L’Italia s’è unita?
“Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861”.
Con queste parole, 150 anni fa esatti, l’Italia vedeva il coronarsi di un percorso durato diversi mesi che la portò alla sua unità sul piano politico. Questo processo però, contrariamente a ciò che in molti credono, fu tutt’altro che spontaneo e apprezzato in ogni dove; nel Regno delle Due Sicilie, ad esempio, l’unità imposta dai Savoia non era affatto ben vista, vuoi per l’importanza e la ricchezza del regno, vuoi per un semplice fatto di orgoglio di “patria”.
Nel corso dei decenni, l’unità del nostro Paese non è mai stata considerata del tutto un bene; prima erano solo i meridionali ad avere da ridire, ma nel corso degli anni si è arrivati a fenomeni come l’odierna Lega Nord (il cui nome completo è Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, appunto) che, perlomeno nel nome, presentano velleità secessionistiche.
“Attualmente solo nel nome, però” Franz Riccobono, noto studioso messinese, particolarmente ferrato riguardo il periodo del Risorgimento, ha le idee molto chiare. “Quello che la Lega sta facendo è un semplice tentativo di raggiungere i propri obiettivi sfruttando Roma; il loro modo di fare è quello che potrebbero avere i meridionali, dato che i padani si lamentano tanto, ma il livello delle infrastrutture presenti al nord non è certo paragonabile a quello che abbiamo in Sicilia, Calabria, Puglia… Il loro federalismo è solo un danno: ci hanno spogliato di tutto centocinquanta anni fa e ora ci dicono ‘arrangiatevi!’. Tendono solo a coltivare il loro territorio, infischiandosene degli altri”.
Ma se neanche un partito storicamente secessionista come la Lega Nord vuole davvero l’indipendenza da Roma, esistono davvero dei partiti che lottano affinché venga riconosciuta una scissione dallo Stato centrale?
“Oggi sono diminuiti nettamente, e sono molto blandi; uno dei picchi massimi lo abbiamo avuto dopo la seconda guerra mondiale, quando il Movimento Indipendentista Siciliano aveva addirittura un esercito”.
Ma perché molti meridionali non accettarono (e non accettano tutt’ora) di buon grado l’unificazione italiana?
“Perché non c’è stata una vera e propria unificazione. In quegli anni Massimo D’Azeglio disse una frase emblematica: ‘Abbiamo fatto l’Italia, ci restano da fare gli italiani’. Le differenze tra nord e sud c’erano ed erano evidenti, così come lo sono ancora oggi, ma al contrario: facendo un confronto tra la Messina del 1860 e quella odierna è davanti agli occhi di tutti una discrepanza incredibile. Idem per Napoli: oggi è la capitale della spazzatura, ma prima dell’unificazione era la seconda capitale europa dopo Londra per quanto riguarda la cultura”.
Be’, ma forse la criminalità organizzata c’entra qualcosa per questo decadimento radicale.
“No, perché la mafia è venuta dopo l’arrivo dei piemontesi, che diedero il controllo dei vari territori a dei delinquenti, mentre dall’America rientravano personaggi come Villalba e Lucky Luciano. Con il Regno delle Due Sicilie la mafia non esisteva”.
Ma se l’unificazione ha fatto così male a una parte dell’Italia, perché celebrare questa festa e -sopratutto- perché celebrare Giuseppe Garibaldi come eroe?
“Le dirò una cosa: al Vittoriano, a Roma, all’ultimo piano, c’è una parte dedicata a Garibaldi; lì ci sono tra le altre cose anche in mostra dei suoi pantaloni. Quando li vidi pensai che fossero calzoni corti, invece no: è che Garibaldi, che ci viene presentato come un eroe alto, bello, fiero e a cavallo, in realtà era ‘alto’ un metro e cinquantadue; perdipiù, aveva anche una forma di artrosi deformante che non gli permetteva neanche di salire a cavallo in maniera autosufficiente. La verità è che in ogni storia c’è bisogno di un eroe, specie in quelle come questa. Tra il 1860 e il 1880 l’esercito piemontese uccise circa un milione e mezzo di siciliani”.
Ma di “Re Bomba” Ferdinando II cosa dice? Anche lui sparò sui messinesi nell’attacco alla Cittadella del 1848…
“In realtà no, Ferdinando II non sapeva dell’attacco; a sparare fu il comandante Pronio. In ogni caso sparavano con i cannoni palle di ferro dal diametro di otto centimetri, e le mura della palazzata erano spesse circa un metro e mezzo, quindi immagini i veri danni arrecati. Paragonerei questo episodio a quando nel 1943 gli americani bombardarono Messina danneggiando il 94% degli edifici, e a paragonare la considerazione che si ha dei due invasori: gli uni salvatori, gli altri da cancellare per l’Italia odierna”.
Da cancellare?
“Sì, da cancellare; quello che in molti non hanno considerato al tempo, però, è che con il tempo la verità viene sempre a galla. E molti con il tempo stanno cominciando a capirne di più su questa radicale distorsione della realtà, in cui è stato creato artificialmente un mito”.
Tornando ad oggi, invece, in molti vedono il ponte sullo Stretto come un buon viatico per unificare anche materialmente l’Italia: cosa ne pensa?
“Non vedo il ponte come una questione politica, sarebbe come dire che una strada è di destra o di sinistra; secondo me è assolutamente da fare, una tappa inevitabile in un percorso per diventare europei. Ho il timore però che non lo faranno mai, ed è un peccato, dato che a mio avviso sarebbe un ottimo modo per portare il meridione all’altezza del centro Europa. Purtroppo è stato messo eccessivamente in risalto l’aspetto politico, e quindi dubito lo faranno”.
Le parole di Riccobono, cariche di passione e amore verso una terra maltrattata, meritano una profonda riflessione: se effettivamente la storia non fosse solo quella insegnata a scuola, ma ci fosse qualcosa di più, perché nascondere molti passaggi oscuri? Perché far notare solo il lato negativo di figure come quelle dei briganti, o negare al sud aiuti che gli spettano di dovere (come visto nel recente, triste caso di Giampilieri)? L’analisi storica sulla situazione economica del Regno delle Due Sicilie è vera, e quanto il neonato Regno d’Italia abbiamo guadagnato grazie alla sua annessione è evidente; allora perché oggi i ruoli si sono capovolti, e si permette a chi ha di più di minacciare secessioni, di tenere sotto ricatto politico un governo, di infischiarsene della Costituzione sulla quale hanno giurato? È davvero un’Italia unita? C’è davvero qualche motivo per festeggiare?
Ad oggi nel nostro Paese abbiamo movimenti indipendentisti in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia, in Trentino Alto Adige (dove c’è il caso particolare di Luis Durnwalder, presidente di turno della regione autonoma del Südtirol, che non sentendosi italiano ha annunciato che non festeggerà), in Liguria, in Sardegna e in Sicilia. Tanti pezzi di un mosaico sparsi qua e là nel quadro generale, che forniscono un dipinto poco gradevole dell’attuale società italiana: come ha detto lo stesso Riccobono, ci sono stati momenti di maggiore attività senza ombra di dubbio, ma il malcontento è innegabile ed evidente, anche da parte di chi, probabilmente, avrebbe meno diritto di altri a manifestare dissenso. Il 17 Marzo è da mesi segnalato come un giorno utile per ricordare a tutto il Paese che è unito; il vero problema è che l’Italia, oggi, probabilmente è solo unificata.