C’è differenza tra curare e prendersi cura di una persona. Esattamente la differenza che c’è tra un qualunque ospedale e il centro Nemo: una eccellenza che esiste solo a Milano e Messina.
Il Nemo Sud – la struttura in riva allo Stretto – non è solo un centro clinico. È una famiglia, nata per volontà delle associazioni di parenti delle persone affette da malattie neuromuscolari – Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e Aisla (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) – ma gestita anche con la collaborazione dell’Università di Messina, del Policlinico Gaetano Martino e di Telethon.
Tutte queste associazioni si sono unite nella Fondazione Aurora nel 2011 per dare vita a due centri, uno al nord e uno al sud d’Italia. «È stata una richiesta dei pazienti – spiega il professore Giuseppe Vita, che dirige il Nemo Sud – Noi dobbiamo fare quello che si aspettano loro: una partecipazione umana del medico».
Spesso poi non si conosce nemmeno il nome del nemico da combattere. Per questo fra le organizzazioni che hanno dato vita ai due centri gemelli c’è anche Telethon: la ricerca è fondamentale per scoprire nuove cure. Ma non basta solo quella.
La forza del Nemo Sud – un’eccellenza tutta meridionale, visto che tutti i lavoratori del centro vengono dal sud d’Italia – è una «presa in carico globale del paziente», come spiega il professore Vita: «Qui differenti professionisti partecipano alla gestione terapeutica del paziente: più specialisti sono presenti in modo stanziale nella stessa struttura, accanto al paziente».
Aggirandosi per i corridoi della struttura, poi, una cosa salta agli occhi: ci sono tanti giovani – medici, infermieri, fisioterapisti – che sorridono mentre fanno il loro lavoro. «La filosofia del Nemo è di rendere la qualità della vita dei pazienti più alta – dice Letizia Bucalo, fund raiser della Fondazione Aurora che gestisce il centro – E lo facciamo con un sorriso, che è un aiuto grandissimo. Molte di queste patologie non hanno una cura oggi, però possiamo cercare di rendere migliori le giornate dei nostri pazienti».
È un aiuto enorme per i familiari, già costretti a fare i conti con una malattia degenerativa, spesso rara, che può avere un decorso veloce o lungo decenni. «Una delle sensazioni più brutte quando ti arriva una diagnosi di una malattia rara è pensare che sia successo solo a te. Invece entrare in un gruppo che ti supporta ti aiuta a superare meglio tutte le difficoltà».
A parlare è Daniela Lauro. Questa donna, prima di essere presidente dell’Associazione Famiglie Sma, è una madre che si è vista strappare via il figlio dalla malattia. Quando la intervistiamo ci dice una verità disarmante: «Una donna in gravidanza ha il sogno del figlio sano e bello. Immagina di passare una vita insieme a lui, non di dover affrontare un lutto».