la religione del debito in tempi di «austerità»

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1.901,90 miliardi di euro. La stragrande maggioranza degli italiani faticano ad immaginarsi in tasca contemporaneamente 1.901,90 euro, figuriamoci quale sforzo mentale possa essere per loro soltanto pensare alla forma, al volume, all’odore, al suono di mille/novecento/due miliardi di euro. Eppure questi soldi dovremmo averli ben presenti noi italiani, dovremmo conoscere bene almeno il loro peso, che ci grava sulla schiena e ce la spezza ad ogni passo dentro e fuori casa. È l’ultimo dato della Banca d’Italia a consigliarci un’urgente visita dal fisioterapista. Il bollettino statistico mensile annuncia 4,4 miliardi in più rispetto a giugno, e così via via: 59 mld in più rispetto al 2010, 130 mld in più rispetto al 2009, 235 mld in più rispetto al 2008, 300 mld rispetto al 2007, 320 mld al 2006, 389 mld al 2005. In percentuale rispetto al PIL il debito pubblico italiano ha superato oggi la soglia del 120%, nonostante un Prodotto Interno Lordo in – quasi – continua crescita negli ultimi dieci anni. 1.901,9 miliardi di euro, arrotondabili a 1.902, sono il groppone degli italiani che gli italiani non sanno di portare in gola, e che determina ampiamente la forma di ogni politica economica di ogni governo nazionale; che determina ampissimamente la sostanza di ogni conto di fine mese di ogni famiglia italiana.

È fra le notizie di un commissariamento italiano da parte della Bce, in mezzo ai battibecchi della maggioranza ed al grande sonno delle opposizioni, nell’altalena finanziaria delle Borse europee, oltre le dormite del Presidente del Consiglio agli incontri del governo con le parti sociali, che si scorge la notizia di oggi, in un comunicato congiunto di Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari) e Federconsumatori, che rivela come ogni cittadino italiano appena venuto al mondo si porti con sé dallo scrigno materno non solo il cordone ombelicale, ma anche 31.700 euro di debito pubblico italiano. Il comunicato delle organizzazioni dei consumatori, mentre il premier pronunciava la famosa parola d’ordine – fino a 15 giorni fa’ così lontana dall’Italia – «austerità», trova anche una soluzione per un debito che oggi si attesta ad oltre 90mila euro per singola famiglia, senza risparmiare Bankitalia e Banca Centrale Europea: « La Bce, la cui credibilità agli occhi dei risparmiatori è pari alle screditate agenzie di rating, ha il dovere di togliere il veto sull’intangibilità delle riserve auree per consentirne la dismissione di almeno il 25%, come hanno già fatto tutte le altre nazioni europee, contribuendo al risanamento delle finanze pubbliche».

Lo sblocco delle riserve auree, in realtà, non eliminerebbe un problema che necessita di una lunga politica economica di recupero dell’indebitamento improntata sulla stabilità finanziaria del paese, prima condizione della quale è necessariamente il pareggio di bilancio, ma anche la spinta verso la rivitalizzazione dei consumi, un impegno serio a favore dell’occupazione, e l’assalto ai potentati economici – per questo è tuttavia necessario un programma politico internazionale. La realtà è che sul debito l’Italia è nata, cresciuta, è sta a poco a poco invecchiando ammalata. La realtà è che il debito è la vera religione dell’Occidente, il vero dio del «tutto e subito». Un dio punitore però, che riscuote sempre ciò che semina, naturalmente con gli interessi. Il debito italiano per un 56% appartiene ad italiani – non la maggior parte però, che sono debitori, e non creditori – , mentre per un 44% sta in vacanza all’estero. In particolare, facendo riferimento ai dati raccolti dal sito web LINKIESTA, i nostri amati creditori sono: per un 4% la Banca d’Italia, 15% altre banche italiane, 11.4% compagnie assicurative italiane, 5.5% fondi di investimento italiani, 14% investimenti privati italiani, 6.1% fondi italiani gestiti all’estero, 12.3% banche estere, 14.6% gruppi assicurativi esteri e fondi comuni europei, 6% investitori asiatici, 11.1% altri investitori internazionali. Come potrebbe lo Stato con questa lista fra le mani recuperare una sovranità assoluta da totalitarismo novecentesco ed abbattere il debito, cancellarlo con un colpo di mano, di gomma; eppure non lo fa, perché ha scelto il liberismo – più del liberalismo – e perché ha scelto la pace internazionale. E allora paghi lo Stato, paghi. Paghiamo noi che siamo lo Stato, anche se nessuno di noi ha mai chiesto allo Stato di indebitarsi, paghiamo noi ed è come se pagasse lo Stato.

Non è difficile capire come si concluderà questa crisi finanziaria. Le banche, sacerdoti del dio Debito, rimarranno ancora incolumi, unici suoi intermediari in un mondo allo sfacelo per colpa loro e di Stati e popoli idioti che hanno capito bene come si compra con ciò che non si ha. Non pagheranno le banche, perché se pagassero potrebbero perdere il vizio della crisi, a cui sono tanto devote. Pagheranno gli idioti che fanno finanziarie per comprare qualsiasi nullità, dai televisori ai vestiti firmati, come è giusto che sia. L’Occidente brucia, come dice Angelino Alfano, ma l’impressione è che sia stata più una frase per parare il culo al governo, piuttosto che per cercare un’alternativa realmente sostenibile al capitalismo dei teleschermi e degli imbecilli che vivono in case che non sono loro, guidano macchine che non gli appartengono, e sono schiavi riconoscenti ai padroni che li frustano a colpi di interessi.

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