La memoria mutilata di Genova: tra tabù di Stato e nuove mobilitazioni.

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Foto di una delle manifestazioni del Genoa Social Forum del 2001
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19, 20 e 21 luglio 2001. Queste le date del Genoa Social Forum, un evento che ha coinvolto più di trecento mila persone provenienti da tutte le parti del globo. Un evento che segnerà fortemente il movimento del Popolo di Seattle, contro la TINA (There Is Not Alternative) che ha organizzato e che è stato il protagonista delle manifestazioni di fine anni ’90.

Immagine di Milo Manara, tratta da Facebook.

No Global è la denominazione che viene assegnata dai giornali mainstream. Un NO preponderante a quel fenomeno storico che influenzerà gli anni successivi, ovvero la globalizzazione. Il NO non indica l’essere contrari ad un mondo sempre più collegato e globalizzato, ma vuol significare il rifiuto delle decisioni prese dai Grandi della Terra contro la maggioranza della popolazione globale che doveva restare inerme.  

Sarebbe meglio, infatti, indicare i no global come movimento altermondista, ovvero per un’altra globalizzazione. Una globalizzazione che si basi sulla vera giustizia sociale, su un mondo ecologico e sul crollo della cosiddetta guerra infinita, ovvero quella tensione continua che è stata la protagonista delle relazioni internazionali dall’11 settembre 2001 in poi.

Il popolo di Genova ha visto tra le sue file sia i cattolici che i centri sociali, sia gli scout che i sindacati, sia i gruppi disobbedienti che i movimenti ecologisti. Gli altermondisti erano un gruppo eterogeneo, composto da differenti schieramenti e da migliaia di persone che hanno lottato contro l’espansione di un modello di globalizzazione ingiusto ed iniquo.

 

Carlo Giuliani, la legittima difesa e la mattanza:

Oltre al Social Forum, Genova è molto altro. Genova è politica. Genova è immaginazione e speranza. Genova è Carlo Giuliani.

Carlo Giuliani

Carlo Giuliani è un giovane di 23 anni. Un attivista, un manifestante che, come tanti, era lì per chiedere giustizia sociale. Come racconta la sorella Elena Giuliani, Carlo quella mattina doveva andare al mare. Aveva il costume addosso. Ma il 20 luglio si era unito alle proteste. Alle 17:27 la sua vita è stata stroncata da un carabiniere che ha sparato per legittima difesa. Così riportano sia le sentenze dei tribunali nazionali, che quelle dei tribunali internazionali.

Nonostante il caso Giuliani, la stessa Corte di Strasburgo condanna fortemente la gestione dell’ordine pubblico da parte dell’Italia.

Soffermarsi sugli abusi in divisa perpetuati nella scuola Diaz, nella Caserma Bolzaneto e la morte di Carlo Giuliani è davvero fondamentale. Ma già numerose testate raccontano cosa è avvenuto. In questo articolo ci soffermeremo sulla memoria di Genova.

Il trauma mai elaborato

Vent’anni dopo il Social Forum, Genova e il movimento No Global non sono stati più gli stessi. Quelle tre date, difatti, hanno un valore di cesura e rottura con le manifestazioni successive. Dal 21 luglio 2001, il movimento si è spezzato o, per meglio dire, ha visto una netta interruzione. La violenza di Stato, l’abuso delle forze dell’ordine hanno suscitato un serio trauma nella mentalità collettiva. Trauma, come afferma Tonino Cafeo, giornalista e attivista presente al Genova Social Forum del 2001, “che non è stato mai elaborato dallo stesso movimento. Sino al 2005, 2006 c’era chi chiedeva di raccontare del G8 di Genova. Da lì in poi, questa cosa è andata perdendosi. Probabilmente, per una mancata elaborazione, per la mancanza di un lavoro di costruzione di una memoria storica piuttosto di una esperienza traumatica.

L’assenza della memoria storica segnerà sia i movimenti successivi e, soprattutto, le generazioni successive. Difatti, il G8 di Genova, ma anche la semplice formula G8 (oggigiorno G7 dopo l’esclusione della Federazione Russa) o G20 non sono all’ordine del giorno nei programmi scolastici.

Genova e il tabù di Stato.

