sabato 24-09 ore 14. e’ il secondo “ telejato day”. il primo si è svolto circa un anno fa, a seguito di minacce e lettere anonime pervenute a pino maniaci, gestore dell’emittente. anche allora, al convegno svoltosi al palazzo dei carmelitani, salvo vitale ha sollevato il problema della sopravvivenza di telejato nella prospettiva dell’avvento del digitale terrestre. l’associazione rita atria si era fatto carico di promuovere una raccolta di fondi in una prospettiva di azionariato popolare, nella gestione della testata, ma la cosa non ebbe alcun successo. il problema si ripropone oggi, quando mancano nove mesi alla chiusura definitiva di tutte quelle televisioni private che non si saranno messe in regola con le direttive governative già fissate nella finanziaria 2011. sopravviveranno solo quelle che dimostreranno di possedere i requisiti e che riusciranno a comprare, a fior di quattrini e di protezioni politiche quel che resta delle bande, dopo quelle che il governo ha deciso di “regalare”, cioè di dare gratuitamente alle maggiori emittenti nazionali.
per quel che riguarda le televisioni comunitarie, cioè quelle gestite dal volontariato e al servizio di un progetto culturale, la loro esperienza è di fatto chiusa. le loro bande sono state vendute alle reti di telefonia mobile e la loro momentanea sopravvivenza è una sorta di regalo che viene fatto per far morire meglio chi è già morto, una sottile strategia per prorogare “the after day”, diluire le tensioni, mettere poi definitivamente tutti davanti al fatto compiuto. quel che è più strano è che la maggioranza di queste televisioni, se ne contano oltre 250, sono gestite da gruppi religiosi, in gran parte cattolici: si sperava che il governo, che col vaticano ha sempre avuto un occhio di privilegio, avesse avuto rispetto per queste forme d’informazione , invece il “repulisti” è stato drastico, c’è stata quella che è stata definita una “telemattanza”. e’ probabile che ai cattolici saranno stati promessi altri spazi di sopravvivenza all’interno dei circuiti controllati dal governo. calcolando che in ognuna di queste emittenti lavorano da cinque a dieci persone, sia pure in condizioni economiche precarie, dato il limite di tre minuti di pubblicità l’ora, rimarranno prive di lavoro circa 25.000 persone.
altro discorso per le televisioni commerciali, circa 300, che assicurano in tutta italia l’informazione locale. ogni regione emetterà un bando (la liguria e la toscana l’hanno già fatto), invitando le emittenti a presentare i requisiti, ovvero i beni immobiliari posseduti, il volume d’affari, l’area di diffusione coperta e soprattutto la disponibilità finanziaria per acquistare la lunghezza d’onda. le poche emittenti che riusciranno ad accaparrarsi un’antenna, avranno a disposizione cinque bande su cui articolare la diffusione sul territorio con intese (sempre a pagamento) con altre televisioni e con la creazione di reti sotto una voce comune. ci si potrà opporre alla mancata assegnazione della frequenza e presentare eventuali ricorsi, ma la divergenza potrà essere risolta solo economicamente, ovvero con l’assegnazione di una somma di denaro, da parte dello stato, all’emittente danneggiata, non con la
possibilità di trasmettere ancora. la legge non prevede particolari situazioni relative alla storia dell’emittente, alla qualità del materiale trasmesso, agli indirizzi educativi, culturali, formativi, alla preparazione, alle qualità professionali e all’impegno del personale, nessuna differenza tra chi copre intere ore nelle telepromozioni di materassi, divani, attrezzi da palestra, corredi, previsioni magiche del futuro e chi sta giornalmente con la telecamera accesa per documentare, denunciare, presentare tutto quel che succede sul territorio con interviste, riprese ed estenuanti ore nel montaggio di quello che è stato ripreso e nell’associazione dell’immagine alla notizia.
le conseguenze di tutto ciò sono chiare: la programmazione sarà affidata a potenti reti televisive che proveranno a scimmiottare quello che viene trasmesso sulle reti nazionali, il tutto in un progetto di banalizzazione, di omogeneizzazione dell’informazione, di controllo dall’alto, in base al principio che il telespettatore non è persona, ma cliente, acquirente, non è soggetto politico autonomo, ma riproduttore del consenso della maggioranza, alla quale la voce della minoranza è utile solo per dare l’immagine d’una apparente democrazia. in tutto questo la minoranza si accontenta degli spazi magnanimamente concessi e tutto ruota nella riproduzione all’infinito di un
sistema in cui al fare si sostituisce il “far credere di fare”, il “fare l’affare” e la proiezione pilotata delle immagini si sostituisce all’autenticità del reale.
non abbiamo sentito nessuna voce dell’opposizione levarsi contro questo sciagurato progetto:o sono complici o sono ignoranti: o hanno raggiunto un accordo con i signori dell’emittenza, o non hanno neppure letto e preso in considerazione la legge che il governo ha approvato sotto i loro occhi. ci vogliamo attaccare a questa seconda ipotesi per sperare ancora che qualche spazio e qualche possibilità possa essere salvata o conquistata con una lotta che, nei prossimi mesi veda associarsi tutte le emittenti libere per richiedere la salvaguardia del proprio spazio di trasmissione. stiamo raccogliendo firme di adesione al comitato “siamo tutti telejato”, ma nel contempo ci riserviamo di inviare al presidente della repubblica, al ministro dello sviluppo economico, ai responsabili dei partiti politici, alle due camere, una petizione per chiedere la salvaguardia e il rispetto di quanto detto nell’art. 21 della costituzione, attraverso la permanenza delle emittenti locali che facciano informazione. un gruppo di avvocati sta anche prendendo in considerazione l’ipotesi di presentare una riserva sulla costituzionalità della legge. un intervento sarà fatto anche presso il parlamento europeo, per esaminare se la legge è conforme alle norme comunitarie sulle telecomunicazioni.
l’iniziativa che parte da partinico, il paese in cui è nata nel 1970 la prima radio libera italiana, per iniziativa di danilo dolci, vuole anche svegliare la sinistra italiana dall’atavica diffidenza,dal disinteresse, dalla mancata considerazione dell’utilità dei mezzi d’informazione che serve a sostituire la pluralità delle voci libere all’imposizione del parere di una sola persona.
hanno già firmato l’adesione l’associazione culturale onlus peppino impastato di cinisi, l’associazione rita atria, la testata “corleone dialogos”, l’associazione “libera”, l’associazione “addio pizzo”, l’anpi, alcune emittenti locali e moltissime persone.
(salvo vitale)