Alessio Ciacci rinviato a giudizio

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Alessio Ciacci
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L’ex Commissario della Messinambiente, Alessio Ciacci rinviato a giudizio per una presunta diffamazione dell’Ing. Natale Cucè. Si è tenuta nella seconda settimana di settembre l’udienza preliminare davanti al GUP del Tribunale di Messina, il quale pur non entrando nel merito della vicenda ha riscontrato elementi tali che hanno comportato il rinvio a giudizio di Ciacci e la necessità di una successiva fase dibattimentale nella quale accertare se vi è stata o meno diffamazione. La prima udienza per accertare se Alessio Ciacci, l’uomo venuto dal Nord e fortemente voluto da CMdB, ha commesso o meno  diffamazione nei confronti dell’allora Direttore Tecnico della Messinambiente, Natale Cucè  è stata fissata al 1 febbraio del 2019.

Oggetto della diffamazione è una lettera del 13 giugno 2015 con la quale l’allora commissario liquidatore presentò il suo atto d’accusa contro l’Ing. Natale Cucè e lo fece richiamando una pregressa vicenda del 2012/2014. Quella della società Mediterranea e del suo amministratore, che avrebbero ricevuto presunte pressioni dell’allora Commissario De Maria e dello stesso Ing. Cucè, affinché si procedesse all’assunzione di due soggetti terzi.

Quando la lettera fu spedita all’amministrazione Accorinti, l’Ing. Natale Cucè era stato licenziato in tronco dallo stesso Ciacci già da un paio di mesi e le motivazioni del licenziamento, mai espresse chiaramente, avevano formato oggetto di un ricorso acceso presso il Tribunale del Lavoro. E’ noto che il procedimento presso il Tribunale del lavoro si chiuse successivamente con una transazione tra le parti, che di fatto impedirono al Giudice di entrare nel merito della vicenda. In questo senso, la lettera del 13 giugno 2015 è stata vista da più parti come un tentativo tardivo del commissario liquidatore di riempire di contenuti quel famoso licenziamento in tronco che tanto scalpore fece allora. Ed è proprio il contenuto di questa lettera, con i suoi allegati, che forma oggetto dell’odierno procedimento per diffamazione.      

 I tempi della giustizia non sono quelli della realtà quotidiana ed il rinvio a giudizio non è una sentenza di condanna, ciò non toglie che la storia che vede ad oggetto la presunta diffamazione possa gettare una luce su un certo modo di gestire la Messinambiente e uno sguardo ad un sistema, quello del ciclo della spazzatura a Messina, che tra minacce di fallimento e debiti per decine e decine di milioni, oggi ha portato ad un tentativo di concordato preventivo con i creditori e alla costituzione di una nuova società, la Messina Servizi Bene Comune, la quale dopo più di sei mesi dalla sua costituzione è ancora ferma al palo.  

Il procedimento per diffamazione, come già detto, si fonda su una lettera che il Ciacci avrebbe scritto al socio della Messinambiente e Sindaco di Messina, Renato Accorinti e riguarda quel periodo di travaglio in cui la spazzatura per le strade non si riusciva a raccogliere, non si svolgeva il servizio di spazzamento e la società vedeva lo spettro del fallimento come un percorso obbligato e predestinato.

Il contenuto della lettera e gli allegati al procedimento, invece, vertono sulle presunte pressioni ricevute da una società a cui da tempo veniva affidata la riparazione delle macchine e auto aziendali. Almeno sin dal 2011 la Mediterranea era la società a cui più frequentemente la Messinambiente si rivolgeva per la riparazione dei camion e dei mezzi. Secondo una nota circostanziata dell’amministratore unico, Marcello De Vincenzo, la società avrebbe ricevuto pressioni dai vertici della Messinambiente affinché fossero assunte due persone. Tali signori, un primo tempo, sarebbero stati assunti a tempo determinato e successivamente non più confermati per le difficoltà economiche in cui si trovava ad operare la società e questo proprio perché non riceveva regolarmente i pagamenti da parte della Messinambiente.  Ma non basta e dopo una prima assunzione i tentativi di farli riassumere, secondo la nota del De Vincenzo, si sarebbero ripetuti anche durante il 2012 e a fronte dell’ennesimo rifiuto, la Mediterranea si sarebbe vista sensibilmente diminuire gli interventi di riparazione. E’ in questa nota che si fanno i nomi del vecchio Commissario liquidatore della Messinambiente, De Maria e del Direttore Tecnico, nominato nel 2014 proprio da Alessio Ciacci, L’ing. Natale Cucè.  I fatti riportati, insieme alle dichiarazioni dei partecipanti, vengono riportati e poi richiamati nella lettera del 13.06.2016 trasmessa all’amministrazione Accorinti. Questa vicenda, i fatti e le dichiarazioni, mendaci o meno che siano, pur formando oggetto del prossimo giudizio di diffamazione, acquistano una loro autonoma rilevanza perché s’intersecano con l’altra vicenda che ha interessato le parti. Il licenziamento in tronco dell’Ing. Cucè e nasce proprio da questo intrecciarsi delle due vicende la necessità dell’intervista che segue, premettendo che Alessio Ciacci pur sollecitato non ha voluto rilasciare dichiarazione alcuna.     

