Un incontro ricco di spunti e riflessioni all’università di Messina quello con Salvatore Borsellino. Il pubblico eterogeno ha ascoltato con grande partecipazione gli interventi che si sono susseguiti. Le associazioni universitarie Ingenium e Morgana hanno promosso l’evento per promuovere la cultura della legalità permettendo dunque di aprire una finestra sulle stragi del 1992, ancora ricoperte da molti segreti e misteri.
Mauro Prestipino, ha introdotto l’intervento di Salvatore Borsellino, sottolineando che in questo momento è importante parlare della trattativa Stato-mafia perché ancora oggi sono sconosciute le radici sulle quali è nata la seconda democrazia. Salvatore Borsellino è arrivato in aula con la sua agenda rossa. Il primo ringraziamento è andato a Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto a Messina: “L’incontro con Ardita mi ha segnato perché attraverso di lui e le parole del suo libro ho capito che in questo paese si continuano a pagare le cambiali della trattativa tra mafia e stato e per questo mio fratello è stato ucciso. Lui è stato eliminato e con la sua morte è sparita anche la sua agenda” L’agenda del giudice è diventata un simbolo, ma nello stesso tempo l’emblema di segreti che si volevano e si vogliono offuscare completamente.
Per questo Salvatore Borsellino crede fermamente che “nel contenuto originale si dibattono gli equilibri incrociati di questa seconda repubblica che è nata proprio sulle stragi del ’92”. Il racconto del fratello del magistrato ucciso dalla mafia, ricorda poi le scelte che hanno condizionato le loro vite. Paolo ha scelto di rimanere a Palermo, mentre Salvatore a ventisette anni ha scelto di lasciarla:” Io in questa città ho vissuto la guerra di mafia, i morti ammazzati ricoperti da lenzuola bianche. Ho assistito al cambiamento della Conca D’Oro. Gli agrumeti sono stati distrutti e sono sorti sempre di più selve di cemento, dove spesso i piloni nascondevano corpi. A lungo ho pensato che fosse la scelta giusta. Mentre Paolo aveva una visione diversa. Nella sua vita ha messo insieme l’amore per la sua terra e lo stato. Dopo quel 19 luglio del 1992 ho capito che non serve fuggire dalle cose che non ci piacciono”. In questi vent’anni Salvatore insieme a tutta la società civile sta combattendo per ricevere giustizia e verità “Oggi sono parte civile nel processo di uno Stato che sta processando sé stesso. E per questo motivo si desidera ostacolare quei magistrati che stanno lottando per la ricerca di un pezzo di verità.
Le indagini sono a un punto cruciale e per questo si vuole isolare chi sta lavorando. Il nostro clima è uguale a quello di vent’anni fa. Siamo di fronte a un sistema di potere che sta collassando. Nonostante tutto io voglio delle risposte. Voglio sapere chi è stato il fautore del depistaggio. Chi ha messo quelle parole in bocca a Scarantino? Al processo di Palermo devono venire gli altri pezzi dello Stato: quelli che hanno tradito”. L’intervento appassionato di Sebastiano Ardita, autore di “Ricatto allo Stato” ha chiarito cosa significa essere magistrato, sulla scia anche di esempi come Falcone e Borsellino che hanno pagato un prezzo altissimo per la legalità: “Io ero quello che oggi viene chiamato un magistrato di tirocinio quando sono morti Falcone e Borsellino. Noi siamo stati una generazione troppo provata per svolgere il nostro lavoro in maniera burocratica. Siamo stati formati a credere in quello che facciamo a costo anche di qualche sacrificio personale. L’obiettivo della mafia è quello di far dimenticare cosa significhi far il giudice a Palermo. Noi speriamo che questa non accada”.
L’intervento integrale di Salvatore Borsellino: http://spreaker.com/user/ilcarrettinodelleidee/borsellino_mp3