Dopo l’ennesima approvazione da parte della Giunta Accorinti del bilancio previsionale 2015 del Comune di Messina, approvato ben tre volte nel giro di 4 mesi, prima due volte a Dicembre 2015 e poi questa finale ennesima volta, la città può dire di aver assistito ad un tentativo di golpe. Un tentativo che è ancora in atto e che vorrebbe mandare Accorinti e la sua Giunta a casa prima della scadenza naturale della legislatura amministrativa.
Un tentato golpe, un colpo di mano, che ha trovato il suo fondamento nella tanto invocata sfiducia che le forze politiche di centro sinistra e per certi versi anche di centro destra hanno invocato a tutti livelli istituzionali. Un’interrogazione parlamentare di una sconosciuta Onorevole del PD, Michela Rostan, eletta in Campania e Salernitana nata a Polla, che pur non avendo niente a che fare con Messina parla come se i suoi non natali nello Stretto fossero stati certificati da generazioni di “buddaci”. “Messina non può restare ancora a lungo in questa situazione di limbo…senza che si possa disporre di adeguate risorse per programmare il rilancio della città, delle aziende partecipate del Comune e il pagamento di migliaia di debiti che hanno messo in gravi difficoltà imprese, professionisti e privati cittadini”, dichiara nella sua interrogazione.
Fermenti di sfiducia sbandierata anche a livello Regionale e locale da tutti i partiti, da FI al PD, da Picciolo a D’Alia, da Genovese, che se non parla fa parlare l’On. Bernadette Grasso, ad Alfano, sino ad arrivare al Consiglio Comunale dove la sfiducia si è sgonfiata davanti alla decisione di dover andare tutti a casa.
Fallita la sfiducia politica non è rimasto altro per mandare a casa Accorinti che il tentativo di farlo “commissariare” per incapacità gestionale della macchina amministrativa. I tentativi in questo senso ci siano stati, sono sotto gli occhi di tutti. L’atto d’accusa formulato alla Corte dei Conti, alla Regione e al Prefetto dei consiglieri Nina Lo Presti e Luigi Sturniolo con tanto di viaggio a Palermo è solo uno dei tanti tentativi di commissariare Accorinti, l’ultimo tentativo porta la data del 31 Marzo ed è la sfiducia presentata al presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone dai deputati di Sicilia Democratica e Sicilia Futura.
Dal tenore di questi atti e fatti ed al netto delle critiche e delle opinioni sempre legittime, sembrerebbe che l’amministrazione Accorinti ne abbia combinate così tante in tema di gestione economica e di bilanci comunali che si aspetta solo che la Guardia di Finanza intervenga ad arrestare tutti protagonisti per bancarotta fraudolenta
Ma è poi tutto oro quello che viene fatto luccicare davanti all’opinione pubblica? Andiamo per ordine ed iniziamo dall’ultimo evento in tema di gestione economica. La nota della Corte dei Conti in merito al bilancio consuntivo del 2014. In quella nota la corte parla di situazione economica irrimediabile, di un dissesto preannunciato e di un’impossibilità di recupero per il Comune di Messina. Tutto vero. In quella fotografia (il bilancio consuntivo del 2014), che è stata presentata dalla Giunta comunale a Giugno del 2015 e approvata dal Consiglio comunale solo tre mesi fa, alla fine di Dicembre del 2015, il Comune era ancora quello che era ai tempi bui dei 500 milioni di debito della Giunta Buzzanca.
Accorinti si era insidiato solo da un anno e mezzo, il piano di riequilibrio approvato a Dicembre del 2013 era da rimodulare come consentito dalla legge e ancora non si parlava di “finanza potenziata”, le nuove regole di contabilità degli Enti Locali che tanti problemi hanno creato al Comune di Messina e che sono il frutto dei ritardi nell’approvazione del Bilancio di previsione del 2015. Pertanto la Corte dei Conti non poteva che dare il giudizio impietoso che ha dato. Se questo è vero, è altrettanto vero che in base all’art. 148 del TUEL i Comuni, quindi anche la Giunta Accorinti, ogni sei mesi devono relazionare alla Corte dei Conti sullo stato economico dell’Ente. Questo significa che dal 2013, anno d’insediamento di Renato Accorinti, la Corte dei Conti ha ricevuto ad oggi ben 5 rapporti sullo stato economico del Comune e se ancora non si è provveduto al commissariamento questo qualcosa dovrà pure significare.
