Alcool, droghe, alta velocità, trasgressione, pericolo, seguiti da paura, sangue, dolore e, troppo spesso, la fine della vita. È questo lo scenario che si prospetta sulle strade italiane: strade in cui la sicurezza è stata dimenticata, strade abbandonate da chi dovrebbe occuparsene, strade governate dall’anarchia, strade che accolgono quasi a braccia aperte il dolore e lo strazio di continue vite spezzate. E davanti a tutto questo c’è la legge, una legge che guarda inerme il dolore delle vittime, una legge che guarda inerme alla solitudine in cui i familiari di queste vengono abbandonati, una legge che non si preoccupa di difendere i loro diritti ma che, al contrario, giustifica chi, anche se non volontariamente, ha commesso un omicidio.
Omicidio, è proprio questa infatti la colpa di cui si macchia chi, guidando ad una velocità troppo elevata, guidando sotto effetto di alcool o stupefacenti, o semplicemente guidando con troppa distrazione è causa della fine di altre vite umane. Con troppa leggerezza viene trattato il problema, con troppa non curanza questi criminali vengono considerate vittime, vittime di chi, spezzato dal dolore di una perdita, combatte cercando di far sentire la voce di chi non può più urlare. I ruoli si invertono, e ancora una volta, la giustizia italiana è ben lontana dal tutelare i diritti dei cittadini.
Le vittime vengono trattate da colpevoli e i colpevoli da vittime, portare avanti un processo per mesi o, addirittura, anni cercando di fare giustizia e far valere i propri diritti viene giudicata un’azione molesta. “Perseguitato” questo è il termine attribuito a chi si è macchiato dell’orrore di un omicidio, perseguitato da chi si è rifiutato di stare in silenzio e ha lottato affinché i crimini commessi non vengano insabbiati.
Anche questa è lotta contro la mafia.
Un boss non è più colui che indossa una coppola e imbraccia una “lupara”, mafioso oggi è colui che, in giacca e cravatta, nasconde i crimini commessi da terzi, è colui che in tribunale difende pluriomicidi, mafioso è colui che fa della giustizia un’arma contro la legalità.
È per questo che, il 23 Maggio del 1998, è nata l’ AIFVS, Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada, comitato che si pone l’obiettivo di fermare le stragi che avvengono, sempre più frequentemente, sulle strade italiane, si pone l’obiettivo di dare giustizia a quelle famiglie, vittime di gravi lutti, lasciate abbandonate dallo Stato. Apartitica e senza alcuno scopo di lucro, l’associazione viene portata avanti esclusivamente dai numerosissimi volontari che, nel corso degli anni, ne hanno permesso la crescita: il territorio abbracciato dall’AIFVS comprende tutta la nazione, 119 sono le sedi in Italia. I tentativi di sensibilizzazione sono stati notevoli e l’impegno è stato premiato dalle adesioni sempre più numerose: l’associazione è portavoce del dolore delle vittime.
“I nostri familiari sono stati sottoposti al silenzio e noi dobbiamo gridare il loro dolore, difendendo la vita” queste le parole sofferte della Presidentessa dell’Associazione Giuseppina Cassaniti Mastrojeni.
L’attività che ha svolto in tutti questi anni il comitato è stata quella di sollecitare le istituzioni a porre attenzione al problema, muovendosi sul piano della prevenzione e della giustizia, difendendo quelli che sono i diritti umani: “Vogliamo che la vita delle persone venga difesa” afferma la Presidentessa “non è possibile uccidere una persona, toglierle la salute definitivamente e poi sottovalutare questo problema”. Si è cercato di far prendere coscienza di questa realtà, una realtà in cui chi ha il potere di cambiare le cose resta in silenzio a guardare “Le istituzioni sono deputate a garantire i diritti costituzionali: la vita è un diritto inalienabile e bisogna difenderlo, la salute è un diritto fondamentale e l’articolo 32 della costituzione lo tutela. Noi sollecitiamo le istituzioni affinché questi diritti non vengano sottovalutati”.
Bisogna muoversi verso un unico obiettivo: prevenire la strage sulle strade. Ogni passo compiuto dalla giustizia deve essere finalizzato alla realizzazione di questo, partendo dalla prevenzione fino ad arrivare alla valutazione dei risultati dell’incidente.
