La speranza é la mia alleata, il tempo mi uccide, e la paura mi attanaglia il ventre. Vivo per ciò a cui aspiro, aspiro a ciò, per ciò che son diventato. Un cane addestrato a combattere diventa un cane da combattimento. Un essere umano addestrato ad essere un schiavo, diventa un schiavo. La nostra posizione viene compromessa dall’intromissione di un disegno più grande. Un zoppo può diventare un grande guerriere. Gli basta un cavallo, e delle armi. Il privilegio é una parola usurpata, nemica all’Uomo, cattiva. Il privilegio separa i corpi e divide le anime. Il privilegio nasce dalla possibilità, e le possibilità di ognuno di noi segnano il lungo percorso da rifare per ritrovare l’umanità smarrita. La mia non é una voce, ma un rumore che nasce dall’interno cosciente e sfida la follia nostrana. Oltre a produrre l’energia nucleare, il nostro mondo ha creato mostri, fenomeni, ed alieni. I nostri parchi diventano delle pericolose trappole per i nostri bambini, i nostri giorni continuano ad allungarsi e ingrigirsi sempre di più, il nostro alito stesso diventa pesante ed arranchiamo più che viviamo. Dove sta il giusto in un mondo dove quasi tutti sperano? L’immaturità ha raggiunto un livello tale che non ci sta più da sperare in un mondo migliore? Il prezzo da pagare per il confort é troppo alto per le nostre anime, il passaggio da Caronte si fa sempre più tardi, ma gli spiriti sono sempre più appassiti. Il sapore stesso della vita si é disperso con la società. Il problema non é ora, ma alla base, e codesta base, ha raggiunto le nostre culture, facendone veicoli di calzate. Chi ha detto per primo il termine puttana non ha una madre. Chi per primo ha parlato di capitalismo aveva qualcosa da capitalizzare. Chi per primo arriva si merita tutti gli onori. L’Uomo come cosa, l’Uomo come strumento di competizione, l’Uomo come bestia in un arena. Il popolo é nobile. Riconosce la sua limitatezza nella violenza, accetta la sua passività nel combattimento, si ritiene in grado di fare altro, per vivere. Il popolo non prende le armi, ne ha paura, é mosso da una sola cosa, la sopravvivenza. E pertanto, il popolo conosce la terra e la natura, la rispetta e la coccola, la cura e la lavora, la vive per viverci. Ed é lo stesso popolo a riconoscere agli uomini violenti una fetta del loro lavoro, una parte del loro sudore. Per proteggerli, per evitare che altri uomini possano impossessarsi di ciò che gli avrebbe salvato. Il signore padrone, all’inizio contento di mangiare anche non coltivando, si impigrì, e decise di arricchirsi. Ed allora il popolo lavorava ancora più duramente, tutti i giorni, sempre di più. Ma i campi erano stanchi, come quelli del popolo, il cibo non bastava più, benché si coltivasse di più, i bambini morivano di stenti, le donne venivano spesso violentate. Il signore diventò tutto grazie al terrore. Ma il popolo si sollevò. Capii che un esercito non avrebbe mai potuto scagliare abbastanza frecce per uccidere il popolo, capii che non era una pianta ma la natura intera a rinverdire il mondo, ed allora si ribellò, ed uccise il signore che gli proteggeva. Gli altri signori ebbero paura, ed ordinarono ai loro cavalieri di raddoppiare i turni di guardia, ai loro scudieri e soldati di dormire in assetto da guerra. fecero costruire dei palazzi alti di pietra con dei fossi pieni di coccodrilli e serpenti delle palude. Il popolo mormorava. Aveva capito la sua forza, ed ora, conscia di essa, si apprestava a reclamare il giusto. I signori più intelligenti alleggerirono le loro imposte, rinunciando a qualche vestito di seta, e qualche prostituta nera o asiatica, altri, uomini convinti della loro divinità, osarono opporsi al popolo. Ma il popolo é tutto. E come sotto un rollo compressore, furono eliminati. I signori rimanenti si riunirono allora, e decisero di pagare le orde selvagge dei nemici dell’Oriente. Volevano far seminare il terrore per ristabilire il loro potere. Ma oltre a questo, avevano bisogno di dare al popolo ciò che cercava. Una via, una salvezza. Ed allora, gli diedero Dio. Oltre alla dittatura, instaurarono il terrore. Dio aveva una promessa; quella di una vita migliore. Il polo era stanco di spaccarsi