Piccola storia dell’immigrazione in Italia

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Negli inizi degli anni ottanta, l’Italia era un paese chiuso, atipico, un paese che aveva visto i suoi figli migliori abbandonare la nave per partire alla ricerca di fortuna altrove. Non tutti tornarono, ma molti lo fecero e così rientrarono con capitali freschi investendo in un paese che era in piena ripresa. Anni d’oro che attirarono la manodopera straniera richiesta per lavori domestici e manovali da imprenditori sempre più avidi. Così, i primi migranti furono quelli di classe A, gli europei dalla pelle chiara, e per i lavori domestici, in funzione della moda, indiani, o pachistani, o filippini. La società era ridente, tutti lavoravano, e potevano spendere. I primi migranti neri arrivati nella meta degli anni ottanta vi trovarono il paradiso su terra. Il lavoro manuale fu completamente affidato ai migranti ed i stipendi erano ancora alti. Poche persone sanno che all’epoca, il visto non era necessario per prendere l’aereo, e quindi, passare dal mare o dall’aeroporto non faceva differenza, i mezzi si. Con il benessere dilagante in Europa, i soldi giravano abbastanza, e così, i primi migranti neri erano pagati sottocosto, si, ma rilegati in condizioni disumani, senza nessuno che gli affittasse una casa, costretti a vivere in vecchie fabbriche senza servizi alcuni. Era gente semplice, proveniente da ceti bassi nella durissima società africana, ed avevano trovato un filone. Un filone che significava vita, che significava mangiare, che gli faceva credere in un futuro che non avevano nelle loro savane sempre più aride. Avevano trovato la vita, o almeno così credevano. I primi migranti neri in Italia furono i senegalesi, seguiti da vicino dai ghanesi e dai nigeriani che facevano però del bel paese una semplice tappa per proseguire verso l’Inghilterra, la Francia, e paesi  meno avversi anche perché l’integrazione in codesti paesi era maggiore visto il loro trascorso coloniale. Poi cominciarono a fermarsi, bloccato dalle frontiere e dall’odio francese nei confronti di quel popolo nero da cui traggono la loro economia. Le frontiere in Europo furono rinforzate, le leggi più dure ed inflessibili, le speranze di passare la frontiera sminuzziate, i migranti scelsero i paesi “minori”, come la Spagna, il Portogallo, l’Italia, la Grecia, e così via. I paesi europei che si affacciavano sul Mediterraneo non erano appetibili, e quindi poco sorvegliati, poco conoscitori dei migranti, e poco disposti ad accoglierli. Dei migranti, i popoli del mediterraneo non sapevano niente o ben poco. Furono da subito compatiti, ma discriminati, rifiutati, ma usati. La prima sanatoria per regolarizzare la posizione dei migranti fu dell’ottantadue, data in cui fu concesso il permesso di soggiorno a trecento ventimila immigrati. Dal mille novecento novantatré, l’immigrazione é la causa del saldo naturale positivo della crescita del popolo italiano. Un popolo in gran parte privo di conoscenze sull’altro perché chiuso per secoli nel suo alveare e preso nella spirale del capitalismo che rilega l’essere umano al rango di strumento. L’Italia, tra le grandi potenze del mondo all’epoca, contava sul rientro dei suoi espatriati, sulla nazionalizzazione dei trenta milioni di migranti che in un secolo lasciarono il bel paese alla ricerca di un futuro migliore. Oggi nel mondo, ci sono più di sessanta milioni di italiani nel mondo che possiedono o hanno diritto al passaporto. Ma di rientri, progressivamente, non se ne fecero più dopo gli anni sessanta. L’Italia arrancava a prospettare un futuro alla pari della Francia, della Germania, e dell’Inghilterra. La demografia bassissima, l’età sempre più vecchia, le condizioni sempre più dure, portarono l’Italia degli anni novanta ad affacciassi sul mondo, cominciando dal mediterraneo, alla ricerca di nuovi mercati, e di nuovi uomini. Precedenza fu data ovviamente ai “bianchi” dell’Est, poi ai marocchini, poi finalmente, ai neri. Gli accordi firmati dai governi sul flusso migratorio hanno una scaletta che fa orrore. In grado al colore di pelle, si concede il maggior numero di entrate. Ai neri, rimaneva solo la clandestinità. E nella clandestinità, fecero i lavori più duri ed umili, menomando per sempre le loro speranze, ed anche le loro vite. Nessuno studio mai é stato effettuato sui migranti che nei anni novanta tolsero alla macchina il suo primato di efficienza nella raccolta dei pomodori. I pomodori sono ovviamente trattati con prodotti nocivi, ed i migranti, per fare presto, e riuscire a chiudere i conti, li raccoglievano a mani nude, esponendosi a rischi tutt’ora sconosciuti. Secondo i dati dell’inchiesta da me fatta, un quinto dei braccianti dell’età compresa tra i venticinque ed i quarant’anni sono morti per malattie della pelle e cancro. Nei villaggi del Burkina Faso, migliaia di persone muoiono per le sostanze tossiche accumulate nel lavoro per tentare di vivere. Ovviamente, erano clandestini, senza diritti, e senza esistenza, e quindi, il prezzo dell’ingiustizia non sarà mai pagato. Il problema maggiore in Italia, nacque dalla veduta cristiana sui popoli africani e sopratutto poveri, che in un qualche modo dovevano destare pietà, per essere aiutati. Le immagini ricorrenti dei popoli costretti alla migrazione portavano compassione, e quindi senso di superiorità. Sull’ignoranza di un popolo, interi partiti furono costituiti e vinsero anche assieme ad altri partiti “nazionalisti” le elezioni, rafforzando le misure contro l’immigrazione, colpevole di speranza. A questo proposito, non posso non citare la fonte ufficiale di Wikipedia sui dati dell’immigrazione in Italia:

