OMD, M’AMA, ARCIGAY: IL CONFRONTO

Messina, 23 luglio 2016. Un normale sabato sera d’ estate degenera tra confusione, offese e imbarazzi. E’ quanto accaduto al M’ama, locale della riviera messinese, durante una serata eccezionalmente organizzata dall’ OMD (Ogni Maledetta Domenica), gruppo impegnato nell’allestimento di eventi dedicati a un’utenza LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender). Intorno a mezzanotte, l’organizzazione OMD ha deciso di interrompere la serata in corso e di trasferire il tutto presso un’altra struttura, a seguito di un episodio interpretato dall’utenza come atto di discriminazione. Un numero non preciso di ragazzi si è visto negare l’ingresso per il proprio abbigliamento e il proprio taglio di capelli. Atto poco comprensibile vista la natura della serata notoriamente dedicata alla libertà di espressione, nonché inspiegabile dato il precedente accesso alla struttura di un’utenza dall’abbigliamento simile, drag queen e ballerini compresi. Quanti avevano già effettuato l’ingresso hanno richiesto il rimborso, concesso dopo alcune polemiche tra la proprietà del locale e il gruppo organizzativo che, nella persona del vocalist ‘Dionisio’, si è visto abbassare il volume del microfono mentre invitava l’utenza a cambiare location.

Quali siano state le dinamiche che hanno portato un sabato sera a degenerare sotto la costante eco della parola ‘discriminazione’, ad oggi non sono ancora completamente chiare. A seguito dell’accaduto, la stessa proprietà del M’ama ha richiesto un incontro con i rappresentanti del gruppo organizzativo e l’arcigay. L’incontro c’è stato, ma le posizioni non sembrano essere cambiate molto, se non nella volontà da parte del locale di arrivare a un chiarimento, soprattutto alla luce di numerose accuse di omofobia. Almeno su questo punto, i tre soggetti protagonisti dell’incontro sono in perfetta sintonia: “NON SI E’ TRATTATO DI EPISODI DI OMOFOBIA – specifica Rosario Duca, presidente Arcigay Messina – ma la discriminazione c’è stata”.

Da parte del gruppo organizzativo è sostenuta la tesi che vede la proprietà del M’ama responsabile di aver imposto alla door selector di seguire canoni più rigidi per l’accesso. Canoni assolutamente diversi da quelli finora adottati durante le serate OMD, notoriamente inclini ad accogliere un’utenza che possa sentirsi libera di tenere qualsiasi tipo di abbigliamento e soggetta a una selezione che possa garantire la sicurezza durante gli eventi organizzati. “Avevamo espressamente chiesto che si evitasse la selezione all’ingresso che rispettasse i canoni del locale. Da parte della proprietà però c’è stata un’imposizione sulla nostra door selector alla quale è stato detto che alcune persone non potevano entrare, chi perché aveva i capelli rasati, chi perché indossava una canotta” dichiara Marzia Raffone, organizzatrice OMD, secondo la quale erano stati precedentemente chiariti con la proprietà i criteri di selezione adottati durante questo tipo di eventi. “Noi siamo stati chiari sui nostri clienti e su chi frequenta le nostre serate – continua la Raffone – abbiamo chiarito che la nostra selezione si basa sul rispetto degli altri. Le persone alle nostre serate possono venire come vogliono, purché non creino problemi durante la serata all’interno del locale. E’ questo che dovrebbe interessare al locale”. Un locale che imputa l’accaduto a una cattiva gestione della comunicazione tra la proprietà e il gruppo organizzativo. “Il M’ama non ha discriminato nessuno” sottolinea Roberto Santangelo, socio proprietario del locale, che continua:  “Il tutto poteva risolversi in un modo molto semplice: parlandone per bene, senza tutta la confusione che si è creata. E’ stato gestito tutto male, sia da parte nostra, che da parte dell’OMD. Mi dispiace che si sia arrivati a questo, recensioni negative, litigi e mancati chiarimenti”. L’ammissione da parte della proprietà si risolve dunque nei termini di una mala gestio a livello comunicativo da dividere equamente con il gruppo OMD, tenendo contemporaneamente a sottolineare come, da parte del locale, non vi fosse intenzione alcuna di discriminare nessuno. “Abbiamo sbagliato nella gestione, nella selezione delle persone, ma non possiamo sentirci in colpa per un qualcosa che non è accaduto – continua Santangelo – Eravamo perfettamente coscienti della tipologia della serata, di come si svolgeva il tutto, degli spettacoli. Eravamo invece contenti che si svolgesse questo tipo di serata da noi. Io in primis ero felicissimo, perché si parla di una realtà che entra in un posto in cui non si ha la più pallida idea di come funzioni questa stessa realtà. Alla luce di questo, tutto l’accanimento su di noi non lo trovo giusto. Per una cosa che non si è verificata. Più che essere dispiaciuto, non so cosa fare. Se si alza volontariamente un muro, non posso fare nulla”. Il muro di cui parla Santangelo lo ergono gli organizzatori dell’OMD, uniti ai centinaia di ragazzi desiderosi di scuse sincere e veritiere.  “L’OMD sostiene che si siano verificati episodi di discriminazione nei confronti dei nostri utenti”, specifica Marzia Raffone, che continua: “Se le scuse verranno fatte dicendo cosa è accaduto realmente, noi ovviamente le accetteremo. Ma se sono scuse che nascondono la convinzione di non avere colpe, non possiamo accettarle. Non è stata un’incomprensione, non c’è stata una cattiva comunicazione. Noi vorremmo soltanto la verità.”.

