Se lo Stato ritarda…

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Sono momenti concitati per i messinesi. Il capitolo emergenze si riempie di dettagli spaventosi. La perdita del senso di realtà e lo scorrere delle immagini che gli stessi cittadini hanno fornito ai mezzi di comunicazione – senza scomodarli più di tanto – aumentano l’indignazione per i ritardi della macchina organizzativa. Sindaci e amministratori locali affrontano con quello che hanno l’immane situazione. Partono i comunicati stampa delle segreterie di partito e le agenzie riempiono i tg di prese di posizione contro qualcuno, senza distinzione di causa.

Agli appelli più o meno interessati dei politici del territorio, sembra muoversi con compostezza il nuovo governo che per la prima volta parla della necessità di un piano sistematico che superi una logica emergenziale e che in queste ore sta rivolgendo grande attenzione ( i neo ministri agli Interni Anna Maria Cancellieri e all’Ambiente Corrado Clini si sono recati nelle scorse ore in Prefettura) – alla Città e alla Provincia di Messina.

Nelle ore precedenti lo stesso responsabile all’ambiente del Governo Monti ha parlato dell’insensatezza nello spendere enormi quantità di denaro per “rianimare” le zone devastate dalla “furia climatica”, denaro che, invece potrebbe essere impiegato in modo razionale con degli interventi di messa in sicurezza del territorio, nella prevenzione dei danni piuttosto che lasciarsi travolgere dalle calamità naturali. Opinabile affermazione che però non tiene conto che, delle somme annunciate, ripetute e ritenute per cavilli burocratici dal precedente governo, poco o nulla è arrivato alle zone colpite dall’alluvione di ormai tre anni fa, risorse passate alla cronaca per lo scarso senso solidale di un governo che preferisce pagare le more degli allevatori votanti Lega Nord rispetto agli interventi in zone ad alto rischio idrogeologico come Messina.

Qualcuno parla di emergenza voluta, altri di emergenza subita. Pochi parlano invece di difesa del suolo o di regimazione delle acque. Fatto salvo il caso di Giampilieri, i fatti di Barcellona e Saponara hanno il retrogusto di azioni di ordinario disimpegno che dovrebbero interpellare innanzitutto le amministrazioni locali per interventi mai operati e le associazioni di volontariato territoriale che in altri contesti hanno avvertito meglio l’obbligo morale e solidale di garantire i primi soccorsi. Merito ai volontari che – se coordinati – offrono aiuto concreto alle persone sconvolte e disorientate dai disastri subiti.

E proprio di disastri che è pieno il dossier della mancata prevenzione.

L’ISAT (Istituto per le scelte ambientali e tecnologiche), con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile e grazie al contributo del Ministero dell’Ambiente, ha inviato nel 2006 al Parlamento, ai consigli regionali e provinciali, ai sindaci dei comuni sopra i 10 mila abitanti, uno studio attento, scientificamente fondato, che offriva una visione d’insieme dei disastri naturali che minacciano i nostri territori.

La questione che si pone è la messa in campo di una politica adeguata di prevenzione, che finora è mancata malgrado significativi progressi realizzati nel campo della protezione civile. La prevenzione infatti è un problema di sistema, quindi innanzitutto politico, che impone di affrontare questioni di lungo periodo, fare scelte di priorità, mobilitare risorse adeguate, e riguarda perciò l’azione di governo nel suo complesso. Allora si auspicare che nel centenario del terremoto di Messina si sarebbe potuto imprimere una politica di prevenzione e mitigazione del danno.

“Neppure un soldo sarà dato per non sforare il patto di stabilità della Regione Sicilia”, si dicevano tra sé e sé i tecnici più ortodossi del ministero dell’Economia, quasi ad emulare lo stesso responsabile del dicastero, Giulio Tremonti. Evidentemente da Sondrio ma anche da Varese, Bergamo o Brescia non conoscono bene la natura orografica della provincia messinese, in questa zona tra le più piovose e dove i cambiamenti atmosferici sono repentini e debitamente registrati dalle stazioni meteorologiche locali (erosione delle coste in aumento, precipitazioni dai ritmi tropicali, cambio dell’ecosistema).

Scorrendo i materiali audio e video dei giorni immediatamente successivi ai fatti di Giampilieri, mi sono soffermato sull’intervento del sen. Domenico Nania che rivolgendosi all’allora responsabile alla Protezione Civile, tale Guido Bertolaso, riconosceva la disparità di trattamento tra le diverse zone del Paese, la solidarietà dei media ai soli terremotati dell’Abruzzo e certa supponenza dello stesso Bertolaso nel non prendere atto che l’organizzazione da lui disposta, aveva lasciato francamente a desiderare.

In quella circostanza, Nania, ricordava al suo stesso Governo che precedentemente – già due anni prima – il Premier Romano Prodi aveva già riconosciuto lo stato di emergenza e calamità per una zona che già si era caratterizzata per fenomeni di simile consistenza.

In quella sede il senatore originario di Barcellona arrogava a sè (e presumibilmente alla sua parte politica) la tutela del territorio e dell’ambiente che al contrario, un territorio che era stato manomesso – continua Nania nel suo intervento al Senato – dalle amministrazioni cittadine che si erano alternate nei precedenti 40 anni.

Oggi forse Nania potrebbe dire qualcosa di più sulla sua Barcellona.

Il parametro espresso in circostanze come quella verificatasi in questi giorni nel messinese è molto chiaro. Il territorio è stato gestito male e la rarità dei fenomeni atmosferici, con bombe d’acqua e venti forti, non consentiva comunque di fronteggiare comunque un evento di questa portata.

Sicilia, Liguria, Toscana, regioni diverse con legislazioni diverse e disponibilità di risorse altrettanto diverse. Eppure gli esiti sono stati gli stessi. Fugata ogni polemica sull’abusivismo, resta il dato che il territorio italiano necessita di maggiore tutela.

Il ministro Clini si è limitato a dire che bisognerà adottare nuove regole, adeguate all’attuale situazione climatica che vede l’alternarsi di lunghi periodi di siccità a fenomeni torrenziali. Si tratta di regole semplici e concrete come cambiare il sistema fognario, che in passato era stato concepito per accogliere quantità d’acqua di gran lunga inferiori rispetto ad oggi. Buon senso, quindi, e maggiore regolamentazione.

Ma, senza alcuna vena polemica – soprattutto nei confronti di un ministro avulso dalla logica dei partiti- a che servono i piani regolatore che periodicamente approvano i nostri consigli comunali?

Una provocazione: le 25.000 tessere che il Pdl del Sen. Nania ha portato in dote al proprio partito nazionale, non potrebbero tradursi in un primo gesto concreto di solidarietà al territorio che lo stesso Pdl rappresenta in più amministrazioni, con un contributo corrispettivo anche solo di una parte del valore della tessera, similmente a quanto l’on. Francantonio Genovese aveva promesso di fare con i fondi raccolti in occasione delle ultime primarie del Pd per gli alluvionati di Giampilieri?

 

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