La tragica vita delle migranti nigeriane.

La vita delle migranti nigeriane è segnata dal continuo sfruttamento sessuale, durante e dopo la tratta. Ecco il racconto dettagliato delle vittime della tratta. 

0
2216
foto di neonato allo sbarco dell'Ocean Viking a Messina nel novembre 2019. Foto di Franz Moraci
- Pubblicità-

La vita delle migranti nigeriane è segnata dal continuo sfruttamento sessuale, durante e dopo la tratta. Ecco il racconto dettagliato delle vittime della tratta. 

Nella speranza di un futuro migliore, ogni giorno centinaia di ragazze nigeriane intraprendono il Viaggio, imbrogliate spesso da matrone, ovvero da connazionali, che mostrano occasioni lavorative ben retribuite come parrucchiere o estetiste nei saloni di bellezza europei. E’ questa una delle motivazioni che convince molte donne, vittime di tratta, a partire verso l’Europa dalla Nigeria.

La tratta non è un luogo, né un itinerario. E’ una collocazione spazio-temporale tra la vita e la morte dell’essere umano. Per riprendere Schopenhauer si potrebbe dire che, tra la vita e la morte, si colloca la speranza che ha animato la scelta. La tratta dura anni. O può non finire mai.

La Nigeria

Cartina della Nigeria

La Nigeria è uno stato federale dell’Africa Subsahariana. E’ il primo produttore di petrolio nel continente: il fatturato dell’industria è di circa 27 miliardi di dollari con una produzione di circa 270 milioni di barili l’anno. Sebbene questi dati, la Nigeria è un Paese povero: lo stipendio medio è di circa 52 mila naire, equivalenti a 117 euro. La scuola e la sanità sono private.

Le multinazionali controllano la politica dei vari stati federali per mantenere il controllo degli stabilimenti petrolchimici. Il nord del Paese è da anni alla prova con il terrorismo islamico di Boko Haram, principale alleato dell’Isis in Africa. Dinanzi a questa prospettiva, molti giovani nigeriani scelgono di intraprendere il viaggio. Molti di questi vengono spediti verso l’Europa direttamente dalle famiglie come investimento economico, nella speranza di ricevere un guadagno nel futuro presso un money transfer (un centro per spedire o ricevere denaro). Ma prima di poter ricevere profitto, i giovani investimenti si trovano ad affrontare la tratta.

La tratta:

I rischi durante il viaggio sono moltissimi: non ricevere dalla famiglia il riscatto per pagare i trafficanti, diventare schiavi tra il Niger e la Libia, morire per un’infezione, essere uccisi. Per le donne, specialmente per le adolescenti, i pericoli si moltiplicano. Le ragazze, infatti, diventano schiave sessuali nella tratta: vengono stuprate e violentate dai propri trafficanti, sono usate per favorire i transiti da un gruppo di trafficanti.

Usciti dallo stato nigeriano, i migranti guidati dai trafficanti, si ritrovano in Niger. Questa nazione è tra le più povere dell’Africa. Qui non esistono prospettive per rimanere. E’ soltanto uno Stato di transito. O almeno dovrebbe essere così. I migranti vengono trasferiti da un gruppo all’altro di trafficanti. Chi non riesce a pagare, viene venduto, come se fosse una qualsiasi merce, al migliore offerente. Gli offerenti di questa asta sono differenti: la migliore prospettiva è quella di essere al servizio di qualche signore locale. La peggiore ipotesi, invece, è quella di diventare proprietà di un gruppo di mercenari. Le donne quando non riescono a pagare vengono prima violentate dai propri trafficanti, poi vengono sfruttate come prostitute. Chi ce la fa ad arrivare in Libia vede ripetere questo copione in maniera più cruenta.

Lo scatolone di sabbia:

Oggigiorno, la Libia rappresenta il caos materializzato in uno Stato. Se sotto il regime di Gheddafi la preoccupazione di un migrante era quella di non essere catturato soltanto dalle forze armate libiche, oggi devono prestare attenzione alle diverse fazioni che si contengono il territorio nazionale.

I nigeriani giunti nello “Scatolone di Sabbia” vengono trasferiti nei ghetti, ovvero veri e propri quartieri nei quali attendono, anche per anni, la chiamata o la possibilità per imbarcarsi verso l’Europa. Nei ghetti le donne sono obbligate a prostituirsi per pagare il proprio debito di viaggio. Le case dove alloggiano vengono denominate “Connection House”, ovvero dei bordelli, in attesa del contatto che le porti ad imbarcarsi. Il tempo nelle House può variare secondo la fortuna del gruppo di trafficanti. Qualora le donne restassero incinta, i trafficanti somministrano cocktail di famaci per farle abortire che causano danni anche irreversibili nell’organismo

Il debito delle nigeriane in Libia può raddoppiarsi o triplicarsi poiché queste rappresentano una delle fonti più redditizie per il gruppo criminale. Quando un migrante o, meglio, un trafficante finisce nelle carceri libiche, i trafficanti usano i soldi dello sfruttamento sessuale per saldare parte della cauzione o riscatto per il rilascio.

