Il Processo trattativa. Il Duello

Il duello, lasciatemi passare il termine roboante e mediatico, è quello che si è svolto nell’aula Bunker di Palermo durante il processo Trattativa, tra l’allora giovane Pubblico Ministero di Barcellona PdG, Olindo Canali e il facente funzione di capo, in assenza del titolare Col. Valenti impegnato a Roma in un corso di “guerra”, della Sez. Anticrimine dei Carabinieri di Messina, il Maresciallo Giuseppe Scibilia.

In realtà non si tratta di un vero e proprio duello ma di un confronto, un mezzo processuale adottato quando le dichiarazioni dei testi divergono tra loro in modo tale che per stabilire la verità processuale è necessario metterli a confronto sugli stessi fatti e circostanze sui quali hanno già deposto. E’ chiaro che se oggetto del confronto è la mancata cattura del Boss Catanese Benedetto Santapaola, presente a Terme Vigliatore e nel Barcellonese, in provincia di Messina, nei primi mesi del 1993, tra un Giudice che dichiara di non aver avuto “certezza” della presenza del boss in quei luoghi e in quel periodo e un Maresciallo dei Carabinieri che dichiara di averlo informato, se di duello non si può parlare poco ci manca.  

Ma per meglio inquadrare le quattro differenze emerse dalle deposizioni dei “duellanti” ed oggetto del terreno dello scontro, e per meglio apprezzare il lavoro certosino compiuto dalla Procura di Palermo, bisogna fare un passo indietro. E’ noto che nel processo trattativa tra Stato e Mafia la Procura di Palermo deve trovare e provare in dibattimento l’esistenza di un filo comune. Un “filo” tra un sistema criminale mafioso e un sistema criminale non mafioso teso a ristabilire quegli equilibri politico-mafiosi che esistevano prima del maxiprocesso e che hanno visto nelle stragi degli anni Novanta uno strumento per condizionare la volontà politica del paese. Proprio per aderire a questo nuovo patto politico-mafioso, che secondo la Procura avrebbe visto la luce dopo l’omicidio dell’On. Salvo Lima, alcuni organi dello Stato, secondo l’accusa, e in particolar modo il ROS centrale dei Carabinieri di Roma, nelle persone del Generale Mori e del Col. De Donno avrebbero in alcuni episodi di quegli anni travagliati “ritardato, rallentato o impedito” la cattura di latitanti mafiosi. Il caso del Boss Catanese è proprio uno di quei fatti che la Procura indica quale perno di tutto l’impianto accusatorio.

Nel premettere che nel processo penale la corte non conosce nulla dei fatti criminali che gli sono presentati e che quindi atti, fatti e prove devono di volta in volta essere prodotte o riprodotte in udienza, il 4 e 5 giugno del 2015 i testi Olindo Canali e Scibilia Giuseppe ricostruiscono la vicenda come di seguito. Nei primi mesi del 1993 i carabinieri da una “notizia fiduciaria” vengono a sapere che forse il boss latitante Nitto Santapaola è presente nel barcellonese. Decidono, quindi, di avviare delle intercettazioni ambientali e richiedono le autorizzazioni necessarie facendo leva sulla lotta di mafia che allora vedeva nel territorio emergere la figura dello “avvocaticchio”, il boss Giuseppe Gullotti, il quale aveva dei rapporti con la Mafia Catanese

Siamo nel Gennaio del 1993 e giorno 8 viene ucciso il Giornalista Peppe Alfano. Delle indagini si occupa un giovane P.M. della Procura di Barcellona PdG, il Dott. Olindo Canali (a questo proposito è bene precisare che in un primo momento non si pensò che fosse un delitto di mafia, ma piuttosto per donne, passioni o gioco, e per questo non intervenne la DDA di Messina competente per i fatti di Mafia). Nel campo delle intercettazioni ambientali, intanto, i risultati non sono quelli sperati e c’era il rischio che le stesse potessero non venire più rinnovate-

“Allora il Dott. Canali, risponde in dibattimento il Maresciallo Scibilia, suggerì d’inserire in questo contesto d’indagine anche l’omicidio Alfano e quindi di fare la richiesta d’intercettazione anche per questo omicidio. Da quel momento le richieste d’intercettazione furono fatte sia per il caso Alfano che per il gruppo mafioso di Giuseppe Gullotti, l’avvocaticchio”.  Continuando il Maresciallo, appartenente alla Sez. Anticrimine che poco dopo prenderà il nome di ROS (Raggruppamento Operativo Speciale), confermerà in udienza di non aver mai svolto indagini sull’omicidio Alfano, la cui competenza rimaneva quindi dei Carabinieri “territoriali” di Barcellona e per questa via, come vedremo in seguito, si riuscirà ad escludere la DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Messina che sarebbe stata competente per le indagini sui fatti di mafia e su Giuseppe Gullotti.

