Quando Daverio amava la Sicilia dei Festini

Polemica per le parole del critico d’arte: “I siciliani? Sono terroni e rosicano”. La storia di Philippe Daverio  in Sicilia tra “Festini” e contestazioni.

“Non amo la Sicilia, non mi interessa l’arancina e i cannoli, mi piace il foie gras e bevo champagne. Il cannolo? Non mi piace perché ha la canna mozza. Mi hanno spaventato, il tono è di minaccia  e fa parte della tradizione siciliana… Io ho paura di tornare in Sicilia”.

Queste la parole del critico d’arte Philippe Daverio in risposta all’inviato de “Le Iene” Ismaele La Vardera che lo intervistava in merito alla polemica scatenatasi dopo l’ultima puntata de  “Il Borgo dei Borghi”, finita al centro dei riflettori per l’incoronazione di  Bobbio come borgo più bello d’Italia  e la conseguente esclusione di Palazzolo Acreide.  Nulla di strano se non fosse che a guidare la giuria tecnica c’era proprio Daverio, cittadino onorario di Bobbio, che a Palazzolo Acreide ha assegnato lo zero per cento ribaltando di fatto il risultato del televoto che premiava di gran lunga il borgo siciliano.  

Incalzato da La Vardera, Philippe Daverio ha sciorinato tutta una serie di insulti, con una grande chiusa:

« La Trinacria lo sa che cos’è? E’ un piede messo a terra. E’ terrone e rosica”.

Viene dunque da chiedersi quando il Philippe Daverio che a La Stampa dichiarava “Palermo potrebbe essere, domani, una sorta di capitale virtuale del Mediterraneo. Perciò è un luogo dove mi trovo benissimo», abbia cambiato idea e perché. 

Il critico d’arte italo- francese ha, infatti, lavorato come  professore ordinario di Disegno Industriale presso l’Università degli Studi di Palermo per ben 10 anni e per il capoluogo siciliano è stato anche “consulente esperto” per la realizzazione del “progetto Palermo”, che tentava di rilanciare eventi e immagine del territorio.

Qualcosa però andò storto. Come ricostruito in un articolo di La Repubblica del 20 novembre 2010, il sindaco aveva nominato Daverio  “esperto” per la programmazione del Festino, Kals’Art e i grandi eventi. Ma il rapporto tra Daverio e il Comune è stato tormentato. Prima era stato accusato da Davide Faraone, Pd, per i 350 mila euro spesi nelle celebrazioni dei 150 anni dall’arrivo di Garibaldi a Palermo. Poi aveva subito alcune contestazioni durante la preparazione della processione del 14 luglio, a cominciare da quella dei lavoratori della Gesip”.

Il caos vero e proprio però scoppia la sera del Festino di Santa Rosalia, quando Daverio perde le staffe davanti a un gruppo di senzatetto che promettono di non far muovere né carro né Santa contestando le somme stanziate per il Festino e chiedendo che venissero spese per i più bisognosi. Daverio si difese affermando: “C’è una città parassitaria che pensa che l’assistenza sia un obbligo”. Volarono spintoni e insulti e l’indomani il critico disse addio alla sua amata Palermo.  

La cosa peggiore però fu probabilmente rinunciare ad un onorario di oltre 24 mila euro. Come spiega ancora Sara Scarafia su Repubblica, Daverio risultò  inadempiente  “alla verifica prevista dall’articolo 48 bis del decreto 602 del 1973 che impone alle amministrazioni pubbliche che pagano compensi superiori ai diecimila euro di verificare se il beneficiario ha ottemperato “all’obbligo di versamento dalla notifica di una o più cartelle di pagamento”.

Così il suo stipendio, 24.450 euro, fu versato per intero a Equitalia.

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