Mafia e politica: condanna per l’ex deputato Udc David Costa

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di Rino Giacalone

Non avevano visto male come sembrava dovesse essere i due pm della Dda di Palermo, Massimo Russo e Roberto Piscitello, che nel 2005 misero sotto indagine antimafia l’allora assessore regionale alla Presidenza, l’Udc David Costa, politico marsalese. Accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, Costa fu arrestato, e al momento del processo scelse il giudizio col rito abbreviato. Fu assolto sia in primo che in secondo grado, se non che nel giugno scorso la Cassazione ha annullato ogni pronunciamento ed ha disposto la celebrazione di un nuovo processo di Appello. Oggi la conclusione con la sentenza di condanna pronunciata dai giudici della sesta sezione della Corte di Appello di Palermo. La procura generale aveva chiesto 5 anni, i giudici hanno inflitto 3 anni e 8 mesi, riformando il capo di imputazione da concorso esterno in associazione mafiosa a voto di scambio politico mafioso, di fatto ha sancito l’esistenza di un “patto” tra il politico e la mafia.

Le accuse per l’ex assessore regionale riguardano la sua a questo punto accertata disponibilità con l’organizzazione mafiosa marsalese che è poi quella che è la più vicina all’attuale capo della mafia trapanese, il latitante Matteo Messina Denaro. L’on. Costa avrebbe utilizzato la propria carica politica per convincere i vertici del Banco di Sicilia a risolvere una pendenza con un soggetto “raccomandato” dalla mafia, per agevolare un finanziamento ad una cooperativa agricola, ancora vicina ai clan, e poi si sarebbe dato da fare per trovare una occupazione a soggetti “segnalati” ancora da Cosa nostra, come alla figlia di un boss di Castellammare del Golfo, e anche ad un noto capo mafia marsalese, ma l’apice dell’accordo con la mafia Costa l’avrebbe raggiunto impedendo nelle elezioni amministrative a Marsala dei primi anni del 2000 la candidatura a sindaco del senatore socialista Pietro Pizzo, garantendo in cambio alla mafia ogni suo appoggio a proposito di appalti. Durante il processo è emersa la circostanza che in un caso addirittura David Costa avrebbe incontrato un boss latitante, il capo mafia Natale Bonafede. I collaboratori di giustizia che sono stati sentiti, come l’ex vigile urbano di Marsala Mariano Concetto, hanno dichiarato davanti ai giudici che l’on. David Costa “non era un punciutu” ma con Cosa nostra aveva stretto precise alleanze.

I retroscena. Pregavano a Marsala. Ad ogni udienza del processo che si svolgeva a Palermo contro l’ex assessore regionale David Costa, c’era un gruppo di ferventi cattolici, quasi tutte donne, che si riuniva in una chiesa di Marsala e pregava, pregavano tanto quelle donne addolorate per quel “figliol prodigo”, accusato di combutte con la mafia. David Costa era stato un enfant prodige della politica siciliana, marsalese, figlio di Enzo Costa deputato regionale del Psdi e assessore regionale. Quando Costa senior si ritirò, lasciò il seggio al figlio che scelse però il Ccd e l’alleanza di ferro con una coppia inossidabile della politica siciliana targata Dc, Totò Cuffaro a Palermo e Pino Giammarinaro a Trapani, altri potenti finiti nei guai con la giustizia per vicende di mafia. Giovanissimo David Costa ebbe la ventura di entrare far parte del governo regionale con Cuffaro presidente, ne uscì nel 2005 dapprima per un avviso di garanzia e poi per l’arresto che avvenne nel novembre dello stesso anno. In primo grado scelse di essere processato con il rito abbreviato e a conclusione di questo dibattimento il giudice Pappalardo lo ha assolto, e quel giorno suonarono a lungo le campane della chiesa dove erano state fatte salire in cielo le preghiere per quel politico; anche in appello i giudici confermarono l’assoluzione.

La Cassazione ha cancellato tutto e oggi i giudici hanno dato ragione alle tesi accusatorie

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