Ma forse quello che meglio dimostra il tentativo di golpe nei confronti della Giunta Accorinti è la lotta politica e intestina, ammantata di numeri e di riforme economiche, che si è svolta sul bilancio previsionale 2015. Bilancio che ancora deve essere approvato dai revisori dei conti e dal Consiglio Comunale.
Precisiamo subito un dato incontrovertibile, il bilancio previsionale 2015 è stato presentato dalla Giunta in ritardo, ciò non significa che l’Ente è morto, che la luce nelle strade cittadine è stata tagliata per morosità, oppure che le scuole chiudono, gli stipendi non si pagano e la gente è costretta ad andare in esilio e a sfollare in massa. La dimostrazione che si è data troppo importanza ai termini d’approvazione del bilancio, il cui mancato rispetto è stato visto da molti come l’inizio dell’apocalisse amministrativa di Renato Accorinti, la troviamo proprio nelle date previste dalla legge.
Il periodo a cui fare riferimento, come ogni anno, è il mese di marzo e nel nostro caso marzo 2015. Oggi siamo ad aprile 2016, ma nelle more vi sono stati ben tre rinvii predisposti dal Ministero dell’Interno che hanno posticipato la data d’approvazione dei bilancio di previsione a settembre/ottobre 2015 per la difficoltà dei comuni a recepire le nuove regole di contabilità. A Messina, in particolare, si è stati costretti a ricorrere ai “badanti”, gli esperti del Centro Studi degli Enti Locali di Pisa, i quali insediatesi a Gennaio hanno subito messo mano alla predisposizione della delibera di Riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi. Ma non basta, perché la Corte dei Conti ha preteso che la trasmissione degli atti avvenisse attraverso un nuovo strumento informatico di trasmissione, di cui ovviamente il Comune era sprovvisto.
Non volendo entrare nei tecnicismi, basti pensare che la mancata conoscenza di queste nuove regole economiche solo un paio di mesi fa aveva fatto gridare in consiglio comunale, subito ripreso dagli organi di stampa, allo scandalo. Quando, tra l’approvazione del consuntivo 2014 e uno degli schemi del bilancio di previsione del 2015 presentato a dicembre, sembrava fossero scomparsi ben 35 milioni di debito “in una sola notte”. Poi si viene a sapere che si era trattato solo di un novo modo di considerare i residui passivi e che pertanto quei debiti che non erano più giustificati potevano essere cancellati.
Si pensi ad esempio agli impegni di spesa per delle opere che poi non si realizzano nei tempi previsti, come spesso accade quando le ditte che non si sono aggiudicate l’appalto fanno ricorso al TAR e i tempi si allungano in modo esponenziale. Quindi, un’opera che doveva essere fatta nel 2010 ancora nel 2015 non ha la ditta vincitrice che possa eseguire i lavori come previsto da anni. In questo caso, dicono le nuove regole di contabilità, è inutile che mantieni l’impegno di spesa perché l’obbligazione non si è perfezionata. E’ per questa scoperta dell’uovo di Colombo, insieme alle altre norme sulla nuova contabilità dell’Ente, che l’Assessore al Bilancio Signorino ha potuto parlare di nuovi benefici economici per il Comune di Messina. Perché è chiaro che se cancelli i debiti e trasformi gli impegni in avanzi hai un attivo di cassa.
Se a questo aggiungiamo le tensioni scaturite dalle dimissioni presentate a febbraio dal Presidente dei revisori dei conti, Dario Zaccone, al quale la Corte di conti con la delibera di marzo 2015 sulle nuove regole della contabilità degli Enti Locali, ha affidato nuove e più rilevanti competenze proprio sul riaccertamento dei residui e sulla finanza potenziata, la nomina di un commissario regionale che ha messo in mora la Giunta Accorinti per i ritardi nell’approvazione del previsionale 2015.
