QUARANTAMILA RAPACI VOLANO SULLO STRETTO DI MESSINA

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Un numero eccezionale di rapaci sono stati visti volare, qualche giorno fa, sullo Stretto di Messina. Episodio che ha riacceso i riflettori su un tema particolarmente delicato come quello ambientale, sul quale però poche volte si pone davvero attenzione. Il nostro giornale ha deciso di partire da questa notizia per intervistare Anna Giordano, militante della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), anche su temi come il bracconaggio che non è ancora scomparso, ma che sta lentamente diminuendo grazie ai controlli sul territorio.

Giordano è un’ambientalista italiana, specializzatasi – durante gli anni di dottorato in Scienze naturali – in ornitologia. È considerata una delle leader storiche del WWF in Sicilia. Per il suo impegno sul territorio a favore degli uccelli selvatici e contro i danni che il progetto del ponte di Messina avrebbe provocato all’ambiente, nel 1998 le è stato conferito il premio Goldman Environmental Prize

 

Anna Giordano, sullo Stretto di Messina sono passati un numero importante di rapaci. Si tratta di un numero eccezionale?
Sì, si tratta di numeri eccezionali.

Era da tanto che non si vedeva una migrazione di questa portata?
Di certo non avviene tutti i giorni un passaggio di 40mila rapaci. Soprattutto se si considera che si tratta di una rotta migratoria massacrata dai bracconieri. Il numero può essere considerato eccezionale anche in termini di rappresentazione di specie diverse.

Tra i rapaci migranti ci sono stati anche cicogne, albanelle, oltre a falchi di vario tipo… Questi sono comunque uccelli rapaci che normalmente attraversano lo Stretto?
Sì.

Solo che questa volta è stata una portata molto più grande?
Sì. Certo, ci sono stati anche altri anni in cui è stata superata la quota di 40mila. Ma probabilmente quest’anno riusciremo a superare il record che fino ad ora è stato di 45mila rapaci. Il fatto eccezionale è che per tanti anni è stato possibile solo vedere il passaggio di poche decine di migliaia di rapaci: prima 8-12mila, poi 18mila, poi ancora 20mila. Il numero è andato aumentando con uguali sforzi di osservazione… Quindi è significativo per lo Stretto di Messina, che non è secondario a nessuno come rotta.

Questo fenomeno è legato alla diminuzione del numero di bracconieri?
Sì. Bisogna ricordare che in Sicilia abbiamo avuto un’attività preventiva dei carabinieri, che hanno fatto veramente un ottimo lavoro. Detto questo, il criminale che ci prova comunque c’è sempre. Magari trova zone nuove più a sud non monitorate o monitorate una tantum. Ecco perché diventa difficile rispetto al passato in cui si sparava tanto. Oggi è difficile, con uno due colpi, andare a individuare chi, dove e perché… è più complicato rispetto a prima. In ogni caso, il numero è certamente diminuito. Ma ciò perché è stato fatto un gran lavoro. Inoltre, questa presenza di controllo ha garantito il passaggio di flussi notevoli in zone prima critiche. Quindi si può affermare tranquillamente che diminuendo il bracconaggio il numero dei rapaci è aumentato.

Restano comunque i cosiddetti bracconieri minori, anche se minori non sono. Ad esempio, negli ultimi tempi i carabinieri stanno intervenendo sul bracconaggio dei cardellini. Secondo lei, cosa può fare la stampa o cosa può fare il cittadino comune per ridurre questo fenomeno?
Segnalare uccellatori, vendita illegale, avere fiducia nelle istituzioni, non comprare animali che non risultano detenibili come i cardellini, partecipare all’applicazione della legalità su tutti i fronti, compreso quello ambientale… Cosa che in Sicilia non è così sentita.

Il suo impegno è oramai pluriennale. Quanti sono le persone che l’accompagnano in questo percorso, in questa attività meravigliosa ma che purtroppo lascia poca soddisfazione se non quella di essere dedita a qualcosa in cui crede?
Ci sono tante persone, si potrebbe affermare. Ma il problema è che localmente sono sempre pochi. C’è Debora Ricciardi con la quale siamo insieme, battagliamo da 37 anni: io avevo 15 anni e lei 12 quando ci siamo conosciute. Insieme abbiamo una lunga storia di battaglie. Il fatto è che molto spesso i problemi ambientali vengono visti come minoritari: la gente non pensa che invece un danno all’ambiente, un danneggiamento, un’alterazione possano incidere sulla qualità della vita e sulla sicurezza pubblica. Pensiamo a Messina: si continua a costruire e sbancare… e non abbiamo imparato nulla. C’è un grande silenzio sull’argomento, quindi dovrei dire che concretamente si è ancora troppo pochi. rispetto agli anni ’80 quando abbiamo iniziato abbiamo fatto passi da gigante, però c’è ancora tanto da fare rispetto alla velocità della distruzione dell’ambiente e soprattutto all’anarchia del fenomeno del bracconaggio.

 

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