Mondo migrante

Io non so chi sono, eppure ho cercato. Nel chiarore e nel buio, ho scovato in me alla ricerca di quella materia invisibile senza carta d’identità ma promotrice della mia vita. Ho guardato gli animali a lungo, anche quelle chiamate bestie, poi gli uomini, quelli scuri, e quelli chiari, poi quelli gialli, ed infine anche una buona varietà di popoli caffè latte. Ho cercato attraverso il loro riflesso una mia identità, una spiegazione del mio essere, della mia personalità, pur di cambiare la strada tortuosa ove l’esistenze mi ha portato. Come gli altri sono nato, ma non come gli altri vivo. Unico, come tutti gli altri, io sono il promotore ed il centro della vita perché attraverso i miei occhi viventi, do una consistenza al tutto e decido che valore dare a chiunque o qualunque cosa in base al valore della società. O forse in base alla locazione della società ove mi trovo. Fluttuante tra diverse acque, ed ogni volta che approdo su una terra, devo cambiare vestiti. Non mi fido dell’amore. Da speranze, sogni, crea progetti, una base, un inizio. Rilega me al secondo piano e riapre una spirale sconosciuta dove l’andare in due porta più lontano. Un poco più lontano. Un giorno, avrò abbastanza soldi per comprarmi un paio di scarpe nuove per me, un paio di scarpe nuove per la mia compagna, e cammineremmo leggeri e veloci sulle piste e le montagne, andremo dove nessuno é arrivato perché saremo preparati ad andare lontano con il necessario. Quel necessario che tarda ad arrivare e comprime e condiziona la mia mente a tal punto quasi di farla esplodere. Il calore di cui ho bisogno viene dal cuore, ma anche dallo spirito, dalla voce e dallo sguardo, dai fatti e dai gesti, il malore che vivo é l’immaterialità dell’Uomo per i suoi valori. La pressione continua esercitata dalla società per adempiere ai miei doveri, senza oneri, la recessione degli obiettivi e lo sfinimento della speranza producono in me una passività pericolosa perché subdole, cattiva, malvagia. I rovi sul sentiero finiranno un giorno, e la pista si allargherà di nuovo lasciando il vento accarezzare i nostri corpi martoriati. Intanto, presto il fianco, lacerando le mie costole, do il petto, squarciandolo fino al cuore, so che le ferite guariranno, so che la pelle esposta alle intemperie diventerà più forte. Continuo a cercare me e pian piano, stabilisco le basi di ciò che é la mia vita, cerco e trovo l’amore, perdo e cerco l’amore, va e viene, i miei piedi, al loro ritmo, diventano più leggeri, o più pesanti. Maledetto mondo, forse se fosse piana anziché tonda, vedendoci tutti, ritroveremo le nostre strade con agiatezza. La mia é nella solitudine, quella estrema, nata dal disgusto per la gente e per quella che é. Sarò franco, a me non piace l’essere umano, il termine stronzo può applicarsi solo a lui. Non gli credo all’Uomo, é soggetto continuo a cambiamenti e scoperte, é subdole di se stesso, ciò che lo rende pericoloso. Un immenso teatro dove sfoggiare il suo talento per il ruolo principale. Quello che rende famosi, e ricchi. Sono stato obbligato ad uscire da me stesso, ma ora preparo il mio rientro in me. Non con la ricchezza, ma con la saggezza, non con la fama, ma con la consapevolezza. Dinnanzi alla vita, siamo tutti costruttori, nella vita, distruttori. Il mio sogno é nitido, chiaro e preciso, ma anche raccontandolo, non posso dare il giusto valore alla sua bellezza, e mai sarà capito quanto chi lo ha visto, cioè, me. Domani, quando dormirò, lo modificherò, così, andrà bene a tutti. Domani. Magari fosse così semplice. Le parole hanno il dono di calmare o di agitare, entrano nella testa già piena e provocano subbugli e bagarre. O pace e serenità. Scritte o orale, sono l’espressione migliore che l’Uomo ammetta, concepisca, accetti. A volte, in un abbraccio, ritroviamo molto più del senso che le parole possono fornire, a volte, in un sguardo, capiamo molte più cose di auto la bocca riesca a dire, in una carezza, sentiamo molto di più le sensazione che uno scrittore ha voluto condividere. Nel futuro, c’é un incognito che é la vita stessa, ma c’é anche un obiettivo che é la felicità. Oggi o domani, ieri o il giorno di prima, forse molto prima durante il periodo della nostra infanzia. Da qualche parte, c’é. Lo dicono tutti. Io lo costruisco. Pezzo a pezzo, pazientemente, con monete fatte di acciaio ma anche di sorrisi, con verità dolorose e amore, con la zappa nella terra e sui piedi. Io lo ambisco così tanto che quando ci penso i miei occhi si ribellano e cantano l’inno della rivoluzione. La banca in cui crede sta nel cuore di ogni essere umano. Ogni cassaforte é un pezzo di un altra vita e le grandi banche a volte risplendono nel panorama dell’umanità e lasciano impressi i loro nomi nella storia. Nelson Mandela, Indira Gandhi, Martin Luther King … Sono avido di amore, procacciatore di felicità, vampiro di emozioni. Dell’umanità, farò tesoro, ed ai miei figli, racconterò. Dei miei tempi, della mia gente, del mondo di oggi, in tutto il suo splendore, e la sua bugia. Ciò che non saprò, non dirò. I testi sacri per me oggi sono nella consapevolezza. Passo dopo passo, andrò nella direzione del vento, e salterò i precipizi planando come un uccello per raggiungere il punto da cui parti, ed allora, con tutti i colori del mondo addosso, insegnerò alla mia gente, che tutti gli uomini del mondo hanno trentadue denti. E spiegherò loro, che il mondo é diviso in cuori, non in nazioni e patrie, non in etnie e gruppi religiosi. Dirò loro che il mondo é vasto solo per chi non ha altro che i piedi, mostrerò loro le immagini colorate della metro che chiameranno serpente di ferro sottoterra, e farò loro assaggiare piatti di origini lontana. Se avrò trovato la felicità, allora la scriverò sugli alberi che io stesso pianterò, la seminerò nei campi da me arati, la spargerò a tutti i venti. Io non so chi sono, ma veleggio, sempre avanti andando, contro mari di culture, oceani di valori, ma la mia fragile imbarcazione prosegue il suo percorso, nella speranza di incontrare quella terra. Li dove finalmente riposare e vivere la vita sperata durante l’attraversata. Ho paura della solitudine, e non mi fido del mio miglior amico, manderò una volta a terra mia moglie dalle puttane perché impari l’arte moderna del sesso mentre cercherò nei bar qualcuno con cui possa parlare. E quel qualcuno se avrà orecchie ascolterà il suono di un mondo altrove dietro il mare. Tornerò alla terra, e quindi la voglio conoscere, esplorare, sapere, e godere.

 

Ouango K udicael