Shousha, il non-campo

Shousha è l’incerto, l’impreciso,  il non-luogo.  Limbo giuridico e di rassegnata speranza tra guerre e focolai disseminati in tutta l’Africa. È il campo rifugiati nella striscia di deserto al cofine con la Tunisia. Ospita profughi che non possono nè tornare  al paese di origine, nè in Libia, come i Nigeriani, ma anche Palestinesi, Iracheni, Ciadiani, Sudanesi ed  Eritrei. Vivono in tende da campo, in condizioni igienico sanitarie agghiaccianti, senza acqua. Privi di diritti e documenti . Shousha è il non-luogo senza stato e “Stateless”  è il titolo del film documentario di Mauro Mondello, giornalista free lance e direttore di Settentrionale Sicula, film maker nella produzione al fianco di Nunzio Gringeri.

Mostra a parole, in questa intervista, i segni della sua  esperienza.

Nonostante la giovane età annoveri a te delle esperienze molto forti riferite alla questione del Medio Oriente. Cos’è la  Primavera Araba?

La Primavera Araba è un movimento molto forte di idee e di persone. Una rivoluzione ideologica e politica dalla Libia allo Yemen, le cui modalità variano da paese a  paese.

Quali sono state le risultanze in ambito sociale, rispetto ai governi interessati?

Ogni paese ha vissuto una trasformazione diversa, una genesi dei movimenti differente, ma se di Primavera Araba si parla, di Tunisia si parla, l’unico paese in cui, in effetti, le persone sono scese in strada, hanno mandato a casa il governo precedente, senza l’aiuto delle armi, senza troppo spargimento di sangue. Ci sono state elezioni libere, a cui ho partecipato e posso testimoniare, veramente libere e i nuovi governanti sono effettivamente tutti esponenti politici che nel regime precedente erano totalmente impossibilitati a partecipare alla vita politica della comunità.

Mentre in altre terre questo genere di azioni sono state represse?

Basti pensare alla Siria, di cui abbiamo smesso di parlare, ma dove ancora la guerra è in atto. Pensare alla Libia, allo Yemen, sono tre esempi di rivoluzioni nate per strada trasformatesi in battaglie militari represse che ancora continuano ad avere degli accenti bellici molto profondi. Prima, infatti, arrivavano per lo più profughi Africani adesso moltissimi Siriani, alcuni vanno verso la Turchia altri verso le nostre coste.

Quello che noi leggiamo come un evento di migrazione è dunque deportazione in qualche maniera?

Si. È molto interessante la differenza tra la parola migrante e la parola profugo, e noi tutti facciamo spesso confusione: il migrante lo è per scelta, decide di abbandonare il suo paese, il profugo vive una condizione costretta.

Quali sono le tue personali considezioni  e le sensazioni maturate nel tempo trascorso all’interno del campo Shousha, al confine con la Tunisia?

Esperienza molto forte. Eperimento unico di campo, parliamo di una lingua di deserto da dove sono passate milioni di persone nel giro di sette otto mesi. Abbiamo intitolato il documentario “Stateless”, senza stato, persone che non potevano tornare al loro territorio di origine perche c’era la guerra o perchè perseguitati, non potevano restare in Libia perchè anche li c’è la guerra, non potevano restare in Tunisia, i paesi Europei non li volevano. Enorme la  dimensione di difficoltà che si ritrovano ad affrontare, in relazione ad un problema non ancora integralmente risolto.

Il fenomeno culturale della Primavera Araba non ha tuttavia intaccato la dura conchiglia di preconcetti che avvolge la condizione delle donne in Medio Oriente: Non hanno libertà di movimento ne di espressione, segregate in molti casi, sottomesse al volere degli uomini.

Nonostante abbiano guidato grandi manifestazioni durante le rivolte in molti paesi del Medio Oriente, contribuendo al rovesciamento dei governi vigenti, restano escluse dalla vita pubblica e politica. L’uguaglianza dei diritti è lontana, mascherata dalle apparizioni mediatiche a celare la crudeltà di una discriminazione senza eguali, in atto soprattutto da parte delle forze religiose più conservatrici. Tra educazione e pensiero:  Più di 41.000 le ragazze minorenni date in sposa in Marocco nel 2010, pratica ancora molto diffusa su tutto il territorio; non accennano a diminuire i casi di mutilazioni genitali e le pratiche come i test della verginità in Egitto.

 Quanto le donne pagano in maggior ragione rispetto agli uomini questi viaggi, coi soprusi  e le violenze?

È un tema interessante, di cui i media parlano poco, di grande complessità per le donne.  Le immagini delle Primavere Arabe non raffigurano donne, in nessun caso, mai. Sono solo uomini. i loro diritti e la loro condizione subordinata le rende quasi inesistenti li dove ci sono le regole, figurarsi durante i viaggi, dove non esiste tempo, non esistono regole.

Considerato che il viaggio può durare anni, l’arrivo di donne incinte rende verosimile l’ipotesi che abbiano subito violenza durante il transito?

Oserei dire molto verosimile. Le donne sono costrette nella loro difficile posizione sociale, a fare uno sforzo tre volte tanto quello di un uomo se vogliono raggiungere l’obbiettivo e frequentemente a subire violenze, almeno nella maggior parte dei casi. Ma ci sono casi in cui la protezione familiare le esula da questo genere di problematiche. È un fenomeno complesso e poco noto.

Cosa ignora l’Occidente e nei riguardi di quali tematiche dovrebbe maggiormente sensibilizzarsi?

Crediamo che l’El Dorado per tutti quelli che cercano di raggiungere la nostre coste sia l’Italia o la Francia, l’Europa  probabilmente.  In realtà l’El dorato per queste persone è un luogo qualunque. Ignoriamo perché sottovalutiamo il concetto di umanità, sono persone che non hanno il sogno europeo, hanno il sogno di un esistenza libera. Dalle guerre, dai soprusi. Superbi noi, il più delle volte, nel considerare la nostra ‘cultura superiore’.

 

Mauro Mondello (1982) é giornalista free lance dal 2005. Iscritto all´Ordine dei Giornalisti dal 2008, collabora, fra gli altri, con Avvenire, Left, Radio Rai, Il Mucchio Selvaggio, Rivista Studio, Latinoamerica di Gianni Miná ed il mensile Vita. Nel 2011-2012 ha seguito le ribellioni della primavera araba pubblicando reportage da Siria, Yemen, Egitto, Libia e Tunisia. Dal 2011 é direttore del mensile sociale d´inchiesta Settentrionale Sicula.
Stateless, il documentario realizzato dal campo profughi di Shousha, al confine tra Libia e Tunisia, con Nunzio Gringeri, è stato premiato al ValsusaFilmFest con la menzione speciale, e selezionato, fra gli altri, da Festival Encounters di Cittá del Capo (Sudafrica), A Film For Peace Festival (Gorizia), Arcipelago Film Fest (Roma), Human Rights Film Festival (Venezia). È stato inoltre ospitato da più di 30 proiezioni indipendenti, fra cui quelle organizzate dall’Istituto di Cultura Italiana e Istituto Dante Alighieri di Berlino e dall’Art Institute di Siena.

 

Giovanna Romano