Scegliere come morire è un lusso

“Qui i bambini ripetono meglio morire di cancro che di fame”. La denuncia di Don Palmiro Prisutto parroco della diocesi di Augusta che da anni combatte contro l’inquinamento ambientale.

Bambini malformati a causa del mercurio, pozzi da cui esce benzina, un morto per tumore in ogni famiglia. Sono queste le notizie che ogni giorno attraversano le strade di Augusta, città della costa sudorientale della Sicilia e sede del più grande ed importante polo petrolchimico d’Europa.

Una città che insieme a Melilli, Priolo e Siracusa fa parte di quel quadrilatero segnato da puzza, inquinamento, tumore e morte.

Proprio ad Augusta il parroco della diocesi, Don Palmiro Prisutto da quattro anni tiene una lista dei nomi per morti di tumore e porta avanti la sua battaglia contro l’inquinamento ambientale. Cosa è cambiato in questo lembo di Sicilia negli ultimi anni?

Con Don Prisutto abbiamo voluto fare il punto della situazione sul territorio soprattutto dopo le neo promesse di future bonifiche industriali.

Augusta
fa parte di quello che è stato definito il “triangolo della morte”,
trenta chilometri di raffinerie e industrie e un’altissima concentrazione
d’inquinamento. Dopo le promesse di bonifica qual è lo stato dell’arte?

Sostanzialmente è
sempre lo stesso, non ci sono variazioni. E’ diminuita solo un po’ la puzza, gli
odori molesti ma le industrie sono ancora li. Non ci sono alternative al lavoro
d’altronde, se chiudono va tutto a monte.

Diversi
studi epidemiologici presentano dati preoccupanti in merito all’inquinamento
della zona e alle malattie riscontrate nella popolazione. Come hanno risposto
le istituzioni locali e nazionali?

Noi aspettiamo ancora
le risposte istituzionali. A livello locale non ce ne sono, anzi è il contrario,
un Prefetto che blocca la possibilità di manifestare davanti all’area
industriale…è come se fossimo in dittatura. (N.d.R. Il riferimento è al Prefetto Luigi Pizzi, che con una recente ordinanza
ha vietato gli scioperi nelle aree adiacenti le portinerie della zona
industriale.)

Nonostante
i dati preoccupanti, l’atteggiamento è d’immobilismo. Come si spiega?

Questa ormai sembra
essere una zona da sacrificare a un certo genere di profitto.
E si sacrificano indistintamente persone, animali e cose in nome d’interessi
privati ma anche di Stato. Se lo Stato non s’impegna direttamente come nel caso
dell’Eni…ma lì ci sono le accise, le tasse, le obbligazioni quindi lo Stato
incassa lo stesso.

Interessi
e profitti su cui hanno puntato le ecomafie. C’è consapevolezza di questo?

Ci sono state chiare
avvisaglie, d’altronde la cosa è nota, vale a dire dove ci sono grandi
interessi sicuramente c’è l’interesse anche della mafia. Basti pensare alla
questione della discarica della Cisma di Melilli con il clan dei Santapaola
dietro la gestione ufficiale della discarica.

La
lista dei morti dunque sparisce in nome di questi interessi?

Una lista che continua
ad aumentare in maniera tragica purtroppo. Ma tutto questo non scuote la
coscienza di chi dovrebbe darci delle risposte. Basti pensare che anziché
potenziare le strutture sanitarie per prevenzione e cura etc. si preferisce
lasciare tutto per aria e la gente è pure costretta a pagare per andare a
curarsi da un’altra parte.

Altra
questione su cui scarseggiano i dati è quella legata all’amianto. Secondo il censimento dell’Osservatorio nazionale
amianto, sarebbero 25mila i lavoratori del polo
industriale siracusano contaminati da amianto.

Questa è una zona che di amianto ne ha visto tanto, l’eternit ha fatto le sue vittime e ne farà ancora per molto tempo.

D’altronde la stessa marina militare ha le navi imbottite di amianto, i capannoni della zona industriale, i serbatoi delle case private…siamo sommersi da questo genere di rifiuto e purtroppo non c’è modo di smaltirlo. Si dovrebbe fare una discarica enorme che tolga l’amianto da certi ambienti e li trasporti in un altro e poi?

La
popolazione locale ha consapevolezza della situazione?

Sicuramente la
consapevolezza è aumentata, me ne accorgo perché molte persone m’incontrano e mi
ringraziano per quello che sto facendo nonostante la mancanza di risposte.  La popolazione però sentendosi piccola davanti
a un problema così grande non riesce ad avere il coraggio di esporsi. Io posso
farlo in forza della mia posizione personale e sociale, rappresento in
qualche  modo la voce della chiesa, anche
se non tutti sono d’accordo, ma ho questa forma di scudo che in qualche modo mi
protegge. Se fossi stato un operaio certe cose non avrei mai potuto farle.

Perché
parla di coraggio? Il suo è uno scudo che la protegge da cosa?

Non appena un operaio
protesta subito scatta il ricatto occupazionale.
Non ci sono alternative, sono stati furbi da questo punto di vista, io la
definisco un’astuzia diabolica… se non ti creo alternative tu volente o nolente,
accetti quello che hai. Questa è la situazione. 

Famiglie,
associazioni, cittadini, dati, osservatori…come si può zittire tutto questo?

Le faccio un
ragionamento semplicissimo. Se ci fosse un terremoto avremmo 100, 200, 300
vittime. La strage sarebbe evidente, il problema qui è che le morti si contano
nel numero di uno al giorno, due al giorno… per 365 giorni. Lo stesso numero
di vittime lo abbiamo diluito nel tempo e quindi la gente non percepisce la
gravità del problema, se non quando a un certo punto vengono pubblicati certi numeri.
E allora si rendono conto… poi subentra il ricatto occupazionale e che succede?
Tutto è sintetizzato nella famosa frasetta che senti ripetere ai bambini:
“meglio morire di cancro che di fame”. Hanno annientato anche la
capacità di pensare e di reagire.

Il problema ormai è
abbondantemente conosciuto. Tutti gli studi che andavano fatti li hanno fatti.
Il problema adesso è come affrontare la vicenda. Sembra che ci sia proprio
un’incapacità di gestire la cosa perché non sanno da dove iniziare. E non è
solo incapacità ma qualcosa di peggio, a volte mi chiedo se ci sia anche solo
il desiderio di volere bonificare il territorio, almeno a livello teorico.

Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, conduce
una battaglia simile nella Terra dei Fuochi.

C’è una sola differenza,
mentre nella Terra dei Fuochi il nemico è stato individuato, qui l’avversario contro
cui noi dobbiamo combattere non è solo la grande industria, la mafia… qui è lo
Stato che è connivente con questa situazione. Mentre lì il Ministro va, qui il
Ministro non viene. Qui il Presidente della Repubblica Mattarella che è
siciliano, va a fare la commemorazione a Siracusa per il professor Bassiouni… le 900 vittime
dell’inquinamento non valgono tanto quanto quelle persone che stai andando a
commemorare?

Di fronte allo strapotere di queste aziende c’è poco da fare. Fino a quando le istituzioni in maniera neutrale e seria interverranno sulla vicenda, tutto resterà così com’è. Certo che la gente perde la fiducia e finisce per pensare “tanto a che serve”?

Se lo Stato ti volta le spalle chi ti darà giustizia?