“Il 27 Marzo del 2015 Ciacci mi licenzia in tronco per giusta causa e senza nessun preavviso. Mi contesta che ho fatto delle potature, per conto del Comune di Messina, di cui lui non sapeva niente, questo è l’antefatto, che la piattaforma era sporca, anche se il responsabile era un altro…Dei futili motivi a cui io avevo dato ampia risposta.

Ma perché quest’atteggiamento d’acredine nei suoi confronti?

Bisogna fare un passo indietro, quando lui è arrivato la società, già in liquidazione, sembrava destinata a fallire e la raccolta aveva un andamento di alti e bassi. Il procedimento penale contro l’ex commissario De Maria, Nino Inferrera e le ditte coinvolte ancora doveva essere avviato, anche se gli uffici vedevano ogni giorno la presenza delle forze dell’ordine.

Ritornando alla sua domanda, le motivazioni non le ho capite perché gli risolvevo tutti i problemi e gli levavo tutte le castagne dal fuoco, tanto che inizialmente mi nomina Direttore Tecnico al posto del precedente che era andato in pensione. Dopo una vita da mediano, in cui avevo ricoperto vari ruoli dirigenziali non apicali, il primo settembre del 2014 divento Direttore Tecnico. Questa nomina non è stata evidentemente digerita dal gruppo di potere che c’è dentro a Messinambiente. Un gruppo che è inamovibile da sempre e che è stato posizionato dalla vecchia dirigenza in tutti i posti chiave, lo stesso gruppo che ha spinto per il mio licenziamento.

 In questo periodo, anche se non riesco ad incidere nell’organizzazione dell’azienda, incomincio a introdurre delle novità procedurali per cui tutte le autorizzazioni di spesa (acquisti, appalti ecc) dovevano essere da me supervisionate. E’ ovvio che questo ha dato fastidio ed è anche questo il periodo in cui chiesi, inutilmente, a Ciacci di fare girare i caposettore e riorganizzare il personale apicale. Quindi da una parte io avevo tutte le responsabilità e dovevo rispondere anche del singolo sacchetto della spazzatura e dall’altra parte non potevo organizzare il lavoro con personale di mia fiducia, da mettere nei settori chiave. Ero costretto a lavorare con personale inaffidabile o incompetente e che operava in maniera non conforme alle mie direttive.

A questo punto tutto il gruppo dei funzionari che voglio fare ruotare, che voglio responsabilizzare e in qualche modo fidelizzare, si coalizzano contro di me. E Ciacci si trova 6/7 persone, che rappresentano tutta l’azienda, che gli dicono che non sono capace, che sono troppo autoritario, che voglio licenziare, e che, in definitiva, ha sbagliato a nominarmi Direttore Tecnico. Nasce da questo contesto la nota disciplinare, risibile nei contenuti, che preannunziava il licenziamento e a cui io ho peraltro risposto confutando ogni singolo punto.

Dopo 45 giorni e al di là di qualsiasi norma giuridica, periodo nel quale continua a darmi incarichi e a farmi i complimenti, se ne spunta in ufficio con Rossi, un avvocato, la Responsabile del Personale e mi consegna la lettera del licenziamento in tronco. Scioccante. Titoloni sui giornali, la porta dell’ufficio sigillata e una spettacolarizzazione della vicenda tale da far pensare a chiunque che avessi commesso chi sa quale gravissimo fatto. Domande e spiegazioni che pur richieste da più parti al Ciacci non hanno mai ricevuto una risposta chiara. Amplificando mediaticamente e in questo modo sempre di più la vicenda. 

Successivamente, quando mi oppongo presso il Tribunale del Lavoro, Ciacci e company si accorgono che gli addebiti della potatura o che la piattaforma era sporca non sarebbero stati sufficienti a giustificare il licenziamento in tronco davanti al giudice del lavoro. Lo stesso Rossi mi dice di non fare casino e che alla prima udienza tutto si sarebbe risolto.