Ed è proprio sulle intercettazioni autorizzate per “motivi” diversi da quelli di mafia che il primo Aprile del 1993 si sente in uno dei siti intercettati (il famoso locale di Via Verdi il cui titolare, un certo Orifici, era il cognato di Sam Di Salvo autista di Santapaola) una parlata dialettale catanese. Con un colpo di genio, il Maresciallo Scibilia estrapola con un normale registratore la voce in dialetto catanese intercetta e la porta, il 5 Aprile, presso una famiglia della zona (padre, madre e una figlia) che era stata obbligata suo malgrado ad ospitare il Boss.

Alle 22:00 di sera i Carabinieri hanno la matematica certezza della presenza di Santapaola nel Barcellonese, anche se non sanno dove esattamente dimori. Nella stessa nottata Scibilia conferma di aver telefonato al Gen. Mori del Ros Centrale di Roma per dargli la notizia bomba e come risposta di aver ricevuto l’assicurazione che da quel momento sarebbe intervenuto il Ros Centrale.

Giorno 6 Aprile, mentre il Gen. Mori si precipita a Catania, un fatto, che la Procura considera fondamentale per provare la “Trattativa”, scuote le “sonnolenti” terre del Barcellonese. Il capitano Ultimo, Sergio Di Caprio, lo stesso che ha arrestato Totò Riina (il cui covo non fu perquisito anche per interventto dello stesso “Ultimo” che immaginava potesse essere frequentato da altri latitanti) si trova a passare nell’entroterra Barcellonese insieme a Giuseppe De Donno e convinto di aver “scorto” (dietro segnalazione di un’altra macchina dei carabinieri) alla guida di una macchina Pietro Aglieri, famoso mafioso Palermitano, inizia uno spettacolare inseguimento con tanto di sparatoria per le strade. Il fatto, all’epoca fece scalpore perché il malcapitato e innocente inseguito, tale Imbesi, figlio di un noto costruttore, pensava che lo volessero rapire e per questo fece di tutto per non farsi prendere dalle macchine dei carabinieri, sino a finire con la propria macchina sulla rete ferroviaria. Ma non basta, perché la stessa sera la casa della famiglia Imbesi, che si trovava circa a 30/60 mt della stessa via Verdi dove fu intercettata la voce di Santapaola, fu oggetto di una spettacolare e “rumorosa” perquisizione.

Sono questi alcuni degli elementi che la Procura pensa siano stati posti in essere per “avvertire” Santapaola che le forze dell’ordine erano sulle sue tracce e nello stesso tempo rispettare quel patto di non belligeranza tra Stato e Mafia che dopo l’omicidio Lima ha visto tra i presunti protagonisti il Gen. Mori. Per tali motivi oggi il Generale è chiamato a rispondere nella qualità d’imputato insieme a Giuseppe De Donno autore del famoso inseguimento.

Altre due date si inseriscono nell’intera vicenda. Il 14 Aprile del 1993 e comunque subito dopo Pasqua, il Maresciallo Scibilia si reca a Lipari per riferire al P.M Canali non solo che Santapaola era nel Barcellonese ma che pur con tutto il “trambusto” che vi era stato vi era ancora la possibilità di prenderlo e per questo chiedeva al Giudice Olindo Canali d’intervenire sulla Polizia di Stato, che nel frattempo stava “saturando” la zona di macchine civetta e personale, affinché non si “allertasse” il latitante. Il Giudice Olindo Canali, però, nega fermamente che il contenuto di quella discussione sia stata del tenore di cui sopra o che si sia fatto riferimento all’intercettazione di Santapaola.

