Palazzo Zanca, il Consiglio è nudo

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Dall’approvazione del Salva Messina ad oggi il Consiglio Comunale sembra aver perso la sua funzione di controllo politico amministrativo. De Luca continua a suonare il suo “si fa come dico io”.

“Non è il sindaco De Luca a passare alla storia ma il consiglio comunale a passare alla storia, per aver condiviso il percorso che rilancerà la nostra comunità”. Il 23 novembre scorso il sindaco Cateno De Luca, pronunciava queste parole nell’euforia dell’approvazione della rimodulazione a vent’anni del piano di riequilibrio e delle rimanenti delibere sul “Salva Messina”. A suggellare il momento una foto con tutto il gruppo dei consiglieri, già ridotti a poco più della metà, quella sufficiente per garantire i lavori dell’Aula.

Un sindaco senza opposizione che dopo aver “salvato Messina” è nuovamente pronto ad abbandonarla, almeno da sindaco metropolitano, e a riconsegnare la fascia azzurra in data 1 Marzo se non si farà come dice lui, se il Governo regionale e nazionale non si decideranno a reperire le somme necessarie per evitare il dissesto finanziario dell’Ente.

A Palazzo dei Leoni “il 50 per cento dei lavoratori, infatti, non ha nulla da fare”, un po’quello che si diceva di Palazzo Zanca mesi addietro e dunque al sindaco non resta che “lottare” dietro minaccia di dimissioni imminenti.

Un copione che si ripete e si adatta a un nuovo teatro, mentre a Palazzo Zanca ormai si respira un’aria del tutto diversa. Il Consiglio Comunale, dopo il cacofonico e continuo braccio di ferro con il sindaco degli esordi e dopo aver regalato a quel sindaco una maggioranza mai conquistata con l’approvazione della manovra lacrime e sangue, è diventato “più produttivo e meno oneroso per le casse del Comune”. Come riporta Gazzetta del Sud in un recente articolo, “non c’è più la corsa al gettone”. 

Ma mentre il Consiglio lavora e approva lo stop a sacchetti e posate di plastica e il nuovo regolamento Cosap, dimostrando grande coesione al di là delle appartenenze politiche” – come commenta il presidente di Confesercenti Alberto Palella – la sensazione d’incertezza rimane: si lavora e bene nell’interesse dei cittadini e si va avanti con l’infinito “cronoprogramma” o s’inizia a rinunciare a quella funzione di organo di controllo e d’indirizzo che dovrebbe definire il consiglio comunale e le attuali 8 commissioni consiliari?

Che dopo l’approvazione del progetto “salva Messina” sia rimasto ben poco margine per “controllare”?

Una volta dato il benestare a una “cornice” che contiene qualsivoglia tipo di provvedimento, dai servizi sociali al patrimonio immobiliare, dalle partecipate “grande vulnus del comune”, alla riorganizzazione dei servizi di Palazzo Zanca, da ambiente e sanità fino al contrasto all’evasione, quando, dove e come è più possibile dire “no”?  

In fondo nel testo del Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale era scritto a chiare lettere: “si evidenzia che oltre ai numerosi provvedimenti adottati dalla Giunta Comunale in merito alla riduzione dei costi ed alla riorganizzazione degli uffici e dei servizi municipali e delle partecipate sono state adottate dalla Giunta Comunale ben 33 delibere, ivi inclusa quella presente del PRFP (procedura di riequilibrio finanziario pluriennale) che rappresentano la “scelta irreversibile” di modificare gran parte della struttura municipale e del sistema delle partecipate “.

La “scelta irreversibile”, tra virgolette certo, ma irreversibile votata e approvata dal Consiglio Comunale in nome del bene della cittadinanza e della città.

Oggi, come ai tempi dell’approvazione del Salva Messina, la fotografia rimane quella di un Consiglio le cui decisioni non possono discostarsi troppo da quelle dell’ “avanti senza se e senza ma” del primo cittadino, o tutti a casa.