Solo dopo sono andato a parlare con Renato, nella qualità di socio dell’azienda ed ancora nessuno sapeva le reali motivazioni del mio licenziamento. A questo punto l’amministrazione Accorinti richiedeva al Ciacci di reintegrarmi nel posto di lavoro ma lo stesso poneva un netto rifiuto, pur non riuscendo a giustificare il grave provvedimento preso nei miei confronti, in mancanza di gravi fatti da riferire. Ecco che davanti alle insistenze sulle motivazioni del licenziamento e dopo due mesi d’indagini in cui non ha trovato niente nei miei confronti, pur avendo studiando tutte le carte sequestrate nel mio ufficio e pur dopo essere entrato nel computer aziendale affidatomi, a metà giugno, spedisce la lettera oggetto della diffamazione.

 In altri termini e con questa lettera, Ciacci non ha fornito i motivi del licenziamento, che sarebbero dovuti essere contestati nell’immediatezza e con la stessa lettera con la quale mi aveva licenziato, ma ha voluto comunque gettare discredito sulla mia figura professionale, attribuendomi dei presunti intrallazzi. Peccato, per lui, che tutto quello che è riportato nella lettera è falso e per questo ho proceduto alla querela. Ho motivo di pensare che dietro quel presunto mendacio riportato dal Ciacci, vi sia tutto quel gruppo di persone a cui facevo riferimento, ma questo sarà oggetto della fase dibattimentale del processo.

Politicamente chi si è trovato contro e chi a favore?

A favore e prima della transazione ho trovato una porta aperta in Renato, quale Socio dell’azienda, nel Direttore Generale e in quella parte della Giunta che faceva capo all’Assessore Signorino, contro l’Assessore Ialacqua e tutto il movimento CMdB convinti, come ancora oggi sono, che Ciacci abbia lasciato l’incarico di Commissario anche a seguito di questa triste vicenda. Basti riflettere sulla tempistica, a Giugno Ciacci manda la lettera, a Luglio si dimette e ad Agosto io vengo reintegrato. Ma è una lettura parziale: i problemi di Ciacci con l’amministrazione erano ben altri, compreso il dimezzamento del suo compenso a seguito di un adeguamento normativo.

Perché ha accettato la transazione?

Perché nel licenziamento per “giusta causa” anche se avessi potuto prendere, in caso di vittoria, un mucchio di soldi a titolo di risarcimento, non è detto che avrei riottenuto la reintegrazione nel posto di lavoro, pertanto dopo aver rinunciato a tutti i risarcimenti, ho preferito transigere.

Qual è il suo compito oggi?

Il mio compito dal 3 Luglio scorso, dopo due anni di incarichi minori, è limitato alla bonifica del territorio ed alla risoluzione dell’emergenza che ha frequentemente attanagliato la città negli ultimi due anni. Sono riuscito, in qualche modo e con l’aiuto di collaboratori molto validi, a riorganizzare il servizio di raccolta e trasporto rifiuti, ho ripristinato lo spazzamento meccanizzato, ho ricostituito la squadra di scerbatura e bonifiche, sto recuperando tutte le zone di spazzamento arretrate…  ma c’è sempre qualcuno all’interno che, logicamente, rema contro, e qualcuno che non è contento. Come ad esempio l’Assessore Ialacqua, che da quando se ne è andato Ciacci…ha preferito interloquire con un altro Direttore Tecnico, nonostante gli evidenti disservizi e i disagi patiti dalla cittadinanza.

Non potevamo non concedere all’Assessore al ramo Daniele Ialacqua il diritto a replicare ai rilevi mossi dall’Ing. Cucè.

Primo, l’assessore al ramo non entra nella gestione interna dell’azienda. Vi è ancora chi è ostaggio dei tempi in cui l’Assessore al ramo o il Sindaco dicevano: spostami quello, fai fare questo a quello, fammi pulire quella strada. Ecco, io non faccio cosi. Il Presidente o il Commissario dell’azienda hanno il compito di gestire la società e noi quello di metterli in condizione di gestire la società, con le risorse e con i mezzi, come abbiamo fatto. Secondo, come Assessore interagisco come Messinambiente da 4 anni mentre Cucè vi è da 10 anni.  Quindi, in 10 anni avrebbe avuto anche lui modo d’intervenire su molti aspetti.

Terzo, Cucè che ha giustamente firmato la transazione, oggi sta premendo per passare all’Amam.  Pertanto mi sembra strano che intervenga ora, in fase finale, sul come si sarebbe dovuta gestire la Messinambiente quando poi si sta pensando di passare ad un’altra partecipata.

Infine, su Ciacci ribadisco la mia posizione e quindi la mia totale fiducia e il ringraziamento per il lavoro che ha fatto, lasciando alla magistratura le questioni giudiziarie. In ultimo, sulla vicenda del licenziamento ho sempre detto, anche pubblicamente, che ero contrario sia per il mio impegno politico che per il mio modo di pensare. Questo perché il licenziamento in tronco rientra in una visione padronale dell’azienda che non mi appartiene.

@PG        

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