 

Secondo i dati Istat più recenti, relativi al 1º gennaio 2011, sono presenti in Italia 4.570.317 stranieri[9], pari al 7,5% della popolazione totale, con un incremento, rispetto all’anno precedente, del 7,9% (335 000 persone), in frenata rispetto all’aumento registrato nel corso del2009 (+343.000) ed in generale il più basso dal 2006. L’incremento della popolazione straniera residente verificatosi nel corso del 2010 è dovuto non soltanto a nuovi arrivi ma anche ad un saldo naturale positivo di circa 73 000 unità (risultanti da 78 000 nati contro appena cinquemila morti)[10]. In diminuzione va conteggiata l’acquisizione della cittadinanza italiana di quasi 66 000 stranieri. Il fenomeno delle naturalizzazioni, seppure in costante aumento negli ultimi anni (+11,1% rispetto al 2009) è tuttavia ancora limitato nel nostro Paese. A titolo di paragone si consideri che in Francia nei soli anni 2005 e 2006 sono state concesse complessivamente 303 000 cittadinanze[10].

La popolazione straniera presenta un’età media decisamente più bassa di quella italiana; nel2009 i minorenni erano 932.675 (il 22% del totale) mentre gli stranieri nati in Italia (le cosiddette seconde generazioni) erano ormai 573 mila[11], cioè il 13,5% del totale degli stranieri. In particolare, gli stranieri nati in Italia nel 2010 hanno rappresentato il 14% del totale delle nascite, un’incidenza circa doppia rispetto a quella degli stranieri sul totale della popolazione residente[10].

I dati delle statistiche ufficiali basate sulla residenza, come è ovvio, non comprendono i numerosi stranieri che dimorano illegalmente sul territorio nazionale. La Fondazione Ismu-Iniziative e studi sulla multietnicità con una sua ricerca del 1º gennaio 2008[12] stima la presenza di un 17,9% in più di immigrati irregolari presenti sul territorio italiano (circa 650.000).

Analizzando le zone di provenienza, si nota come negli ultimi anni ci sia stato un deciso incremento dei flussi provenienti dall’Europa orientale, che hanno superato quelli relativi ai paesi del Nordafrica, molto forti fino agli anni novanta. Ciò è dovuto in particolare al rapido incremento della comunità rumena che, in particolare nel 2007, è all’incirca raddoppiata, passando da 342.000 a 625.000 persone e rappresentando quindi la principale comunità straniera in Italia. Ciò è dipeso, verosimilmente, dall’ingresso della Romania nell’Unione Europea che ha facilitato i flussi e dall’affinità linguistica. Al 1° gennaio 2011 i romeni, con quasi un milione di residenti, rappresentano la prima comunità straniera (oltre un quinto degli stranieri presenti in Italia)[10]. Accanto ad essi le principali comunità straniere presenti in Italia sono quella albanese, marocchina, cinese ed ucraina[10]. Al 1º gennaio 2011, circa la metà dei residenti stranieri proviene da Paesi dell’Europa orientale, in particolare un quarto da Paesi di quella regione che hanno aderito all’Unione europea tra il 2004 ed il 2007.