I rilievi che emergono da questa circostanza sono due. Il primo di carattere pratico e per il quale risulta che la P.S. il 14 d’Aprile del 1993 provvedette a fare sulla zona tutta una serie di perquisizione a “blocchi” di palazzi e la seconda di carattere tecnico giuridico, pur senza che ciò assuma rilievo necessariamente penale, che vede protagonista il  P.M Olindo Canali. Infatti, se lo stesso avesse saputo che un mafioso era stato intercettato avrebbe avuto l’obbligo di trasferire tutto il fascicolo alla DDA di Messina, mentre l’omicidio Alfano ancora ad Aprile non era considerato un delitto di mafia e quindi le intercettazioni, le indagini e tutto il procedimento poteva ancora restare a Barcellona e il Giudice rimanerne il Dominus.

L’altra data di rilievo è quella del mese di Luglio, data nella quale il Col. Silvio Valente, tornato dal corso di guerra, prepara una “relazione” sull’intera vicenda. Relazione o informativa che sarà il mezzo con la quale la Procura, con un lavoro di cesello e certosino, fonderà l’ipotesi accusatoria. Possiamo apprezzare il lavoro fatto se consideriamo che le famose intercettazioni della voce di Santapaola, oggi non sono utilizzabili come mezzo di prova e sono processualmente nulle.

Infatti, e in questo la Procura ipotizza un altro tassello della Trattativa, sono state fatte o meglio assunte in un locale annesso alla Procura, mentre per legge la sala d’ascolta deve essere necessariamente all’interno della Procura essendo le indagini del P.M coperte da segreto istruttorio. E pur tuttavia, per averlo sentito in dibattimento, del contenuto delle intercettazioni sappiamo tutto. Dallo Zio Filippo che era il nome con il quale si faceva chiamare Santapaola, alla bicicletta che si trovava nel locale e a tutte quelle “discussioni” che convinsero Scibilia che il latitante poteva ancora ritornare in loco.

In questo contesto si inserisce un altro e ultimo tassello della vicenda, che ricordiamo è solo una delle tante vicende che la Procura ipotizza far parte dell’ipotesi Trattativa. Ed infatti, dalla relazione di Luglio del 93 del Col. Valenti, arrivata sulla scrivania del P.M. Olindo Canali (che a Luglio aveva preso contezza che l’omicidio Alfano poteva avere una matrice mafiosa per le rilevazioni di un pentito, tanto d’attivare la DDA di Messina), il Giudice prende atto in modo “formale” che Santapaola ad Aprile era nella zona del Barcellonese.  

Ma non basta, perché della stessa risulterebbe anche che le “intercettazioni” erano così “sporche” per i rumori di fondo che vi era la necessità di essere filtrate con nuovi strumenti in possesso dei Ros e per questo si richiedeva allo stesso P.M di autorizzare la consegna dei nastri depositati in un apposito ufficio delle Procura. A prescindere dell’autorizzazione o meno, che fu comunque data, il contrasto che emerge, oggetto di futuro approfondimento, è quello che deriva dalla dichiarazione di Scibilia di aver ascoltato le “intercettazioni” e averle fatte sentire a terzi, ( la famiglia che individua e riconosce la voce catanese di Santapaola) e per questa via implicitamente confermando che le stesse erano perfettamente “ascoltabili e chiare”, e la relazione che parla, invece,  d’intercettazioni “sporche” in modo tale da necessitare di essere sottoposte al filtraggio dei rumori di fondo. “Ma la potete ascoltare anche voi”, risponde il Maresciallo in udienza.

Dopo questa lunga premessa possiamo elencare i quattro “colpi di pistola” che nel confronto si sono sparati i duellanti e che hanno provocato risultati attualmente oggetto d’analisi della Procura di Palermo, la quale ha già fatto intendere, nell’udienza del 23 Luglio di quest’anno, che la “storia” continua, anche perché entrambi le parti sono rimaste nelle proprie posizioni senza voler recedere.

1)-Il Viaggio a Lipari e le versioni contrastanti tra il Giudice e il Maresciallo.

Olindo Canali: “Quando Scibilia venne a Lipari ricordo che era molto perplesso su un’attività di polizia che c’era stata poco tempo prima nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto. Forse l’idea che aveva era che io avessi coordinato quell’attività ma non era così. Ricordo che vi fu un accenno ad un’attività di ricerca a Santapaola, un accenno a quella perquisizione ma né in quella occasione né dopo mi fu detto delle intercettazioni di Santapaola.

