Silvana De Mari e il testosterone

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La vita ci riserva tante occasioni e possibilità. Una è quella di adoperare i nostri ruoli e l’uso della parola nel modo migliore possibile. Silvana De Mari, durante un comizio organizzato da Provita Onlus, un’associazione di estrema destra, ha detto la sua a proposito di femminicidio, violenza, testosterone e uomini.

“L’emergenza non è il femminicidio”, alcune delle sue prime parole. Sarebbe il caso di affermare che è il femminicidio a non essere un’emergenza. Esso è altro: è ormai quotidianità, soluzione pervasiva all’incapacità di gestire le separazioni, risultato dell’immaturità relazionale, il figlio di una cultura patriarcale e di una educazione intrisa di stereotipi sulla subalternità di un genere rispetto all’altro. Rispondere al femminicidio come fosse un’emergenza è un errore e ne produce ancora, in un loop senza soluzione di continuità.

De Mari continua: “Abbiamo 130 femminicidi in Italia tutti gli anni a fronte di 1.400 omicidi, quindi i maschi muoiono di più”. Vorremmo chiederle: morti ammazzati da chi? E perché? Sarebbe stato meno banalizzante e più oggettivo indicarci i canoni di classificazione. Perché a mescolare capre e cavoli è facile e si rischia di fornire ancora una volta informazioni fuorvianti, che si installano nelle credenze popolari soprattutto se poi chi le dice ha un ruolo che fomenta l’opinione, la costruisce, la plasma.

“Loro (gli uomini, ndr) uccidono anche perché hanno il testosterone, ma fanno anche altro”. A voler restare terra terra, sappiamo che l’ormone steroideo di cui parla Silvana De Mari, presente negli uomini e in misura differente nelle donne (sotto forma di estrogeni), nei primi permetterebbe lo sviluppo degli organi sessuali, dei caratteri secondari (barba, peli, timbro della voce, muscolatura) e dell’apparato scheletrico. Sempre negli uomini, ma nell’età adulta, inciderebbe sulla capacità riproduttiva, sulla sessualità e potrebbe avere un legame con la depressione. E qui si ferma il libro di biologia. Ma De Mari, essendo una medica, lo sa.

Forse, avrà letto lo studio dell’Università di Oxford, secondo cui esisterebbe “un’aggressività emotiva” maggiore negli uomini e sarebbe causata appunto da quello che lei cita con tanta competenza: il testosterone. Ciò che però non ci spieghiamo è come mai lei non abbia considerato, per comparazione, anche altri studi, più recenti, che hanno confutato lo studio di Oxford, mostrando come un campione di uomini con lo stesso livello di testosterone sia in grado di rispondere in modo differente agli stimoli emotivi. Risultato: non tutti coloro che hanno un testosterone alto sono violenti.

E se il testosterone non fosse l’unico elemento decisivo? Superato un certo determinismo, a Silvana De Mari bisognerebbe dire che esistono anche altre variabili: quelle che hanno una matrice culturale e ambientale, capaci di “costruire” le nostre identità e personalità.

Continua: “Quanti sono gli uomini che muoiono per le donne? Sul Titanic, su quelle fottute scialuppe sono saliti gli uomini o le donne? Son salite le donne. Quindi i maschi sono rimasti lì. Che gli avrebbero fatto se avessero buttato a mare le donne per salire loro? Gli davano sei pence di multa? Nelle catastrofi muoiono gli uomini perché ci salvano”. A leggere i fatti come fossero una storiella qualunque a lettura variabile, si vince facile. Come vince facile chi trova fondamento nel “ruolo del maschio salvifico” parlando di Cappuccetto Rosso salvata dal cacciatore, Biancaneve che risorge baciata dal principe azzurro, Cenerentola servile e docile, etc.

Ciò che potrebbe sorprendere Silvana De Mari è scoprire che le donne non per forza si devono salvare da qualcosa o qualcuno, e se ciò dovesse essere necessario, sono anche in grado di farlo da sole.

Ci informa ancora: “Ogni anno abbiamo 4.000 suicidi, 800 donne e 3.200 maschi. Perché gli uomini uccidono le donne ma noi donne che abbiamo un’aggressività verbale contro la loro aggressività fisica, spesso li spingiamo al suicidio”. Quindi, parafrasando le sue parole, tali uomini verrebbero spinti al suicidio. Saranno quelli privi di testosterone che non sanno adoperare la loro innata “aggressività emotiva” per reagire? Sarebbe interessante chiedere alla candidata alle elezioni in Brianza anche questo.

Prosegue: “I 3.200 suicidi maschili sono falsi, sono approssimati per difetto perché l’uomo non vuole che si sappia in giro dato che siamo noi donne le vittime, quindi molto spesso sono camuffati da incidenti stradali”. Nel senso che prima di suicidarsi, l’uomo fa in modo che la verità non si sappia? E perché mai vorrebbe coprire queste crudeli donne? Per vergogna? E la vergogna, se fosse tale, in quale specifico ormone si trova?

“Si suicidano perché le loro donne li hanno lasciati o perché hanno perso il loro ruolo”. Per la medica, se ci si lascia le soluzioni hanno solo due poli opposti: o ammazziamo o veniamo ammazzati/e.

“E delle donne, due terzi si suicidano perché sono sole. Quindi 600 donne che si suicidano perché sono sole, 130 femminicidi, quindi meglio mal accompagnate che sole”. Se era quasi un sillogismo, meglio dire subito che proprio non funziona. Meglio mal accompagnate che da sole? Ma Silvana De Mari, che certamente avrà piena contezza di ciò che afferma, come vivrebbe tutto questo sulla propria pelle? Ci piacerebbe sapere, ma non per farci gli affari suoi, come fa le sue scelte… Come vive la sua candidatura? E’ una donna libera e autonoma o eterodiretta? E come mai non si accompagna con un uomo così da non restare sola?

Chiudiamo con una cosa seria: secondo i dati ISTAT, nel 2015 il 35% delle donne nel mondo ha subito una violenza a causa della disuguaglianza dei rapporti tra uomini e donne. Detto in sintesi, perché l’indagine è ben articolata. E del testosterone neppure l’ombra.

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