Un discorso a parte merita la comunità zingara sul territorio italiano, ripartita tra Rom (più diffusa al Centro-Sud e con maggiore propensione alla sedentarizzazione) e in minor misura Sinti (soprattutto al Nord, ma con forte tendenza al nomadismo). Stime approssimative riportano 120.000 unità, di cui circa 70.000 di cittadinanza italiana.[13]

La tabella a destra riporta il numero di cittadini stranieri residenti in Italia suddivisi per cittadinanza per gli anni 2005 e 2011. Come si può notare, le comunità che hanno registrato un aumento maggiore provengono dall’Est Europa (in ordine, Romania, Moldavia, Bulgaria, Ucraina e Polonia) e dall’Asia meridionale (rispettivamente, India, Bangladesh e Pakistan). Contenuto, invece, è stato l’afflusso di nuovi tunisini, serbi e senegalesi.

 

Contenuto é l’afflusso di nuovi tunisini, serbi, e senegalesi …. Dice tutto. Il governo Berlusconi dotò di armi di guerra il leader libico Ghedaffi affinché vegliasse sulla porta d’entrata dell’Europa. Con codesti mezzi, furono affondate centinaia di navi, uccise migliaia di persone, abusate decine di donne.

L’immagine stessa dell’immigrato in Italia prende una connotazione diversa. I media lo trasformarono in bisognoso. Gli italiani crebbero che avesse il senso di inferiore. Le leggi arbitrarie nei confronti degli immigrati furono oggetti di numerosi richiami della comunità europea non abbastanza forte per far sentire la sua voce. L’immigrazione divenne un problema per l’Italia perché i tempi cominciavano a farsi duri e la crisi era alle porte. La responsabilità, ovviamente, ricadde su di loro. Gli invasori. Quelli che permettono alle coppie di lavorare entrambi curandosi della mamma, quelli che malgrado le avversità del tempo, senza mai lamentarsi, portano a termine il compito a loro affidato per poco, quelli che accettano lo sputo in faccia e vanno diritto dopo il lavoro in case affollate senza privacy e senza vita. L’Italia ha tolto la vita al migrante senza rendersi conto di suicidarsi. L’immigrazione non nasce necessariamente dal disagio, ma dalla voglia di conoscere altri mondi, dal desiderio di sapere di altre culture. La politica italiana nei confronti dei giranti che oggi hanno raggiunto il banale numero di cinque milioni (La Francia, l’Inghilterra, la Germani, ne contano più del doppio) é basilare, idiota, semplice, e testarda, non considera l’immigrato come un entità pensante, non chiede ne prende suggerimenti da lui, il pensiero stesso non lo sfiora. L’immigrato diventa a torto la ragione del disagio costante. La gente cerca la gente ma trova il vuoto, anche perché, la definizione loro della gente, riguarda solo chi li assomiglia.

Il forte disagio psicologico subito dai migranti é chiaro agli occhi degli autoctoni. Gli stranieri impazziscono. Eppure loro, un obiettivo, c’é l’hanno.

Da dove nasce questa repulsione per i migranti in un napee che é stato il primo ad importare valori diversi alla ricerca dell’equità?

Chi é quel ragazzo al semaforo che prova con l’astuzia a lavacri il vetro mandandoci in tutti nostri stati?

Lui ha una storia. Come tutti. Forse posso provare a raccontarla, ma sarebbe una storia tra tante altre. Preferisco pensare che lui sia un Uomo. Semplice, nato in un mondo duro. L’Italia é dura, molto, ma lo é anche il mondo.

La política italiana si deve di riconoscere l’impatto positivo dell’immigrazione perché i dati mostrano che le pensioni degli anziani sono pagati dai migranti. I migranti hanno una vita e molti di loro l’hanno qui. E non se la sentono. Le avversità delle legge sono orripilanti per chi la vive, le ingiustizie si accumulano, e la rabbia sale. Arrivata al parossismo, succede ciò a cui il mondo ha assistito in Francia, in Inghilterra.

Il lavoro uccide, ed oggi, sopratutto quello duro. La scrivania uccide, ma in un altro modo. Uccidere per uccidere. Ai migranti, manca l’onore e la dignità di poter partecipare alla vita in una vita che vivono stessi loro.

La compassione non é un sentimento, é la prova dell’imbecillità umana. la logica vorrebbe che anche se non volessimo avere il vetro lavato, contraccambiassimo con un sorriso.

 

Ouango K Judicael

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