Che il cibo fosse essenziale per la sopravvivenza dell’uomo è un fatto risaputo, che lo stesso fosse un elemento fondamentale di alcune delle più belle pagine della letteratura mondiale è un fatto meno noto ma altrettanto essenziale: dal Simposio di Platone al Satyricon di Petronio, con le cinquanta portate (circa) della cena di Trimalcione, dal Pranzo di Babette di Karen Blixen alla Trappola per topi di Agatha Christie, per passare a gli atti unici delle nozze di Cechov, La cimice di Majakovskij o Le nozze piccolo borghesi di Brecht e finire con Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e dei Buddenbrook di Mann un piatto di linguine al sugo del pesce stocco alla “Ghiotta-messinese” potesse decidere del destino di Giuseppe Grioli, il segretario cittadino del Pd, e riuscire a spostare oltre 1600 voti a favore del coordinatore consiliare del Pd, Avv. Felice Calabrò, che è risultato vincitore con 4.878 e uno scarto di 1.584 voti su Grioli.
Quello che non ci si poteva mai aspettare è che Una vicenda questa che, ammantata di mistero e dal giorno incerto, in un orario che può essere riferito al pranzo o alla cena e di cui è incerto persino chi ha pagato, ha solo alcuni essenziali e assodati dati: il locale – (Don Nino), il piatto di linguine, i 7 consiglieri comunali dell’UDC- ( Domenico Guerrera, Salvatore Ruello, Vincenzo Messina, Giuseppe Melazzo, Mario Rizzo, Barbabba Luigi e Santi Culletta) – e il convitato di pietra. L’assente On. Giampiero D’Alia. Proposto dall’alto e realizzato nei fatti dal Consigliere Santi Culletta, l’incontro ha visto 6 consiglieri dell’UDC su 7 decidere, tra l’antipasto e la prima portata, d’indirizzare i loro pacchetti di voto in direzione di Felice Calabrò. Solo il realizzatore, memore di una lunga amicizia che lo lega a Grioli, è riuscito a resistere alla tentazione che veniva dal “piatto di pasta”. Ma sembra che sia stato alla seconda portata, “ventri chini di piscestocco”, che i Consiglieri dell’UDC avrebbero a turno e in rigoroso ordine decrescente incominciato ad elencare le zone della città dove sarebbero stati posizionati i gazebo per la votazione e la potenza di voti elettorali di cui potevano disporre.
La fonte, più che attendibile, viene avvalorata da alcune oggettive considerazione che non possono essere messe in dubbio da nessuno:
1) Il giorno 11/04/2013 alle ore 11,00, in occasione della presentazione del doppio voto di genere – la recente riforma elettorale approvata dalla Ars- e dopo anni d’assenza, i corridoi di Palazzo Zanca hanno rivisto l’On. Giampiero D’Alia che, invece di ascoltare la dotta esposizione del compagno di partito On. Ardizzone, passava più di una volta dalle stanze di rappresentanza dell’UDC al corridoio adiacente al PD e nessuno vieta di pensare che abbia
potuto avere un felice e proficuo incontro proprio con l’Avv. Calabrò. Il tutto sotto gli occhi attenti e sospettosi di Grioli. L’unico, in verità, che non aveva alcun motivo istituzionale di essere presente.
2) Inoltre, un semplice calcolo matematico ci porta ad un dato di fatto difficilmente contestabile; le preferenze ottenute alle ultime elezioni amministrative dai Consiglieri Comunali dell’UDC per essere eletti, sono andate da un minimo di 500 per i recenti sostituiti a oltre 1000 a testa per gli altri. Quindi il loro apporto alle primarie del centrosinistra può benissimo essere stato espresso da uno zoccolo duro di 300 voti a testa che per 6, il numero di consiglieri che hanno mangiato lo stesso piatto di linguine, fornisce un totale di 1.800 voti a favore di Calabrò. Ben al disopra dello scarto di 1.584 tra i due contendenti e pari a più del 10% dei circa 12.000 elettori. E tralascio in questo più che realistico scenario l’apporto che può essere appannaggio del convitato di pietra.
3) In ultimo, nessuno può negare che lunedì, all’indomani delle primarie del 14 aprile, dalla Stanza comunale del Consigliere Calabrò uscisse una pestilente e mortifera puzza di pesce andato a male. E benché la Consigliera Barrile, compagna di partito e coinquilina della stanza, si affrettasse a dichiarare che si trattava di un cadò dimenticato sin dal venerdì precedente e proprio perché affaccendata a supportare la campagna elettorale del collega, non pochi malpensanti vi hanno voluto intravedere il famoso pesce stocco avanzato dalla cena dell’UDC.
Dopo il fatto e le considerazioni oggettive, che tra il serio e il faceto si sono comunque tutte verificate, non rimane che affrontare alcune implicazioni politiche della vicenda. Innanzitutto premetto che entrambi i candidati del centrosinistra meritano il massimo rispetto per l’impegno che ognuno ha generosamente profuso nell’azione politica che li ha visti protagonisti e a prescindere da qualsiasi schieramento ognuno voglia assumere. Ciò non toglie che alcuni rilievi possono e devono essere posti.
a) L’On D’Alia ha sempre detto che per le Primarie vi sarebbe stata la massima libertà ma se così fosse stato veramente non si comprende la cena. Cioè se i singoli consiglieri fossero stati, anche singolarmente, veramente liberi di esprimersi in piena autonomia non si comprende la necessità di contarsi (6 su 7) e di preoccuparsi di raggiungere il proprio elettorato e spingerlo non solo votare a sinistra, rispetto alla componente di centro del centro-sinistra rappresentata da Pucci Prestipino (Centro Democratico con Tabacci) portata dal Presidenze del Consiglio Previti, ma soprattutto preferire un candidato di sinistra rispetto ad un altro di sinistra ? Un cosa è certa, una maggiore chiarezza sarebbe stata quantomeno necessaria.
b) Diverso sarebbe stato se anche l’UDC, avendo di fatto deciso di partecipare alle primarie con il proprio apparato politico, avesse presentato un proprio candidato. E’ in questa contraddizione che emerge tutto il vecchio modo di fare politica e i suoi limiti. Io, apparato di partito, non presento un mio candidato ma riesco a condizionare la scelta finale di tutto lo schieramento del centrosinistra, per non parlare del rapporto con l’elettore che viene
trattato come un pacco postale da spostare di qua e di la a secondo delle circostanze e delle convenienze. E dalla palese mancanza di rispetto non solo degli elettori di Grioli ma di tutti gli elettori di centrosinistra che in modo o nell’altro hanno visto falsate le loro primarie. Questa a mio giudizio è forse la cosa più grave. Il rapporto che lega l’elettore con l’eletto è un rapporto di fiducia che merita rispetto a prescindere. In questa vicenda mi sembra che di rispetto ce n’è sia stato poco.
Pietro Giunta
Bella “storia”…interessante ricostruzione! Rilievo “a” e “b” appropriati ma soprattutto “Il rapporto che lega l’elettore con l’eletto è un rapporto di fiducia che merita rispetto a prescindere. In questa vicenda mi sembra che di rispetto ce n’è sia stato poco.” …ecco, questo mi trova profondamente daccordo, perchè in effetti, mi sono sentita offesa. Grazie.
Di minkiate ne ho lette, ma questa è l’apoteosi delle minkiate.