. Nel XIV secolo il Conte di Ragusa Manfredi Chiaromonte volle la costruzione di un modesto castello nei pressi dell’omonimo feudo. Un’antica leggenda narrata dai più anziani, arriva ai giorni nostri. Il popolo vuole come protagonista Bianca di Navarra, che dopo la morte di Martino I d’Aragona divenne regina reggente. Il vecchio Conte Bernardo Cabrera di Ragusa si innamorò perdutamente della regina, a tal punto di chiederle di sposarlo. Al rifiuto della giovane regina Cabrera reagì catturandola e rinchiudendola tra le mura di Donnafugata. Bianca di Navarra, aiutata dalla servitù, una notte riuscì a fuggire (da qui l’appellativo “Donna in Fuga”). Uno dei lunghi corridoi del castello portò la giovane regina ad una via di fuga. Per raggiungere la salvezza arrivò al mare, dove si immerse seminuda nelle acque gelide riuscendo a sfuggire dalle grinfie del vecchio pretendente. Storia e leggenda si fondono tra le mura dell’antico castello. Nel 1648 la proprietà di Donnafugata passò da Guglielmo Bellio di Cabrera al barone Arezzo. Nel 1800 la tenuta raggiunse il suo massimo splendore. Corrado Arezzo, personalità ecclettica, rianimò la vecchia tenuta. Grande personalità politica del panorama siciliano del secolo, le sue grandi doti intellettuali e artistiche e i suoi variegati interessi culturali travolsero l’intera Donnafugata, che raggiunse quell’aurea di regalità per cui oggi è nota. Il castello ragusano assistette in questo periodo ad una altrettanto nota storia d’amore che ebbe come protagonista Clementina Paternò Arezzo, nipote di Corrado Arezzo. Durante una visita al barone, il visconte francese Gaetano Combes Lestrade si innamorò ricambiato di Clementina. I due innamorati fecero la nota “fuitina” imbarcandosi dalla spiaggia di Punta Secca. Raggiunti dalle guardie del barone, i fuggiaschi furono riportati al Castello dove furono celebrate le altrettanto note nozze riparatrici. Anche da questa vicenda (o meglio da questa “fuitina”), attestata storicamente a differenza della prima leggenda, si fa derivare il nome “Donnafugata”. I due nobili, nonostante i loro continui spostamenti per l’Europa, passarono gran parte della loro vita al castello. Dal loro amore nacque Clara Combes Lestrade che sposò il Conte di Testasecca. Sarà loro figlio, il Conte Gaetano di Testasecca, nel 1982 a vendere al comune di Ragusa la leggendaria dimora.

Dopo numerosi lavori di ristrutturazione oggi Donnafugata riflette ancora il suo originario splendore. Avvolta nel silenzio della campagna e baciata dai raggi del caldo sole siciliano, sembra ancora nascondere tante storie e leggende. Come qualsiasi castello che si rispetti conserva un alone di mistero e un fascino antico. E le storie che narrano le sue mura ancora attraggono e seducono il popolo, quasi incantato dalla bellezza di una dimora così antica che parla di tempi lontani, nei quali i giovani erano ancora disposti ad ascoltare e tramandare racconti “cunti” e vecchie storie del passato.

 

 

Maria Cristina Palumbo

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