Lo Zen e l’arte di insegnare

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Il quartiere Zen di Palermo è tra I più disagiati e difficili, contrariamente all’acronimo che invoca immagini di pace e spiritualità, il posto si chiama così, come abbreviazione del nome anonimo, Zona Espansione Nord. È complicato viverci, è difficile uscirne. Ancora più complicato educare.

In questi giorni due dirigenti scolastici delle scuole presenti sul territorio hanno deciso di mollare. Uno va in pensione, l’altro ha chiesto trasferimento al suo quartiere di origine, Brancaccio (che se lo Zen non è Rodeo Drive, sicuramente Brancaccio non è proprio Bel – Air).

Entrambi mostrano I segni di una attività che non è stata solo quella di dirigente scolastico. Hanno svolto h 24 I ruoli di infermieri, confessori, educatori, padri, zii. Hanno fatto attività che hanno portato a guadagnarsi il rispetto della gente del posto.

Il dirigente della Scuola Falcone, lo chiamavano “sbirro”, non appena insediato, una offesa non da poco. Col tempo lo hanno se non amato, almeno stimato. Tanto che adesso I genitori dei bambini gli chiedono di non andarsene, di non lasciare. Perchè sotto sotto chi sente di essere condannato a una vita d’inferno, sa che forse è proprio un modo diverso di insegnare che può salvare. Sicuramente non hanno avuto vita facile e si sono spesi, massacrati. Non è stato solo un lavoro, ma una vocazione.

I ragazzi si accorgono quando ti spendi per la loro coscienza, sentono se quello che dici è meccanico o viene dal cuore. Capiscono se non gli stai solo dispensando numeri e lettere ma spendi la tua anima.

Te lo dicono quando ti vedono stanco, che ti sono grati. Magari quando stai per imboccare la curva in discesa per dare via tutto, loro ti portano I risultati.

Magari cominciano a seguirti.

C’è differenza tra professori e insegnanti. Molta. Chi insegna resta tutta la vita. Chi insegna lascia una traccia che piace poco a chi ha bisogno di manovalanza criminale. Perchè le parole lasciano un tarlo, dette con amore. Cominci a pensare, a fare la differenza tra “giusto” e “sbagliato”. Ti prude il petto, perchè la coda urticante della coscienza sbatte contro la gabbia in cui l’hai imprigionata.

Educare a pensare è una missione. Pensare pesa. Anche nelle scelte, nel non tenere armi ma un libretto universitario. Funziona una volta su mille, ma vale la pena.

Lo sapeva un certo uomo comune, che educava I bambini alla vita onesta.

Si chiamava Giuseppe, Don Giuseppe Puglisi. Prete. Insegnante.

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