la schiena, era stanco di sperare, era stanco della lotta, della rivalità tra gli uomini. Alcuni scelsero la via più semplice; quella di credere in Dio e morire su terra, ma molti altri invece scelsero di rimanere con i piedi per terra. Ed allora, ecco che i signori si uniscono in matrimonio con la chiesa, e la legge di Dio diventa quella del comune mortale, ed ecco che Dio si impone con i suoi strumenti di tritura e la sua brutalità, ed ecco che Gesù Cristo, Uomo saggio, filosofo incontestato del bene, veste i panni del figlio di Dio. Esso comanda, e mette anche a morte. Ma i signori volevano di più, per i loro figli, per la loro famiglia, per il loro prestigio. Milioni di miscredenti furono messi a morte, la chiesa, ed i signori, si imposero. Vollero sempre di più. ed il popolo si affamò sempre di più, e di nuovo, la pentola stava per esplodere. Cosa di meglio della guerra pensarono, e non meglio, fecero. La guerra santa, la guerra utile, quella che avrebbe portato benessere su un lato del pianeta provocando morte e disperazione dall’altra parte. Il sistema riuscì così bene che la chiesa diventò una potenza economica da cui non poterono più passarsi i signori. E così, a braccetto, cominciarono una nuova esplorazione del mondo, le tasche rimpinguate. nel frattempo, il popolo aspettava, gioiva di ogni vittoria dei suoi prodi cavalieri su codesti che venivano definiti selvaggi, ed attendeva il suo turno di diventare ricco. Tutti i bambini, sognavano di diventare signori, di avere donne a disposizione, oro, inservienti. L’esempio stesso della riuscita dell’essere umano si rifletto agli occhi del popolo disperato in quei uomini arroganti e prepotenti. Veri selvaggi dell’umanità, quei signori si coprivano di titoli che gli davano il diritto di abusare su altri uomini, e donne. Coperti di polvere in viso e tanto di parrucche, si divertivano a governare il mondo, impotenti despoti. Chi cerca di raggiungere l’alto si sente in basso. E così fecero sentire il mondo. Loro erano in alto, e prospettavano la loro situazione, tenendosela ben protetta. Per conto del reame, fecero delle leggi che chiamarono imposte e tasse. Finanziavano le loro orge con il lavoro del popolo, ed il popolo, sperava. Sperava quando fu scoperta l’America, sperava quando fu inventata la prima automobile, sperava quando il primo razzo con a bordo un umano raggiunse la luna, sperava quando i schiavi neri lavoravano enormi campi di grano e di zucchero nelle piantagioni dei nuovi paesi, speravano poi in Dio. Dio non arrivò mai. I signori, nuovi baroni, conti, arcivescovo, e tutto il resto della banda, si resero conto che non era più possibile controllare l’essere umano in ,modo così diretto e svergognato. Il controllo era la cosa migliore. Giacché esisteva il possesso, e giacché erano ricchi… Comprarono tutto ciò che permetteva all’Uomo di essere degno. levarono il lavoro di milioni di persone con il progresso da loro finanziato per le loro industrie. Crearono delle banche che di base non sono nient’altro che una serie di cassaforte dove il popolo ripone i suoi averi e con questi soldi fa delle transazioni rischiando il patrimonio di persone comune. I signori si comprarono tutto e così ebbero la possibilità di dominare il tutto. Dal momento in cui per mangiare, bisogna pagare loro, allora i conti tornano. La ricchezza non é alla disposizione di tutti. Appartiene di base a chi é già ricco e capita di rado al povero. La ricchezza generalmente nasce da essa stessa come i cromosomi della mamma o del padre passano al bambino. Il resto, è solo speranza, solo fumo. Quanti in realtà del popolo potranno entrare a far parte dell’etile. Pochi, molto pochi, le probabilità sono quelle di vincere cinquanta milioni di euro all’enalotto. Il popolo arranca perché ha perso piede, non ha più valore, non ha più Dio, almeno non nella persona della chiesa o della moschea. Il popolo é smarrito, cerca una via di mezzo dove infilarsi e respirare il profumo della serenità. Non é più la felicità ad essere in gioco nelle nostre esistenze ma bensì la serenità. Essa ci sembra la soluzione perché la felicità ci sembra troppo lontana. E un ripiego utile alle nostre menti