“Un altro importante obiettivo che abbiamo considerato” spiega Giuseppina Cassaniti Mastrojeni “è quello di dimezzare le stragi nel 2010, obiettivo che l’Associazione vuole portare avanti a livello europeo. La strage, infatti” continua la Presidentessa “si verifica nel territorio e quindi la si deve prevenire in esso stesso, seguendo però delle direttive generali che devono essere mandate dal centro. Questa è un’idea che ho sempre sostenuto e non è mai stata ascoltata, ma non per questo non è valida. Anzi, il fatto che non vengano ascoltate le cose che diciamo esprime una mancanza di senso di democrazia nelle nostre istituzioni”. Ma questo non basta a far tacere chi ha la forza e la volontà per continuare a lottare: “quando si crede in un’idea la si diffonde, la si sostiene, perché si vuole che effettivamente prenda radici.
La responsabilità di incrementare la società è nostra, dobbiamo renderci conto che è nelle nostre mani, se abbiamo questa consapevolezza, che è l’espressione della formazione che noi abbiamo acquisito con lo studio e con l’impegno, allora possiamo continua a portare avanti le nostre idee”.
Non si può accettare la morte di una ragazza schiacciata da un camionista distratto, non si può accettare la morte di più persone causata dal troppo alcool, la società se ne deve rendere conto e si deve muovere per cambiare le cose.
“La giustizia, almeno per il mio caso, devo solo dire che ancora dopo quasi 6 anni non si è arrivati alla conclusione del processo, questo mi è servito a rafforzare la pazienza nell’attesa e la fiducia verso chi ha condotto le indagini”racconta Antonino Casella Responsabile della Sede Locale A.I.F.V.S. onlus “LUCIANO CASELLA”. Ma questo non basta per fermare le stragi sulle strade: “secondo il mio punto di vista” continua Antonino Casella “la battaglia portata avanti dalla nostra Associazione in questi anni ha fatto dei grandi passi, ma tanti ancora se ne devono fare, l’impegno costante di ogni associato è molto importante, certo non è facile con il dolore che viviamo tutti i giorni, specialmente sentendo che gli incidenti sono una costante della nostra vita e che difficilmente ci sarà un calo sostanziale, se non si lotta su tutti i fronti, fronti che vadano dall’ inasprimento e certezza delle pene alla brevità nei processi, da un aumento dei controlli da parte delle forze dell’ordine ad una maggiore prevenzione”
L’associazione serve anche per sensibilizzare chi ancora non ha compreso la gravità di un incidente in strada, per sensibilizzare chi considera una simile strage come qualcosa del tutto casuale: bisogna acquisire la consapevolezza che il mezzo di trasporto può trasformarsi in un mezzo di morte.
Criminale è colui che uccide, criminale è colui che spezza la vita a causa di un comportamento leggero e non curante, e come tale bisogna che la legge lo tratti. Difendere la vita e far valere i propri diritti, è questo che i familiari delle vittime della strada richiedono, ma le loro voci spesso non vengono ascoltate: l’unico appiglio che viene offerto loro è l’Associazione. “Le persone che si trovano ad affrontare questo problema sprofondano nella disperazione più grande, il reato viene sottovalutato e la vittima si ritrova sola” spiega la Presidentessa Cassaniti.
La morte viene utilizzata per affossare i crimini, per dimenticare il reato commesso e per rendere vittima chi è colpevole. Non ci si rende conto che è proprio questa a strappare per sempre le vittime dall’affetto dei cari, è proprio questa che le porterà via da loro: “l’unico interesse che rimane loro è quello di conoscere le cause dell’incidente, chi l’ha compiuto, perché l’ha fatto e che comportamenti ha avuto, quindi c’è un forte impegno per la giustizia che non viene capito dagli altri”.
I familiari delle vittime, le istituzioni e la giustizia dovrebbero lavorare all’unisono per cercare di costruire un piano di prevenzione delle stragi e per cercare di tutela dei diritti di chi muore sulla strada: l’Associazione non richiede niente di diverso da un impegno concreto per il raggiungimento di questo progetto.
Un passo importante verrà compiuto giorno 22 Giugno: si terrà un convegno che ha per tema «Giustizia per le vittime tra resistenza e cambiamento». “Per resistenza” spiega la Presidentessa “intendiamo la sottovalutazione del danno e del reato; il cambiamento è, invece, rappresentato da quei giudici che hanno avuto il coraggio di fare delle sentenze innovative, in cui il reato e il danno hanno un determinato peso.”
Sono proprio queste persone la speranza dell’Associazione, la speranza che, dopo troppi anni di silenzio le cose cambino.