Palermo; le donne che vorrei

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di  Giorgia Medici

 (studentessa di Lettere e Filosofia – Università di Palermo)

 

La storia che mi appresto a raccontare non riguarda soltanto una vedova affranta, sgomenta per la morte di un marito presente ed onesto, bensì tratta di una donna che dall’uccisione del marito, il procuratore Gaetano Costa, ha tratto la forza necessaria per muovere i suoi primi passi verso quella che si rivelerà una tenace e persistente opposizione all’operato della criminalità organizzata.

La donna, afflitta ma risoluta, racconta di come il procuratore, nell’Agosto 1980, venne ucciso da un killer solitario, proprio mentre si accingeva ad acquistare un giallo, che probabilmente avrebbe portato con sé il mattino dopo, quando sarebbe partito in compagnia di Rita, per trascorrere qualche giorno a Vulcano.

Gli anni dell’assassinio di Costa sono costellati di avvenimenti simili: egli difatti non è che l’ennesima vittima della spietata crudeltà della malavita palermitana, crudeltà alla quale Rita, moglie addolorata e cittadina fortemente mortificata, non ha voluto piegarsi. La donna, riconoscendo quanto ciascun delitto rappresentasse una provocazione rivolta ad una magistratura fiaccata dalla sua stessa codardia, ha avvertito la necessità di reagire, di mostrare la propria tenacia. Rita Bartoli non si è mai arresa nella ricerca dei colpevoli che ordinarono l’uccisione del marito e, sebbene il movente dell’omicidio sia probabilmente da ricercarsi in una firma “in solitudine” apposta dal marito per la convalida di 55 arresti, la donna non ha rinunciato a dissotterrare verità nascoste, scomode ma essenziali  per sconfiggere l’omertà di cui la mafia si alimenta.

La donna, fermamente convinta del fatto che la malavita traesse la sua forza dalla mancanza di insurrezione delle coscienze, ha preferito l’attivismo all’antimafia da salotto, ha deciso di imboccare la strada della sollevazione, piuttosto che quella del silenzio. Ed ecco che Rita, sostenitrice dell’importanza dell’educazione dei giovani ad una nuova coscienza civile, promotrice della sovversione di una cultura di morte, ritorsione e prepotenza, si trova a rappresentare egregiamente quante di noi hanno scelto il coraggio, la risolutezza, la perseveranza.

Rita racconterà nel libro dedicato al marito, Una storia vera a Palermo, come Gaetano non si mostrasse affatto timoroso, restio persino ad accettare la scorta assegnatagli dalla procura di Palermo, perché riluttante all’idea di mettere a repentaglio la vita altrui. Il procuratore viene descritto dalla moglie quale uomo profondamente giusto, irreprensibile e del tutto dedito al suo compito, che avvertiva come una vocazione, piuttosto che come un semplice incarico. La donna ha consacrato la sua vita ad un’ostinata ricerca di verità celate dietro false deposizioni e processi archiviati in nome di una giustizia tradita, forse dimenticata, da procuratori spaventati e giudici incapaci.

La donna si è spenta nel 2008, lasciandoci in eredità la sua indiscutibile tenacia e la sua sete di giustizia, affinché la brama di verità vinca il silenzio ed uno fra i capitoli più dolorosi della storia siciliana possa finalmente concludersi.

A lei chiediamo che  la città di Palermo intitoli un luogo significativo  che conservi memoria del coraggio, dell’impegno e del rigore di una grande donna.

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