Messina sotto i macigni della crisi

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Messina come Osnago, e come altre migliaia di centri e città, si piega sotto il peso di una crisi economica senza riuscire a svincolarsi, a trovare aria per non lasciarsi schiacciare. Come sotto le macerie dopo un terremoto. Come in quel 1908, che ha lasciato Messina terremotata per sempre. E se così è, si salvi chi può o chi può salvi Messina. Perchè pare che a questa città stiano comodi gli abiti del compianto e ne acquisti sempre di nuovi. Gli abiti di chi si piange addosso e si nasconde. Si nasconde dietro il terremoto per giustificare le mancanze. Si nasconde dietro la crisi per giustificare l’incapacità o la poca volontà di trovare soluzioni alternative.

Ma che il terremoto abbia raso al suolo Messina e l’abbia saccheggiata per sempre del suo antico splendore, è vero. E’ vero anche che terra e mare abbiano risucchiato, come in un buco nero, gli edifici, i patrimoni, la gente, la stessa cultura. Ed è allo stesso modo vero che la crisi economica abbia impoverito una città che era già ridotta all’elemosina. Ma, come niente la città e i suoi “potenti” hanno fatto perchè Messina venisse soccorsa da quelle macerie sotto cui ancora giace, niente viene fatto per non lasciare che nuovi terremoti la lascino andare sempre più a fondo. E la crisi economica che si sta abbattendo su Messina e provincia, come su tutto il Mezzogiorno, è uno di questi. E’ un terremoto in agguato, una spada di Damocle posta sopra la testa. Di coseguenza, Messina, è con lei la Sicilia intera,  è una città in agonia, che trema ad ogni scossa, temendo che sia la volta buona per sentire il terreno cedere sotto i propri piedi.

L’ultima forte e allarmante scossa risale a Settembre, quando dal 33^ rapporto Uil sulla cassa integrazione si é letto che solo per quel mese, in città, sono state quasi 430 mila le ore di cassa integrazione, delle quali 263 mila circa di tipo straordinario. Dal rapporto si evidenzia, quindi, un aumento delle richieste di cassa integrazione del 47,2% da agosto a settembre. E se ciò non può bastare,  un confronto con l’anno precedente può far meglio comprendere l’entità dei dati riportati dalla Uil. Lo scorso anno, nello stesso mese le ore di cassa integrazione erano state circa 114 mila. E se lo sguardo vuole andare a indagare ancora oltre, basti dire che dal 2007 al 2011 le ore di cassa integrazione sono aumentate di oltre dodici milioni: dai  6 milioni rasentati nel 2007, ai quasi 18 milioni di quest’anno (calcolati fino al mese di settembre).

A riportare danni, a seguito di un simile sisma, è per primo il settore industriale, cui seguono  a catena quello commerciale ed edile. Dimostrando come la cassa integrazione sia passata dall’essere un “elemento straordinario del sistema produttivo” all’essere “elemento strutturale e funzionale per la sopravvivenza delle aziende”. E nel volgere uno sguardo al futuro, per chi ha ancora la voglia e lo stimolo a farlo, le previsioni sono catastrofiche. Ed il crollo definitivo nel 2012 sembra annunciato, come la fine del mondo dai Maya.

Non bastano, allora, misure di sicurezza improvvisate, ma definitive e “anti-sisma”… o meglio, “anti-crisi”. Per evitare un ulteriore aumento delle ore di cassa integrazione e la perdita di altri posti di lavoro, dando nel contempo certezza alle imprese, bisogna fare molto di più che affidarsi agli ammortizzatori sociali.

Una soluzione? La propone Amato, invitando le imprese a puntare sul credito d’imposta e sul contratto di apprendistato, che cosentirebbero alle aziede una riduzione dei costi senza necessitare di una diminuzione dell’occupazione, che verrebbe in questo modo, al contrario, incentivata.

Andando incontro a quei giovani, ma anche a quei padri di famiglia, che di quel lavoro hanno bisogno come o più del pane, perchè é solo grazie al primo che possono procurarsi il secondo. Ne hanno di bisogno allo stesso modo in cui le aziende hanno bisogno di contenere le spese per sopravvivere.

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