Ed infine, la lettera con la quale l’Assessore al Bilancio Signorino ha interrotto il termine di dieci giorni posti dal commissario regionale per l’approvazione del bilancio, scaduti i quali Accorinti sarebbe dovuto andare al casa, possiamo comprendere meglio come dietro ai numeri vi sia stato anche in questo caso un tentativo di mandare a casa Accorinti.
La cartina di tornasole è stata la discussione che si è svolta in commissione bilancio, il 7 Marzo 2016, tra il Direttore Generale Le Donne e il Presidente dei Revisori di Conti Dario Zaccone. Oggetto della discussione è stato proprio l’interruzione del termine di 10 giorni dato dal commissario regionale. Il termine è stato interrotto perché, dichiara il Direttore, “la documentazione sul riaccertamento dei residui è stata consegnata ai revisori dei conti e solo dopo il loro parere, la giunta potrà procedere all’approvazione del bilancio di previsione 2015” (entro i restanti 2 giorni dall’ultimatum concesso dal commissario regionale). In altri termini, l’ulteriore ritardo è imputabile ai revisori contabili. Ovviamente, il Presidente Zaccone non ci sta e risponde per le rime non comprendendo come la delibera sul riaccertamento dei residui possa essere connessa con il bilancio previsionale 2015. “Il riaccertamento prescinde dall’approvazione del bilancio di previsione, infatti andava approvato contestualmente al consuntivo 2014. Come tanti altri (atti), chiaramente è un atto propedeutico, continua Zaccone, ma la sospensione dei termini connessa ad un’inadempienza del collegio che comporterebbe ritardi nel bilancio di previsione è un fatto non direttamente connesso”. Lasciamo ai lettori il piacere di leggere la risposta di Le Donne, nel verbale in formato in PDF allegato, che diplomaticamente risponde in termini francamente complicati e burocratesi.
A noi basta considerare che se, come dichiarato dal Presidente dei revisori, “la Delibera sul riaccertamento dei residui doveva essere presentata già all’approvazione del consuntivo 2014”, non si comprende più perché gli stessi revisori dei conti davanti al consuntivo 2014, senza riaccertamento, hanno espresso parere positivo e invece davanti al previsionale hanno preteso il riaccertamento tanto da non aver ancora emesso il parere dovuto per legge.
Teniamo conto che i due provvedimenti, sia il consuntivo 2014 che il previsionale 2015 erano stati presentati dalla Giunta Accorinti entro il dicembre del 2015. Solo che se non si approvava il consuntivo 2014 entro il 31 Dicembre ad andare a casa sarebbe stato il Consiglio Comunale. Infatti, anche per loro la Regione aveva nominato un commissario che aveva posto un ultimatum.
Invece, nel caso del previsionale 2015, ancor oggi sfornito del parere dei revisori dei conti, e quindi non ancora nella disponibilità del Consiglio Comunale, ad andare a casa sarebbe stata la Giunta Accorinti se non ci fosse stato quel colpo di genio dell’interruzione dei termini a firma dell’Assessore al Bilancio Signorino.
A questo punto, senza voler mettere in dubbio l’operato tecnico-contabile dei Revisori dei conti che altro non hanno fatto che pretendere quello che le nuove regole contabili prevedono, non resta che trarre le conclusioni e riconoscere che se molto di questo corto circuito sui bilanci è dovuto alla macchina amministrativa, vecchia e non aggiornata tanto d’aver bisogno di badanti, altrettanto peso deve essere dato a tutte le componenti politiche del panorama Nazionale, Regionale e locale, e da cui non possono essere sottratti neanche i revisori dei conti che sono nominati secondo le maggioranze del Consiglio Comunale e a sua tutela, che oggi compatta vuole mandare a casa Renato Accorinti.
@PG