All’interno del nostro contesto scolastico sono tanti gli elementi mancanti come il G8, come gli anni di Piombo. Sono tematiche che la scuola pubblica italiana non vuole neanche affrontare.” A dirlo è Luca Redolfi, membro dell’esecutivo nazionale dell’Unione degli Studenti, una delle organizzazioni che era presente a G8 di Genova. “Il perché non vengono affrontate è da riscontrare nel ruolo della scuola del nostro Paese. Un ruolo che, come ha dimostrato la riforma della Buona Scuola, è quella di formare persone da inserire nel mondo del lavoro, e non quella di educare al pensiero”.

La mancata conoscenza dei fatti di Genova non è presente soltanto nel mondo scolastico, dove si potrebbe anche dichiarare che i liceali non hanno la maturità essenziale per comprendere ciò che è avvenuto a Genova. L’assenza di Genova è anche da riscontrare all’Università dove il G8 non viene quasi mai accennato se non da qualche trafiletto dei libri universitari.

“Il primo momento in cui ho appreso del G8” dice Stefano, laureando in Scienza Politica, “è stato mediante la visione del film Diaz. Non ne so niente delle contestazioni del G8 eccetto degli eventi della scuola.” Naomi, invece, laureanda in Storia, ha appreso dei fatti di Genova soltanto mediante la lettura di un trafiletto del libro del liceo. Entrambi riconoscono la mancanza di informazione sul Social Forum, sulle motivazioni che hanno animato il popolo di Genova. Entrambi sanno che il problema è come vengono affrontate le tematiche dell’attualità nel nostro sistema educativo.

Paradosso italiano.

A sinistra Alexi Tsipras

Il tabù del G8 di Genova si potrebbe definire come un fenomeno del tutto italiano. Nonostante la partecipazione numerosa a quelle giornate, le associazioni, i movimenti non sono riusciti rendere viva la foga, la rabbia e il dolore di quelle giornate.

Al centro Pablo Iglesias, Leader di Podemos, al G8 di Genova

Per Tonino Cafeo si tratta di “un vero paradosso. Le cose che ci hanno portato in piazza vent’anni fa si sono realizzate tutte. A differenza di quello che è accaduto in Grecia o in Spagna, noi non siamo riusciti a fare di questa esperienza un patrimonio condiviso ed una base politica.” In aggiunta Cafeo porta come esempio la presenza di futuri leader della sinistra europea come Alexis Tsipras e Pablo Iglesias, che dal seme di Genova sono riusciti a costruire una prospettiva alternativa al modello liberista preponderante e che sia coerente alle proposte alternative degli altermondisti di Genova 2001.

I frutti del 2001

A differenza di quanto si può credere, i frutti di quelle tre giornate di luglio 2001 non sono rimasti incolti. Sono difficili da riscontrare nella prospettiva odierna, ma come dichiara Don Ciotti la storia non è un continuum[…]ma indubbiamente è composta da capitoli connessi e intrecciati.”

Ciò è fondamentale per comprendere che Genova 2001, il movimento altermondista continua a vivere in molti dei movimenti successivi, come lo stesso Friday For Future (FFF). “Con toni diversi, l’eredità di Genova” dice Stefano “la ritroviamo anche in Occupy Wall Street e in Friday For Future.”

Non soltanto FFF è uno dei frutti del movimento altermondista. Difatti, anche per la stessa Unione degli Studenti, “Il G8 di Genova è stato uno dei primi contesti per poter riflettere assieme a molte altre organizzazioni di carattere nazionale e internazionale.” dichiara Luca Redolfi “E soprattutto ha potuto porre l’inizio di un’utopia che partisse dal cambiamento della scuola e finisse con il cambiare tutta la società.”

In conclusione, Redolfi aggiunge che si sta iniziando a lavorare per l’Eco Social Forum che dovrebbe coincidere con la Pre-Cop, ovvero la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, che si terrà a novembre a Milano.

La memoria mutilata.

La complessità degli eventi di Genova 2001 fa sì che la memoria storica, la conoscenza di quei fatti, sia sempre più rara tra le nuove generazioni e in chi, il 19-20-21 luglio del 2001, era lontano dalle proposte del Genoa Social Forum. In tale maniera, la storia del nostro Paese si compone, ancora una volta, di memorie mutilate che possono e devono essere ricomposte e riconnesse tra loro da chi ha vissuto sulla propria pelle gli eventi traumatici, divisori, che le classi Politiche spesso vogliono rimuovere dal vissuto collettivo.

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