Dirlo con delle bambole appese su un muro di via De Amicis (MI), esprimerlo con frasi che vogliono sottintendere ed esplicitare un messaggio chiaro:” Le donne non sono delle bambole di pezza, la donna non è un gioco da collezione, il femminicidio è una cosa seria non è un gioco, il femminicidio è un crimine contro l’umanità”. Questo il senso della singolare iniziativa a Milano. Wall of dolls: una installazione per dire no ad un fenomeno che tocca tassi di spread sempre più vertiginosi: una vittima di femminicidio ogni due giorni.
Il muro della denuncia, ma anche un moto espressivo contro il muro dell’indifferenza, della difficoltà a reagire, delle mura domestiche scenario della sopraffazione, degli abusi denunciati e spesso sottovalutati dalle istituzioi e talvolta anche da chi dovrebbe tutelare la nostra incolumità.
L’Istallazione, ideata da Jo Squillo e dall’organizzazione Intervita, il 21 Giugno ha aperto la settimana delle sfilate di moda maschile e ha visto la partecipazione di 50 famosi marchi del fashion made in Italy, che hanno realizzato o donato delle bambole da appendere al muro; artiste, scrittrici e anche associazioni e Onlus, tutte pronte ad ornare il muro con un simbolo che richiami simbolicamente il mondo femminile. La bambola come rimando all’ innocenza, alla femminilità violata.
Tra le donne intente a leggere il muro qualcuna fa delle valutazioni: “ Mi sono trovata a passare per caso ed il muro ha avuto per me un effetto spiazzante! Non sapevo se si trattasse di un’opera d’arte contemporanea o di un’insolita esposizione di oggetti usati. Avvicinandomi però ho capito l’importanza di un gesto che invita a non tacere ed a mettere a fuoco il problema della violenza sulle donne”, e ancora “ La bambola ha per noi donne un legame affettivo con il passato, ma qui acquista il valore di una denuncia per il presente che troppo spesso si tinge di violenza” anche qualche uomo rilascia le sue impressioni: “ Penso che rompa con la quotidianità. E’ un modo per stimolare nel passante che si sofferma una riflessione sulla violenza che spesso ha in casa e si vergogna di denunciare”. “ Trovo interessante questo condividere un oggetto che è appartenuto alle donne per farne un oggetto denuncia, penso che sia un grande peccato che la parità di generi tanto voluta non si sia tradotta anche in una scomparsa della violenza e della sopraffazione del maschile sul femminile”.
Insomma Wall of dolls, come le molte altre iniziative di sensibilizzazione sul tema, ci dice che “Non si può abbassare la guardia” su questa variegata gamma di sopraffazione che va dallo schiaffo, allo stupro alla violenza psicologica; e lo dimostra il fatto che il femminicidio talvolta diventa quasi un gesto eroico che si inserisce nel quotidiano con dei risvolti agghiaccianti, come nel recente caso in cui un uomo uccide la ex moglie e posta una frase scalpo trionfante sui social ricevendo molti mi piace, come se uccidere fosse diventato aver superato un livello del famoso gioco online Candy Crush Saga.
Iniziative come questa milanese, volte a denunciare e a far riflettere su questo crimine, sono meritorie di attenzione. Ma non basta il “purché se ne parli”, e non è una questione che si può semplicisticamente risolvere con una equazione tra vittima e carnefice.
Wall of dolls ha di per sé una valenza positiva nel sollecitare le coscienze su fenomeni importanti, ma non deve sicuramente rimanere fine a sé stessa. Con il denunciare, deve innescare nuove trasformazioni sociali e politiche per un cambiamento progressivo e reale dei margini reali e drammatici in cui si muove il problema sociale del femminicidio.
L’istituzione di un osservatorio nazionale sul femminicidio, visto che attualmente i dati sono soprattutto quelli forniti dal telefono rosa, potrebbe essere ad esempio espressione di un’ attenzione specifica dello Stato verso il fenomeno, ma anche un modo per avere chiaro l’andamento del fenomeno stesso ed attuare iniziative mirate.
Giuseppe Finocchio