Gli uomini non diventano oggetti sessuali ma vengono sfruttati all’interno dell’edilizia o di altre attività mediante le quali possono ricevere un pagamento minimo per saldare il debito del viaggio.

Istruzioni d’uso:

Soltanto il 5% dei nigeriani che sono partiti riesce a raggiungere l’Europa. Il 95% o viene venduto, o resta a vivere in uno dei Paesi di transito, o resta nelle carceri libiche o muore durante la tratta.

Prima dell’imbarco, alle donne vengono impartite le istruzioni da eseguire appena arrivate in Italia:

  1. Se si è minorenni, dichiarare di essere maggiorenni, così da evitare le prassi per le minori accompagnate e divenire immediatamente produttive; se si è maggiorenni, dichiarare di essere minorenni, così da evitare la possibilità di rimpatrio.
  2. Appena ci si è liberati dai processi dell’accoglienza, bisogna chiamare la propria famiglia ed indicare dove ci si trova e aspettare il contatto.
  3. All’arrivo del trolley man, che è soltanto un soggetto di connessione, bisogna seguirlo ed accettare la destinazione da lui assegnata.

Lo sbarco:

Nel momento dello sbarco sono moltissime le giovani donne incinte o con figli a seguito. La maggior parte delle gravidanze sono indesiderate e causate dagli abusi sessuali subiti durante la tratta.

Le donne incinta o con minori a seguito vengono indirizzate verso le case-famiglia per l’accoglienza, dove riceveranno sia percorsi psicologici sia formativi. Le altre nigeriane, appena giunte nei centri di prima accoglienza, tendano di evadere per rispettare gli ordini ricevuti in Libia per divenire schiave sessuali per le varie piazze italiane.

In questa maniera, dopo aver affrontato la tratta con tutti i suoi pericoli e sfruttamenti, le ragazze arrivate a destinazione, si ritrovano a vivere nelle mani di gruppi criminali locali, composti esclusivamente da altri connazionali.

La particolarità è proprio questa. A differenza delle dichiarazioni che avanzano i vari politici, i gruppi criminali che regolano la vita dei nigeriani in Italia, e durante tutta la tratta, è composto da altri nigeriani. In Italia, il 36% del totale delle prostitute è di nazionalità nigeriana, il restante è dell’Est Europa e Sud America.

Le istruzioni seguite dalle donne, tuttavia, non fanno parte di un protocollo standard. Spesso allo sbarco le donne nascondo i numeri di telefono dei futuri aguzzini all’interno di foglietti inseriti tra le treccine dei capelli.

L’accoglienza: una pratica umana contro le mafie. 

All’interno degli hotspot, la macchina dell’accoglienza (operatori sociali e polizia) usano le tecniche per poter scoprire i contatti dei trafficanti e, soprattutto, per proporre un’alternativa alla strada o alle case chiuse per le molte donne migranti. Così, spesso, vengono denunciati i futuri sfruttatori e le donne, prima dell’entrata in vigore del decreto sicurezza Salvini, venivano accolte nei centri del Sistema Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) dove sono previsti progetti di accoglienza, formativo e scolastico.

Oggi, l’individuazione delle vittime di tratta è molto complesso dato che la maggior parte dei migranti viene trasferito direttamente nei Centri di accoglienza straordinaria (CAS) dove si attende il riconoscimento di un titolo da parte delle Commissioni per essere trasferiti negli SPRAR, sperando in un riscatto sociale.

Dal 2018, l’accoglienza è diventata più complessa. Come racconta Concetta Restuccia, assistente sociale in uno SPRAR specializzato nel supporto alle vittime di tratta, “l’emergenza sociale dei migranti è stata dettata quasi tutta dal decreto Salvini. Io mi auspico che i contenuti vengano rimossi tutti, perché, non abbiamo sentore di cambiamenti dettagliati dal decreto migrazione del Conte Bis. Bisognerebbe avere un ampliamento dell’accoglienza che dia servizi ulteriori a quelli offerti in atto all’interno dei CAS affinché si dia la possibilità alle persone ospitate di integrarsi, mediante l’assistenza e i servizi di alfabetizzazione e scolarizzazione, poiché tali prassi tendono a limitare il reclutamento di nuove vittime da parte dell’organizzazioni criminali. Un buon sistema di accoglienza e la regolarizzazione della posizione di soggiorno del migrante nel nostro territorio limitano, infatti, la possibilità di reclutamento dei soggetti in situazioni di illegalità e grave sfruttamento.”

- Pubblicità-

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome qui