Non battono più le tastiere dell’“Ora” di Palermo. Si è tutto fermato a quel maggio del 1992, con un arrivederci in prima pagina, dopo una stagione lunga quasi un secolo. Da anni gli archivi dovrebbero essere a portata di click, un patrimonio comune, ma il destino toccato loro è assai più triste: qualche anno fa se ne è annunciata la vendita. Un po’ come si fa per la paccottiglia e per l’usato. Una bestemmia, è ovvio, per chi ha guardato con ammirazione e stima alle colonne portanti di quel periodico, dei veri e propri intellettuali, e per chi in quel giornale ha iniziato la propria carriera: Vincenzo Vasile (oggi firma storica dell’“Unità”) e Franco Nicastro (oggi consigliere dell’Ordine dei giornalisti) da tempo stanno cercando in tutti i modi di restituire dignità e larga fruizione a quelle pagine audaci, che dovrebbero essere fonte di idee per tutti coloro che si affacciano al mondo dell’informazione. Un’intervista a Vasile, quindi, che ne è stato l’ultimo direttore, ci è sembrato un buon modo per fare il punto della situazione, ripercorrendo anche i momenti di una stagione che non esiste più.
Nel 1992 l’Ora salutava i propri lettori con un “arrivederci”. Ha abbandonato la piazza in un momento particolare, alla vigilia delle stragi. Quanto era forte il peso di questo giornale nel panorama siciliano?
L’ editore pensò bene di chiudere il giornale dopo una risalita nelle vendite e dopo il delitto Lima. Nelle edicole cercarono dal nostro giornale una lettura dell’assassinio del viceré
simbolo del potere politico mafioso. Sulla base di un colloquio con Falcone scrivemmo che erano saltati equilibri che sembravano consolidati, che “era saltato il tappo della bottiglia” (fu quella frase di Falcone). e ci interrogavamo su quello che sarebbe accaduto. Le stragi erano nel conto, così come era nel conto il tentativo di intraprendere una pericolosa trattativa tra mafia e stato. se fossimo rimasti in edicola saremmo stati sicuramente scomodi testimoni delle stragi e della trattativa
Inchieste e approfondimenti erano il punto di forza della redazione. Quale era lo spirito che animava i giornalisti?
L’Ora pubblico primo giornale del mondo – un’inchiesta sulla mafia sin dal 1958. E per risposta ebbe un attentato dinamitardo in tipografia. Quel giorno rispose con una prima pagina che bisognerebbe ristampare ancor oggi ogni qual volta la libertà di stampa viene violata: la mafia ci minaccia, l’inchiesta continua. Quando mossi i miei primi passi professionali in quella redazione un insegnamento mi fu chiaro: che non c’è giornalismo senza inchiesta. Le pagine migliori della storia del giornale L’ora sono quelle in cui questo insegnamento venne realizzato. C’era stato negli anni precedenti alla mia breve direzione un appannamento di quell’insegnamento del direttore rifondatore Vittorio Nisticò. E un allentamento dei legami con la città e con i lettori. Avevano persino chiuso la pagina delle lettere e delle segnalazioni della cronaca più minuta, sotto la testatina “la città parla”. Stavamo cercando faticosamente di risalire la china, e stavamo per farcela. La decisione della chiusura del giornale nel 1992 – pur motivata dalla crisi finanziaria della società editrice – derivava dall’incapacità di valutare prospettive e possibilità di espansione del giornale e di comprendere insieme la gravità della situazione che sarebbe sfociata nelle stragi. Una redazione , pur prostrata da tagli e sacrifici aveva saputo dimostrare che potevamo farcela, ma venne sacrificata a beghe interne al partito-editore.
Oggi ci sono più voci libere e più canali di informazione. Secondo lei quali sono i tratti salienti della comunicazione di oggi?
Non conosco bene la situazione siciliana, ma in generale vedo un ribollire – confuso ma positivo – di iniziative, per così dire, dal basso. Ma se dai blog e dalle cripto testate online queste voci nuove non troveranno uno sbocco in un giornale vero (certamente da rimodellare sfruttando nuove tecnologie, ma un giornale) si rischia di tornare alla situazione degli anni settanta. Quando con tanto entusiasmo e curiosità cominciai a fare questo mestiere, proprio nella redazione del giornale L’Ora. piazzetta Francesco Napoli, dove oggi c’è – credo – la sede dell’Agenzia delle entrate
Da qualche anno si parla degli archivi storici che sono stati acquistati dalla Regione Siciliana. Dovevano essere già disponibili online . Cosa è successo?
Sto cercando di presentare attraverso il cento Pio La Torre un progetto per la digitalizzazione e la messa on line dell’archivio del giornale. Il materiale occupa diversi armadi e scaffali della Biblioteca regionale che ha il merito di averlo ordinato e catalogato, dopo che fortunosamente venne recuperato e acquistato dalla regione siciliana, durante l’ormai dimenticato governo presieduto da Pippo Campione. C’erano fondi europei disponibili per la digitalizzazione che consentirebbe di navigare nel mare magnum di quelle carte che custodiscono il cuore dell’attività del giornale: un po’ come quei reperti dell’antichità che rivelano insospettate forme di vita nascoste dopo tanti anni di abbandono. Il liquidatore aveva messo in vendita il giornale vent’anni fa con quattro righe su un giornale di annunci gratuiti: cedesi archivio di giornale quotidiano. Alcuni ex de L’Ora Antonio Calabrò sul sole 24 ore, Franco Nicastro sul secolo decimo nono, io sull’Unità lanciammo un appello perché la Regione acquisisse l’archivio che era finto nelle mani di un privato. Adesso si tratta di rendere disponibile allo studio e alla riflessione quel materiale.