Giuseppe Scibilia: “E’ sicuro di aver parlato delle intercettazioni di Santapaola con il Giudice Canali? Ma certo…(udienza dibattimentale del 5 Giugno) “Il Ros – ricorda l’ex maresciallo – mandò giù il maggiore Parente proprio in rappresentanza. L’episodio trova la sua ragione nel fatto che noi vedendo la polizia sul luogo (pensavamo che) mandassero a quel paese anche la residua speranza che avevamo di prendere Santapaola”.

2-) Olindo Canali dopo l’incidente e la sparatoria del Capitano Ultimo chiede di parlare con il Gen. Mori. Venne Scibilia per dirmi che Mori non aveva tempo ma che sarebbe venuto… me lo ha ripetuto 3 o 4 volte, finché Scibilia mi disse: ‘Mori non ha intenzione di venire a parlare con lei perché non parla con un magistrato’”.

Scibilia: Ma stiamo scherzando? Io avrei detto quello che mi avrebbe detto Mori nei suoi confronti? Lei, che in animo aveva di chiedere rinvio a giudizio contro Ultimo per la sparatoria ad Imbesi, questa cosa a me non l’ha mai detta! Io sono un uomo che ama la conciliazione, io avrei fatto in modo di farvi avere un incontro!”.

3)- L’utilizzazione dell’omicidio Alfano per continuare le intercettazioni sulla mafia Barcellonese.

Scibilia: “Ad un certo punto però arrivò un punto in cui non si potevano più prorogare le intercettazioni e fu così che le indagini su Alfano confluirono in questo. Tanto che io redassi una nuova relazione e vennero eseguiti i nuovi decreti”. In ogni caso non mi occupai mai delle indagini su Alfano. Canali, invece, dichiara di non aver mai autorizzato intercettazioni “in materia di 416 bis” e cioè un’ipotesi d’indagine mafiosa di competenza della DDA di Messina.

4)- L’ultimo punto riguarda una “foto di Santapaola” che Canali, alcuni mesi dopo Aprile, dichiara di aver visto in Caserma mentre Scibilia nega con forza. Anche in questo caso il dato è importante, perché stabilire che i Carabinieri erano sicuri che Santapaola era a Barcellona tanto d’averlo fotografato in una “Pescheria” contrasta con la versione per cui il latitante si recava nei locali di via Verdi, dove è stata intercettata la voce, in modo imprevisto e improvviso o che non si conoscevano le sue frequentazioni.

Scibilia: “Questa è una cosa totalmente nuova per me. Non è mai andato là. Ho la certezza matematica”. Dietro domanda del Presidente delle Corte, il Maresciallo continua e attenua la sua prima reazione: “I miei uomini stavano là ventiquattro ore al giorno ed ogni volta che c’era un incontro con qualcuno veniva attivato un controllo per verificare chi fosse quella persona. Nella pescheria non è avvenuto nulla che potesse ricondurci a Santapaola”.

Olindo Canali: “Per fare quelle foto i carabinieri presero una casa di fronte alla pescheria, queste fotografie venivano anche stampate. In questa foto che mi fu mostrata c’era una persona con la barba e mi fu detto questo è Santapaola.  Ma prima d’allora sulle attività su Santapaola non avevo saputo nulla.

E’ chiaro che i dubbi sull’attività dei carabinieri del Ros centrale di Roma permangono e l’errore di persona di Ultimo si unisce alle intercettazioni “sporche”; ad una riunione tra le varie sezioni Anticrimine dei Carabinieri svoltasi a Messina a cui non avrebbe partecipato Scibilia; e, soprattutto, a quell’improvviso disinteressarsi dell’intera vicenda. Lui, il Maresciallo che tanto aveva brigato per arrestare Santapaola, abbandona ogni attività d’indagine dopo il sequestro a blocchi della P.S. del 14 Aprile. Il dubbio che sia stato allontanato dai vertici rimane tutto. Solo successivamente si verrà a conoscenza che Santapaola lascerà il Barcellonese verso il 29 Aprile per essere arrestato nel Catanese il 18 Maggio del 1993.

Pietro Giunta