In principio doveva essere addio alle partecipate e addio a “percorsi assunzionali distanti dalla meritocrazia”. E su quell’indirizzo il Consiglio Comunale ha dato, infatti, l’ok a ben 3 società partecipate ma “speciali”, l’Arisme, la Messina Social City e la “Senza Nome” per il patrimonio immobiliare.

Per quanto riguarda i percorsi assunzionali, prendiamo la spinosa questione dei servizi sociali.

Il 20 novembre scorso viene approvata la delibera “Criteri di transito nell’agenzia Messina Social City delle risorse umane già inserito presso le cooperative aggiudicatarie dei servizi sociali finanziati con il bilancio comunale”, presenti sempre 20 consiglieri, approvato da 17. La metà del Consiglio – che ancora evidentemente non era così produttivo – più uno.

Approvata la creazione della nuova partecipata Messina Social City, si dichiarava quello che a distanza di poco più di due mesi si è poi avverato, o quasi.  Addio alle cooperative, è vero ma anche alla tanto decantata meritocrazia.

Solo a ottobre scorso nelle sue riflessioni sul “Salva Messina” il sindaco spiegava che in quel documento “non c’è nulla che appartenga alle logiche della vecchia politica e alle logiche clientelari”:

«Non possono più essere tollerati nel settore pubblico e para pubblico vantaggi derivanti spesso da percorsi assunzionali distanti dalla meritocrazia […]Noi difendiamo il lavoro intenso come competenza messa al servizio della comunità, non difendiamo semplici posti di lavoro dati spesso senza concorsi secondo logiche di appartenenza a gruppi di potere[…]Purtroppo il disastroso contesto urbano di Messina agevola la cultura della raccomandazione e spesso rende protagonisti gli artefici e i professionisti delle scorciatoie e della mediocrità».

Ancor prima in campagna elettorale De Luca definiva i bandi per i servizi sociali del 2014 “un copia incolla rispetto a quello delle passate amministrazioni stessi utenti stesso personale”. Perché dunque l’intero Consiglio ha deciso che” il nuovo corso dei servizi sociali ” mantenga il frutto di quella “cultura della raccomandazione”? O forse le accuse iniziali erano infondate?

Ma già in seduta consiliare del 20/11/ 2018 discutendo della proposta di deliberazione n° 76 riguardante “criteri di transito nell’agenzia “Messina Social City” il sindaco rispondeva al quesito:

“posto che l’intento è garantire tutti, compresi quanti, nel silenzio anche di chi avrebbe dovuto reagire, sono stati vittime di certe “fasi storiche”, richiama la necessità di doversi attenere comunque alle norme” e a proposito dei criteri ” gli preme solamente che quel tavolo faccia giustizia delle vittime che risultano esserci state di una certa politica” – importante conclude – “è che il Consiglio si ritrovi su una linea di indirizzo”.

Si è giunti a un percorso che prevede la garanzia di tutti i lavoratori che sono stati impiegati in questi anni nelle cooperative e bando pubblico con punteggi aggiuntivi per gli iscritti alla ormai famosa long list, con approvazione del Consiglio Comunale.

Il punto non è se il nuovo corso sia giusto o sbagliato, ma la distanza tra ciò che si dichiara, quello che viene scritto e approvato in maniera “generica”, il margine di “modifica” consentito e quello di opposizione a tutto quanto precede una volta dato il via libera al Salva Messina.  

L’amministrazione continua ad apparire compatta. Secondo l’ultimo comunicato dell’Assessore Calafiore riguardo le procedure di avvio del servizio con l’azienda Speciale Messina Social City e il passaggio dei lavoratori, si precisa: “l’Amministrazione era perfettamente a conoscenza che ci sarebbero stati tentativi per boicottare l’internalizzazione dei servizi gestiti dalle cooperative e certamente non si esclude che non mancheranno altri ‘assalti’…abbiamo tuttavia fatto una scelta precisa, condivisa con il Consiglio comunale”.

Forse è vero. Forse non si era mai visto un Consiglio così compatto, produttivo e orientato verso i bisogni della cittadinanza.

O forse questa volta “il Consiglio è nudo”, ma tutti guardano il re… “senza se e senza ma”.

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