Una firma per la legalita’

Oggi, tramite i network, siamo sempre di più chiamati ad esprimere le nostre preferenze, le nostre idee o le nostre scelte. Secondo la nostra sensibilità firmiamo una petizione contro la vivisezione o una contro il disarmo. Difficilmente pensiamo al valore intrinseco della petizione che firmiamo e molte volte ci troviamo a firmare delle petizioni di cui non ne appoggiamo o approviamo per intero il contenuto e lo facciamo solo perché risuona dentro di noi una qualche indefinita corda sentimentale o perché firmare diventa l’attestazione di un certo modo di pensare.

Per questi motivi non dovrebbe meravigliarmi che solo 146 persone hanno firmato la petizione a favore dell’Avv. Fabio Repici per le minacce ricevute da parte del Barcellonese Rosario Pio Cattafi. Ed invece mi meraviglia e mi lasci basito constatare come alle parole di principio, all’invocata legalità con cui tutti si riempiono la bocca se non le tasche, non seguano poi gesti concreti come quello di firmare una petizione. Perché vi sono petizioni che si firmano non a favore di una persona ma per fare valere un principio, per fare vincere un’idea. Se volete possiamo anche dire che si tratta di fare una scelta di civiltà nell’eterna lotta tra il Bene ed il Male e potrei continuare ancora per molto.

Più proficuo mi sembra invece riportare la vicenda, i fatti e le circostanze che hanno dato luogo a questa richiesta di petizione e ringrazio il sito 19 Luglio 1992 che mi ha premesso ancora una volta di fare la mia scelta.

Tratto dal sito 19 Luglio 1992 ( Articolo scritto da Salvatore Borsellino: Vicinanza a Fabio Repici per le minacce ricevute da Rosario Cattafi ).       

“Vogliamo denunciare un episodio di estrema gravità che è accaduto  giovedì 17 ottobre 2013 a Messina durante una delle ultime udienze del processo con rito abbreviato ai vertici della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Si tratta di un procedimento penale che è scaturito dall’indagine ‘Gotha 3’ e che vede Rosario Pio Cattafi, identificato dalla procura distrettuale messinese e dal GIP Massimiliano Micali quale esponente di vertice della famiglia mafiosa di Barcellona, imputato per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e calunnia.

Un fatto che ci riporta indietro di quasi trent’anni, alle gelide frasi pronunciate da alcuni degli imputati durante il maxi-processo di Palermo a Cosa Nostra. All’interno delle dichiarazioni spontanee rilasciate in udienza a Messina, l’imputato Rosario Pio Cattafi ha pronunciato queste affermazioni: “Avrei dovuto prendere a schiaffi l’avvocato Fabio Repici, mi pento di non averlo fatto … auguro con tutto il cuore all’avvocato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri”.

Per capire l’estrema gravità della situazione, è necessario ricordare lo spessore criminale di Rosario Pio Cattafi.

Cattafi, oltre ad essere imputato nel processo ‘Gotha 3’ per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa barcellonese, è pregiudicato per i reati di lesioni (è stato riconosciuto colpevole di aver aggredito brutalmente a Messina nel dicembre 1971 cinque studenti universitari in concorso con Pietro Rampulla che sarà l’artificiere della strage di Capaci), porto e detenzione abusivi di arma (fu condannato per aver detenuto un mitra Sten dal quale venne esplosa una sventagliata all’interno della Casa dello studente di Messina nella notte tra il 27 ed il 28 aprile 1973), di cessione di sostanze stupefacenti e di calunnia.

Cattafi fu testimone di nozze del boss barcellonese Giuseppe Gullotti, il quale, oltre ad essere stato condannato a trent’anni di reclusione come mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano, è stato colui che ha fornito, secondo il pentito Giovanni Brusca, il telecomando della bomba che fece saltare in aria l’autostrada a Capaci il 23 maggio 1992.

Hanno fatto il nome di Cattafi diversi collaboratori di giustizia tra cui Maurizio Avola (killer prediletto di Benedetto ‘Nitto’ Santapaola), Angelo Epaminonda (uno dei primi collaboratori a Milano), Federico Corniglia, Giuseppe Chiofalo (boss messinese, uno dei principali testimoni del maxi-processo “Mare nostrum”), Angelo Siino (“ministro dei lavori pubblici” di Salvatore ‘Totò’ Riina, per il quale si occupava di appalti), Carmelo Bisognano, Umberto Di Fazio, Eugenio Sturiale e Giuseppe Mirabile. Questi collaboratori hanno rilasciato dichiarazioni sui rapporti intercorsi nel tempo tra Cattafi e Nitto Santapaola, Stefano Bontate, Piddu Madonia e Totò Riina. Dagli accertamenti di polizia giudiziaria sono inoltre emersi legami tra Cattafi ed ambienti della destra eversiva e degli apparati di sicurezza.

Il destinatario delle frasi pronunciate da Rosario Pio Cattafi e sopra riportate, invece, è Fabio Repici, avvocato che ha attentamente approfondito e messo in luce le dinamiche della famiglia mafiosa di Barcellona in qualità di legale di Sonia Alfano (figlia del giornalista Beppe Alfano), di Piero Campagna (fratello di Graziella Campagna, giovane vittima di mafia), della famiglia del professore Adolfo Parmaliana (morto suicida il 2 ottobre 2008), della famiglia dell’urologo Attilio Manca (rinvenuto morto il 12 febbraio 2004 in circostanze non ancora chiarite), del colonnello dei carabinieri Michele Riccio e del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. Repici è avvocato di parte civile anche per Salvatore Borsellino (fratello del magistrato Paolo) e dei figli di Bruno Caccia (procuratore della Repubblica di Torino ucciso il 26 giugno 1983).

Riteniamo molto grave che Fabio Repici debba continuare ad ascoltare, dentro e fuori le aule di giustizia, quelle che sono vere e proprie minacce da parte di Cattafi, uno dei principali imputati di un processo ai capi della cosca barcellonese di Cosa Nostra. Cattafi ha già espressamente accusato Repici di essere il promotore di tutte le sue sofferenze e di un ipotetico complotto con finalità politiche ordito ai suoi danni. Ora immaginate se fosse stato Totò Riina, figura di vertice di Cosa Nostra, ad aver rivolto frasi di questo genere in pubblica udienza a Palermo ad un avvocato difensore di tante famiglie vittime di mafia. Lo Stato avrebbe probabilmente convocato all’istante il locale Comitato per l’ordine e la sicurezza ed avrebbe immediatamente messo sotto protezione il destinatario di quelle minacce. Nel caso di Fabio Repici, nulla di tutto questo è accaduto.” ( sito online 19 Luglio 1992).

Alcune volte le petizioni non servono solo a raggiungere lo scopo per le quali sono proposte ma anche ad attestare a te stesso che la scelta che fai apponendo la firma è quella giusta. E’ quella del bene contro il male. Un sorta di memoriale per i momenti in cui la tua coscienza vacilla ed il tuo senso civico potrebbe venire meno.

Pietro Giunta   

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