Da parte dell’Arcigay è fortemente espressa la volontà di chiudere nel miglior modo possibile una vicenda che sta degenerando fino a sentir parlare di omofobia. Sotto questo punto di vista, la posizione di Rosario Duca e dell’Arcigay è chiara: “Arcigay è sempre presente nel momento in cui ci sia reale o presunta discriminazione. In questo caso NON POSSIAMO PARLARE DI OMOFOBIA, ci tengo a sottolinearlo. Ma c’è stata discriminazione. NON VOGLIAMO DANNEGGIARE IL M’AMA E FAVORIRE ALTRI. Sono situazioni piuttosto anomale. Il M’ama chiede scusa di quanto accaduto, e lo apprezziamo. Questo però non elimina il fatto che nei prossimi giorni valuteremo altre dichiarazioni e decideremo cosa fare. Non si può lasciar passare il messaggio che un ragazzo gay possa essere discriminato, che sia per l’abbigliamento o per il taglio di capelli. Sta di fatto che ricevo ancora centinaia di messaggi e di e-mail da parte di persone che sostengono e si lamentano della stessa cosa. Vedremo nei prossimi giorni come si evolverà la cosa. Arcigay valuterà con il proprio sportello legale i provvedimenti da prendere. E’ forte la voglia di chiudere la questione in modo pacifico. Messina non è una città che discrimina, non è una città omofoba, ma qui, lo si ripete, NON SI PARLA DI OMOFOBIA, quindi mi dispiacerebbe molto dover aprire un contenzioso e dover procedere legalmente per una situazione che, magari, in un momento di maggiore tranquillità, si potrebbe chiudere con delle semplici scuse. Non so quanta responsabilità possa avere la proprietà del M’ama, ma resta il fatto che il tutto è accaduto al M’ama. E non è bello, perché il locale sta ricevendo solo critiche negative, e alla fine è una realtà onesta che dà lavoro a tante persone. Io però, come presidente dell’Arcigay, non posso permettere che qualsiasi persona venga discriminata, per qualsiasi motivo. Auspichiamo una maggiore riflessione nei prossimi giorni. Ma se non arriveranno delle scuse chiare ed esplicite, la discussione rimarrà aperta”.

Ciò che rende il tutto meno tragico, è la presenza di almeno un elemento positivo: la tangibile percezione di una crescente unione all’interno della comunità LGBT di Messina, che comincia ad assumere una sua identità sotto il segno della solidarietà. E’ quanto affermato con soddisfazione dal presidente Duca, e confermato da Manuela Previti, responsabile giovani Arcigay Messina: “essere discriminati non è bello, specialmente quando ci si va a divertire con lo spirito di stare tutti insieme. Ma il fatto di aver visto questa comunità unita anche per un episodio di discriminazione che coinvolge una sola persona, ha significato un inizio di cambiamento. Come rappresentante dei giovani sono stata molto contenta di tutto questo. Per ciò che riguarda la discriminazione, non dovrebbe verificarsi mai, in nessun contesto”.

GS Trischitta