scoraggiate. Il popolo non é più affamato di cibo ma bensì di emozioni, tutti i giorni passano, si assomigliano, e l’angoscia abita i nostri spiriti, il futuro é sempre più indefinito, siamo in gabbia. Il peso maggiore delle difficoltà, ricade sul popolo, esso perde il lavoro, esso perde la casa, esso perde la fede, e la speranza, complice, se ne va con un sospiro. I signori non sentono i pianti e le urla dalla loro barca ancorata al largo. Hanno guadagnato tanto, oggi si dispiacciono di perdere, e quindi, cambieranno la legge, o il governo. Sono tranquilli, non preoccupati. Per loro, la crisi ha tutto un altro senso. Bisogna solo aspettare, e nel frattempo, creare altre guerre. pazienza se qualche miliardo di euro, principalmente dalla tasca del popolo, andrà perso. Intanto, si godono l’ultima ragazzina egiziana, che ha delle cosce così consolatrici. Il tutto é mosso in un modo strano, machiavellico, che non prende in considerazione l’Uomo come Uomo, ma l’Uomo come strumento. Il popolo ha paura, ma soffre, e la sua soglia di sofferenza é vicina. Chissà cosa troveranno i signori da dargli in pasto. Esauriti i serial killer, passata l’onda dei clandestini, stentano a trovare ciò che distoglierà l’attenzione del popolo del loro vero obbiettivo. Forse nasceranno nuovi realtà. Ciò che i signori hanno capito é molto importante. Ogni Uomo é propenso al sogno, basta dargli un letto. Ed il letto c’é eccome. Largo, lungo, bellissimo, un specchio per allodole. Il popolo non sa come reagire, e ciò lo blocca. teme di sfasciare ciò che conosce, ma non sa reagire a ciò che subisce. Il popolo siamo noi. Io tu, lei, noi tutti. Ed ognuno di noi ha la sua personalità propria, ma ciò che predomina, é la voglia di essere felici. Anche avendo poco. Il popolo si é reso conto di contare solo perché utile e chiede invece di valere perché vivo. L’operaio non ha padroni ma é padrone solo di ciò che fa. Troppe ricchezze, troppe ingiustizie. Troppe ingiustizie, pochi sorrisi. pochi sorrisi, poca gioia. Poca gioia, poca felicità. Poca felicità, poca vita. poca vita, poco senso di esistere. Non é il problema dell’Ira o della Libya a dover essere risolto, ma quello del mondo. Al posto dei soldi, mettiamo il cibo, al posto del capitalismo, l’equità. Viviamo in un sistema anziano mai rinnovato perché soggetto a complicità fatte di passività e di silenzi. Il concetto di popolo stesso, cambia e muta forma nei nostri spiriti quando riusciamo ad entrare in confidenza con la vita. Il popolo francese non esiste quanto non esista il popolo napoletano. Fanno parte semplicemente del popolo degli uomini. La terra non può essere un giocattolo semplicemente diviso tra culture, religioni e valori. La terra é una, e volente o nolente, la dobbiamo convivere, nello stesso modo, nella stessa maniera. Il popolo tenuto all’oscuro di tutto, percepisce la grande quantità di beni, ma non di bene, sente di allontanarsi dalla sua natura stessa, ma si sente preso in trappola. Abbiamo bisogno di verità, di purezza, di chiarezza. Renderci conto di ciò che siamo davvero per cambiare e tornare ad essere giusti e felici. Il popolo é ciò che rappresenta la base, é la costante necessaria alla vita, é l’inizio e la fine del potere. Inconsapevole e mal guidato, diventa un arma contro se stesso. Ma chi si rivolta un arma contro sa di aver bisogno di aiuto, i psicofarmaci non bastano più. I Black Block ne sono la prova. Eccessi indesiderati da incesti. Il Napoli potrà regalare emozioni per un anno, o due, o forse tre, o forse il Milan, o l’Inter, o la Juve, o anche la nazionale. Forse sarà X Factor, o il grande fratello, o le prossime vacanze, o per i sogni regalati da qualche autore di libro o di film. Aspettiamo sempre per essere felice eppure sembra che la felicità non sia andata da nessuna parte. Il mondo é troppo brutale per i nostri sensi. Per troncare il sistema, dobbiamo riavvicinarci alla natura, e per farlo, abbiamo bisogno solo di noi. Il tocco di un fiore non può essere paragonato a quello di un ipad. Il sentore della natura non sarà mai quello dei profumi d’ambiente. Vogliamo e non possiamo, tocchiamo senza poter prendere. Basta.
Ouango Kiswendsida judicael