Storie di preti, prostituzione e informazione troppo veloce

Cass., sent. n. 28212/2016 del 07.07.2016. Secondo la Corte di Cassazione, colui che abitualmente accompagna sul “luogo di lavoro” una prostituta (anche se è la fidanzata) commette il reato di favoreggiamento della prostituzione

La legge esplicita bene, senza ombra di dubbio alcuno, cosa si intende per “favoreggiamento della prostituzione”. Non si può accompagnare una o più donne sul luogo in cui attendono all’attività di sex workers, ed è per questi motivi  che è stata chiesta la detenzione di don Saverio Calabrese,  parroco di Monteparano (Ta)

Certo è che un parroco accusato di “favoreggiamento alla prostituzione” fa tanti click, per cui è giusto sbatterlo in pagina senza porsi domanda alcuna, tanto più che in era mediatica non ci si pone più tanti interrogativi, la cronaca recente ci ha servito spesso preti pedofili o titolari di altri reati, quindi non è il caso di riflettere oltre.

Ma poniamoci invece due domande e soprattutto, come dovrebbe essere, documentiamoci.

Nulla contestando all’operazione di Polizia e tantomeno al dispositivo del Gip, che hanno pedissequamente seguito la Legge, vediamo di conoscere don Saverio Calabrese.

Lo abbiamo già incontrato in cronaca qualche anno fa; era il novembre del 2011. In quel periodo don Saverio era cappellano dell’istituto penitenziario di Taranto e confessore di “zio Michele” e per questo fu chiamato a testimoniare , ma da buon sacerdote si rifiutò di svelare il segreto confessionale.

Quindi non un ordinario prete di una parrocchia, seppur molto popolata ma un prete “di frontiera”, come si usa dire oggi. Un prete che conosce la Legge e la malavita ed è per questo che mi risulta difficile immaginarlo come uno sprovveduto accompagnatore di prostitute, al quale, fra l’altro, non è stato contestato il reato “associativo”.


Un prete, solo, che favorisce la prostituzione?

Molti assistenti sociali e/o semplici volontari, di notte, avvicinano le prostitute per strada, per consegnare loro dei preservativi, questi presidi serviranno a tutelare la salute delle ragazze, dei loro clienti e delle mogli o fidanzate dei clienti. Gesto nobile, direte, e invece no! Anche questo è favoreggiamento.

Spesso capita che assistenti sociali che hanno normale frequentazione con queste ragazze, la sera le accompagnino “sul luogo del lavoro”, lo fanno perché non riescono a convincerle del contrario; spesso sono ragazze straniere che hanno contratto un “debito” con chi le ha condotte in Italia e sperano solo di scontarlo prima possibile. E’ impossibile portarle via da quell’ignominia, quindi non resta altro da fare che mostrarsi umani e disponibili. Accompagnarle, spesso, significa evitare loro un lungo tragitto a piedi, magari colmo di rischi.

Accompagnare una ragazza significa anche avere a disposizione del tempo per parlare, per capire. Capire quali sono i sogni di queste giovani vittime e su questi costruire speranze nuove e nuove forze.

Magari è anche questo il ruolo di un volontario, di una assistente sociale e perché no, di un Prete e non è costruendo racconti che soddisfano la nostra morbosità che aiutiamo la causa. Non è attraverso un inutile fiume di copia-incolla (io stesso l’ho fatto) di un comunicato stampa che forniamo informazione consapevole

Non aiutiamo certamente la verità a emergere, non aiutiamo il nostro lettore ad avere fiducia nelle istituzioni ma soprattutto non aiutiamo quelle ragazze a avere un faro verso cui dirigersi.

Così facendo avremo solo posto nuove brutte etichette senza avere provato la responsabile ricerca del vero

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