Fa parte del sapere comune che l’ambiente condiziona il comportamento umano.
Se camminando di notte lungo una via poco illuminata, piena di graffiti e rifiuti si incontra uno sconosciuto è facile non sentirsi tranquilli. Lo stesso incontro di giorno lungo un sentiero in montagna probabilmente porta a sorridere e a salutare l’altra persona; eppure, il rischio che questa persona sia un criminale è lo stesso.
Se dunque è vero che l’ambiente condiziona sensazioni e comportamenti, questo vale per tutti quelli
che si trovano in quel determinato ambiente, e quindi anche i criminali: questo implica che il
contesto influisce anche sul verificarsi di eventi criminosi e sul senso di sicurezza.
Già nel 1972, Jacobs e Newman, parlavano di “Spazio Difendibile”… cioè la sicurezza ottenuta attraverso la progettazione di luoghi che “tolgono spazio al crimine” .
Dagli studi sul rapporto tra ambiente ed autori di reato, emerge che i criminali si comportano in modo “normale” la maggior parte del tempo, valutando razionalmente le opportunità di commettere reati sulla base della situazione contingente che si presenta loro.
Alcuni tipi di criminali urbani, ossia coloro che sono dediti ai furti in appartamento, delle auto o nei negozi, in particolare valutano attentamente l’ambiente circostante per verificare le vulnerabilità.
Partendo da ciò, ogni luogo può essere correttamente programmato, attraverso l’adozione di quelle azioni che rendano meno battuti, meno appetibili alla criminalità alcuni luoghi.
È chiaro che quando si parla di prevenzione del crimine non si può prescindere dalle forze dell’ordine e dalle azioni sociali per la creazione di politiche di sicurezza, ma è innegabile che la corretta pianificazione urbanistica (uso del territorio) e la progettazione architettonica (modalità di realizzazione degli spazi e volumi) possono essere strumenti utili per la prevenzione del crimine e l’aumento del senso di sicurezza.
Affinché si faccia vera prevenzione, bisogna pensare ai luoghi nell’ottica di un criminale.
Un criminale, prima della commissione di un reato valuterà l’accessibilità e mobilità del luogo. Un’area con connessioni scarse o di cattiva qualità, oltre ad affligge la vitalità dell’aera, aumenta il senso di disagio ed insicurezza. Di contro, troppe connessioni (soprattutto se inutili o sotto–utilizzate) aumentano le opportunità di commettere reati.
Il controllo degli spazi attraverso la presenza di telecamere, è un deterrente , ma risulta efficace solo se è evidente al criminale, cioè se nel caso di atti illeciti, il “controllore” agirà.
La presenza di “terre di nessuno” è un altro elemento che riduce il senso di responsabilità, la sorveglianza, il rispetto e si prestano a essere terreno di inciviltà, degrado e criminalità.
Per contrastare l’insicurezza percepita della popolazione nei confronti del crimine, sarebbe auspicabile che le periferie delle nostre città, si sviluppassero in maniera intelligente, pianificando lo sviluppo, prevedendo oltre ai casermoni, le piazze, parchi gioco per bambini, scuole, attività commerciali.
In molte città, a seguito delle costruzioni selvagge, sono state create delle mostruosità architettoniche, veri e propri quartieri dormitorio ghettizzanti, composti da case alveari.
Messina ad esempio, vanta la presenza diversi quartieri di questo tipo, si pensi ad quartiere Bordonaro, Santa Lucia, Villaggio Cep, per citarne alcuni.
Il processo di riqualificazione di questi luoghi è piuttosto urgente poiché rischiano di trasformarsi in luoghi brutti e abbandonati, non frequentati se non da soggetti che aumentano l’insicurezza, con le conseguenze che si possono immaginare o verificare.
Dobbiamo batterci contro gli spazi fantasma, i non luoghi; dobbiamo rendere vivibile ogni metro delle nostre città, siano esse aree periferiche o centrali.
Nicoletta Rosi