Qualche giorno fa un ragazzo mi ha salutato mentre stavo per strada, nei pressi del mio studio.
Ho risposto al saluto e gli ho chiesto chi fosse.
“Sono Fabio S., il figlio di Elena K. e Giovanni S., si ricorda di me?”.
Ho capito subito. Dieci anni fa Fabio aveva 9 anni. Io difendevo suo padre in un’ aspra causa di separazione giudiziale. Una causa terribile, fatta di colpi bassi, caratterizzata da un conflitto irrimediabile.
Questo bambino era diventato il pomo della discordia dei suoi genitori.
Ricordo che il mio cliente, suo padre, era stato accusato di pedofilia e violenze fisiche in danno del figlio.
Furono disposte, dunque, numerose indagini, sia in sede penale che minorile, e poi una serie di perizie terrificanti.
Tutto finì in una bolla di sapone. Furono esclusi episodi di abuso sessuale commessi dal padre (così come accade nell’80-90% dei casi). Ma dovettero trascorrere due anni prima che Fabio potesse tornare a frequentare suo padre in una situazione di normalità.
Al piccolo era stato fatto il lavaggio del cervello. Era stato ignobilmente istruito per distruggere suo padre. Ma il tentativo di plagio fallì miseramente tanto che, nel corso delle perizie, il bambino reclamava la figura del papà, lo stesso papà che avrebbe dovuto uccidere, almeno moralmente, nel modo peggiore, mediante la più infamante delle accuse.
Tutto finì come doveva finire. Ma Fabio rimase traumatizzato da tale angosciante esperienza.
Una vicenda, questa, che ha lasciato il segno anche a me.
Sua madre fu denunciata e condannata per calunnia poiché fu provato in giudizio che costei aveva deliberatamente accusato il marito, sapendolo innocente, nel proposito di annullarlo sul piano genitoriale.
In questa squallida vicenda si erano inseriti i familiari della sciagurata, un “avvocato” e uno di quegli psicologi da strapazzo (ce ne sono abbastanza in giro) che vedono abusi ovunque.
Rivedere Fabio, ormai quasi ventenne, alto quasi due metri, con un sorriso smagliante, è stato bello.
“Come stai?” , gli ho chiesto.
“Bene avvocato, sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, vorrei occuparmi anch’io di diritto di famiglia”.
“Complimenti Fabio, che Dio ti benedica. Papà come sta?”.
“Papà è morto due anni fa, ora vivo con i nonni materni. E’ stato lui a convincermi a fare l’avvocato di famiglia. Voleva che difendessi i bambini”.
“Mi dispiace tanto. Tuo padre era una persona giusta, un uomo forte, un esempio di amore paterno”.
“Lo so caro avvocato, mi manca tanto”.
Ci siamo salutati con una stretta di mano forte. Me ne sono tornato allo studio con un nodo in gola ma felice per essere stato anche io l’artefice , a suo tempo, della salvezza di un bambino dalla più grande delle tragedie, quella di perdere dalla sua vita un genitore innocente.
Fabio è un ragazzo forte.
Ma quanti, ogni giorno, sono lasciati soli al loro destino.
Quanti sono solo merce di scambio o pacchi postali?
Quanti saranno chiamati ad accusare o scegliere un genitore?
Ma chi ascolta il dolore dei bambini?
avvocato Gian Ettore Gassani.